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Teatri d’Oriente #2 • Teatro e danze classiche dell’India

Il ruolo dei Teatri d’Oriente è fondamentale, a livello di immaginario estetico, per le principali esperienze teatrali occidentali novecentesche, in particolare per aver alimentato l’idea di anti-restituzione della realtà attraverso elementi quali la presenza energica del corpo dell’attore e la conformazione di rituale. Oltre alla conservazione di un sostrato religioso, l’elemento maggiormente caratterizzante dei Teatri d’Asia è la non-distinzione ma fusione di Teatro, Musica e Danza. Scopri tutti gli articoli della rubrica.


Nel contesto delle performance artistiche dell’India si possono annoverare diverse e differenti forme artistiche di ascendenza religiosa, molte delle quali danze solistiche riferibili a sacerdotesse di Shiva. Ferdinando Taviani scrive che «il Teatro e la Danza indiani sono il luogo in cui è ancora possibile vedere l’equivalente fisico di parole come dio, dea, divino».

Vi è inoltre un profondo e primitivo legame tra la cultura indiana e le arti drammatiche intese come connubio indivisibile “musica, danza e parola”: il Nātyaśāstra (sanscrito: नाट्य शास्त्र, Trattato sulle Arti drammatiche), il più importante testo teorico su arti drammatiche e sceniche, rappresentazione teatrale e danza (oltre che uno tra i più antichi trattati riguardanti la teoria teatrale) attribuito al Muni (saggio) Bharata (anche se secondo gli studiosi è stato redatto nell’arco tra il I ed il IV secolo d. C.), costituisce il paradigma basilare e i principi dell’Arte e della Danza classica indiana. Difatti l’importanza fondamentale del trattato non deriva dall’essere uno tra i primi attraverso i quali vengono studiate le arti sceniche ma nel fatto di essere il primo a codificare tali arti e a fissarne la forma.


Nātyaśāstra

Il testo, il quale ha forma di dialogo in quanto il discorso nasce dalle domande riguardanti il nāṭyaveda (sanscrito: नाट्यवेद, ovvero la scienza del dramma e della danza; letteralmente nāṭya = dramma, rappresentazione; veda = conoscenza) rivolte a Bharata da vari altri muni,  tratta molteplici aspetti riguardanti le arti teatrali, il termine natya, parola sanscrita utilizzata per indicare la rappresentazione teatrale e la danza, amplia nel saggio la sua “portata” includendo tutte le attività implicate nel teatro quali prescrizioni di scena, musica, costume, trucco e altre, pertanto il testo codifica svariati principi, tra questi:  riferisce sulla costruzione dei testi e delle scene, analizza e fornisce indicazioni riguardo la musica, studia le varie forme di danza con dettagliata attenzione ai movimenti del corpo e agli effetti che questi movimenti possono generare sullo spettatore.

Per quanto riguarda l’abhinaya, Arte istrionica, vengono codificati quattro tipologie differenti di recitazione:

(1) angika: inerente i movimenti del corpo;

(2) vachika: inerente la parola;

(3) aharya: relativa a trucco e costumi;

(4) sattvika: la categoria più “elevata” perché riguardante l’espressione delle emozioni attraverso i lievi movimenti delle parti del viso come le sopracciglia o le labbra.

Di straordinaria importanza i concetti di rasa e bhava: l’arte in India non ha ambizioni estetiche, non ricerca la bellezza in sé ma ho come scopo la ricerca dell’abilità in grado di innalzare l’essere, la danza trascende la materia, trascende il corpo, evoca sentimenti ed emozioni, l’armonia del movimento o della posa deve permettere allo spettatore di superare la fisicità per comprendere il messaggio che si cela dietro l’immagine. Si instaura una profonda relazione tra danzatore e spettatore, entrambi devono avere determinate abilità e qualità specifiche, è un rapporto bidirezionale, in tale legame è iscritta l’idea di rasa e bhava: il tema da narrare offre ispirazione all’artista che può esprimere un’emozione attraverso il proprio corpo (bhava), l’artista (attore-danzatore) deve far provare allo spettatore il sentimento prescelto, lo spettatore dovrà essere abile da accoglierlo e raggiungere il corrispondente sentimento e la gioia profonda (rasa).


