Attualità

Tanti sacrifici per nulla

 

di Giovanni Cervi Ciboldi

 

Meglio tornare dalle opinioni ai dati, valutando fino a che punto questo governo idolatrato sia stato – e sarà – in grado di raggiungere gli obiettivi imposti dalle congiunture economiche europee e internazionali. Obiettivi per i quali i cittadini hanno accettato “sacrifici” sul piano lavorativo, fiscale, e anche democratico, vista la soppressione di alcuni dei pilastri su cui si reggono sia il patto sociale sia il diritto all’uguaglianza. Sacrifici pesantissimi, nonostante i quali ieri la borsa ha visto bruciare tutti i risparmi accumulati dall’inizio dell’anno e lo spread tornare sempre più vicino ai livelli antecedenti all’insediamento di Monti sullo scranno che per molti anni fu berlusconiano.
Un tracollo, già prevedibile nel periodo prepasquale, che il governo plenipotenziario attribuisce a vari idoli polemici a sé estranei, considerando come esente da difetti una politica di continuo ammorbidimento delle misure prima risolutamente presentate con caratteri di sensazionalità poi annacquate, irrigidendo al contempo il continuo esproprio di denaro e di libertà delle famiglie occultandolo dietro la crisi globale, illudendosi che da soli gli “abusi fiscali” (Tremonti) e gli “strappi allo stato di diritto” (Pizzetti) possano essere in grado di rassicurare gli operatori internazionali e di risollevare le sorti italiane.
Non è così. E attribuire ad altri i propri errori significa mentire. Monti ha puntato il primo dito contro Marcegaglia, rea di aver ripetuto quello che tutti i commentatori economici internazionali, dal WSJ al Financial Times, vanno dicendo: e cioè che la riforma del lavoro, così strutturata, è un passo indietro rispetto alle promesse precedenti, e superflua se non combinata con un abbattimento del debito pubblico e una riduzione del carico fiscale. Rea, insomma, di aver detto la verità.
Il secondo dito Monti lo punta contro la Spagna, dicendo di considerare il tracollo italiano di ieri come un riverbero della crisi del suo debito. Sa bene che non è così: la penisola iberica condivide con noi la crisi del debito, ma le misure apposte da Rajoy per affrontarla sono state ben più incisive rispetto a quelle italiane. Se l’Italia non fosse sulla carta così affine alla Spagna, nemmeno i tassi di interesse sarebbero così simili. L’Italia continua ad aumentare il proprio debito pubblico. Siamo tuttora PIGS, per gli inglesi. Ma l’attuale governo non ha alcun programma per diminuire il debito pubblico, che con i suoi duemila miliardi rimane il terzo più grande al mondo che – se il paese non cresce – è destinato sia ad aumentare, sia a vedere il proprio rating in costante discesa.
A questo punto, diviene totalmente inutile continuare con una strategia di riforme concordate con bastone e carota. Monti è stato chiamato a risolvere i principali problemi della nazione: la crisi del debito e la mancanza di crescita economica. E finora ha fallito. Lo dicono i mercati, che non fanno dichiarazioni, ma parlano con i numeri. E ad oggi dicono che non riusciremo ad azzerare il deficit, che la crescita non ci sarà, che i capitali esteri non verranno.
Occorre un esame di coscienza, chiedendosi se la compressione della libertà dei cittadini a questo punto può davvero essere considerata la via per la stabilità e per una futura espansione. Fino a quando le campagne a base di identificazione di capri espiatori e statistica spettacolo riusciranno a distrarre il cittadino dall’aprire gli occhi e rendersi conto che è destinato ad impoverirsi sempre di più.
Tornare a crescere dopo tutti questi anni è l’ultima possibilità che rimane all’Italia per sopravvivere. E per farlo è inutile replicare i modelli di maggiore tassazione e maggiore spesa che ci hanno portato fin qui.
Uscire dalla crisi senza cambiare modello statale ha costi troppo grandi per i cittadini. E non estirpa le radici che possono farci ricadere nel baratro.
Drogare ancora l’opinione pubblica esortandola a sacrifici e alla cessione di diritti non serve ad ottenere risultati. Serve solo a ritardare la fine.

3 pensieri riguardo “Tanti sacrifici per nulla

  • A mio avviso il problema è che anche ove il Governo fa, poi il Parlamento (questo Parlamento..) disfa, perché ci sono “veti incrociati” per qualsiasi minima cosa. Il risultato sono compromessi… I mercati, per il resto, sono condizionati da una quantità enorme di variabili. Per dire, su questa benedetta riforma del lavoro, da una parte la si critica perché troppo liberista, dall’altra perché troppo poco. E allora… Io, comunque, credo che piccoli passi in avanti nella direzione giusta siano meglio che nessun passo in avanti. Cauto riformismo. 😀

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  • PS: io spero ancora nella “spending review” in dirittura d’arrivo. Stiamo un po’ a vedere!

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  • Giovanni Cervi Ciboldi

    Per la cronaca, in una intervista alla Stampa Giarda ha detto che i tagli saranno pochi e non saranno utili ad abbassare le tasse. Dov’é il coraggio?

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