Codificazione gesti mani nel Nātyaśāstra

Secondo i canoni del Nātyaśāstra seguendo una tecnica per la quale «i piedi tengono il ritmo, le mani raccontano la storia, il volto esprime le impressioni e le reazioni della storia raccontata dalle mani» si sviluppa la Bharatanyam (tamil: பரதநாட்டியம்), danza tipica dell’India meridionale, uno degli stili più antichi della danza classica indiana. Caratteristica peculiare dell’arte Bharatanatyam è la concezione del movimento nello spazio lungo linee rette o triangoli; importanza primaria viene riservata a pulizia, precisione e chiarezza di linee e forme. Nel Bharatanatyam prevalgono movimenti angolari e simmetrici, alla ricerca della geometria perfetta.  La musica, a sua volta estremamente importante, è tradizionalmente karnatica, del sud, il testo viene intonato da un cantante che si colloca, assieme ai musicisti, di fianco alla scena.


Danzatrice di Bharatanyam

Un’altra forma di teatro classico indiano è il Kathakali (malayalam: കഥകളി), termine dal significato «rappresentazione di storie»), forma artistica caratteristica della zona di Kerala, zona sud-occidentale nell’India, attestata dal XVII secolo. È eseguita da interpreti esclusivamente maschili accompagnati da due cantanti e musicisti, le narrazioni e i temi derivano da un repertorio eroico e mitico che attinge dai grandi poemi del Mahabharata (sanscrito: महाभारतम्) e del Ramayana (sanscrito: रामायणम्). È una espressione spettacolare interessante e complessa fondata sul lavoro all’unisono di canto, recitazione, mimo e danza pura. I movimenti di mani e piedi così come le espressioni del volto sono codificate, il movimento dei muscoli facciali è l’aspetto fondamentale del Kathakali, assieme alla cura e la disciplina nell’utilizzo di ogni parte del corpo permette di raggiungere una elevata qualità drammatica. I movimenti degli interpreti si sviluppano nelle figure geometriche base del quadrato e del rettangolo all’interno delle quali un danzatore può tracciare, utilizzando le mani, linee diagonali o il contorno di un otto. Al pubblico del Kathakali è consentito assistere al trucco straordinariamente elaborato degli attori e alla loro vestizione con i costumi ricchi e simbolici attraverso i quali gli interpreti, allenati con disciplina fin dall’infanzia, si trasformano in impressionanti figure dalle pose e passi innaturali: interpretano dèi, demoni, spiriti ed eroi che, secondo credenza popolare, giungono sul palco da altre dimensioni nel corso della rappresentazione. Per quanto riguarda i personaggi è possibile parlare di tipi suddivisi in tre categorie definite secondo la caratteristica di personalità dominante:

(1) sattvica: spirituale e virtuosa;

(2) rajasika: violenta, possessiva;

(3) tamasika: oscura.

Ciascun personaggio ha trucco, costume e copricapo conformi alla sua indole.


Costumi tradizionali del Kathakali

Una ulteriore interessante disciplina artistica indiana, secondo testimonianze e fonti storiche la più antica tra le danze classiche dell’India, è la Danza Orissi o Odissi (odia: ଓଡ଼ିଶୀ; Oḍiśī). È una danza caratterizzata dalla energica esuberanza e dalla virtuosistica quanto sensuale eleganza dei gesti e dei passi, la tecnica fondamentale della Odissi è basata sullo studio dell’inclinazione del corpo e sulla divisione del corpo stesso in due metà simmetriche, attraverso un’immaginaria linea di demarcazione che lo percorre verticalmente, e sulla suddivisione ineguale del peso, che attraversa la linea mediana passando continuamente da un piede all’altro. Peculiare della danza Odissi è il movimento del bacino, altre unità di movimento importanti sono la testa, il torso e le ginocchia.


Danzatrici Odissi

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