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Su un filo sospeso sul vuoto dell’esistenza

Dolcezza e brutalità, desiderio e paura, sconfitta ed emozionante opportunità di ricominciare: un mix che produce Il bordo vertiginoso delle cose, l’ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio. Nella serata di lunedì 25 novembre presso l’aula magna del Collegio Ghislieri, l’autore ha presentato il libro, edito da Rizzoli. In un’amichevole e informale intervista del magistrato pavese Luigi Riganti, lo scrittore parla di sé, svela retroscena del libro, conquista con una sorridente ironia.

 

Luigi Riganti: Prima di tutto, il titolo: quando è stato pensato?
Gianrico Carofiglio: Il titolo è un verso  di una poesia di Robert Browning, è un titolo importante. L’ho scritto a due terzi del romanzo: avevo letto questa poesia e sapevo di doverlo inserire a tutti i costi ma non sapevo dove, come. Finché non mi sono reso conto che doveva essere il titolo. Rende perfettamente l’idea di camminare su abissi precipitosi, su un filo sospeso sopra il vuoto banale dell’esistenza.

 

Sin dalla prima pagina si può notare un elemento che attira l’attenzione: l’uso della seconda persona.
Sì, si tratta di un dialogo. Non del narratore con il pubblico, ma con se stesso. Capita spesso, nel soliloquio interiore, di rimproverarci, come se la nostra coscienza fosse in disaccordo. Nonostante lo scetticismo iniziale dell’editor, ho creduto sin da subito nelle potenzialità della seconda persona: il tu ha una micidiale capacità di scindere il narratore, consente una penetrazione nell’intimo impossibile con l’utilizzo dell’io. E poi è una forma naturale, quando rileggo brani del romanzo non le riconosco più: si genera un senso di estraneità positiva, come se gli spunti narrativi fossero sgorgati naturalmente grazie a questa scelta stilistica.

La trama del romanzo si articola intorno al protagonista Enrico Vallesi che, in un momento di profonda crisi professionale e psicologica, decide di tornare nella sua città natale, senza un apparente scopo. Ma riscoprendo il passato si scopre capace di ricominciare da capo e riprendere slancio. Dunque affrontare il passato è lo strumento, ma il mezzo con cui riparte è la capacità di capire che non si può governare tutto e essere consapevole della potenza della sorte.
Sinceramente, quando mi propongono delle chiavi di lettura, resto sempre sulla difensiva. Il mio consiglio è: diffidate di chi vuol fornire la spiegazione di un libro. Non si può: la lettura è la prosecuzione dell’atto creativo della scrittura, è parte di esso. La descrizione dettagliata preclude la possibilità di immaginare. Al contrario l’accenno a piccoli dettagli, come suoni o odori, mette in moto una sorta di “ricerca della luce nell’oscurità”, una ricerca del senso delle cose.

È innegabile però il ruolo della sorte nella vita del personaggio, anzi dei personaggi che si ritrovano anche in altri tuoi libri.
Certo: la vita è determinata dal rapporto mutevole tra caso e scelta, capacità di decidere e ineluttabilità, come si legge anche in Il passato è una terra straniera (Rizzoli, 2004, ndr). Il libro è un tentativo di riflettere sul peso che il caso ha nelle vicende. Ma è anche bene non dimenticarsi che la capacità di guardarsi intorno e decidere è un antidoto potente.

Un altro elemento che connota la tua scrittura è la presenza degli odori.
Perché?

Gli odori mi affascinano perché sono misteriosi: non si può descriverli così come sono, si possono solo fare perifrasi o analogie con altre cose. Di un tavolo si può dire che è marrone, duro, liscio. Ma di un odore? Esiste l’odore di pesce, l’odore di muffa, ma non ha una descrizione in sé. Perciò mi piace descrivere un personaggio o un luogo per l’odore. Con i profumi vai dappertutto senza sapere dove.

Infine, la testata.
Il bordo vertiginoso delle cose è anche una storia di violenza: il protagonista da giovane deve imparare a fare a botte se vuole sopravvivere nel quartiere in cui abita, e nel romanzo ho inserito una descrizione dettagliata, quasi un “manuale del fare a botte”. La testata è simbolo delle brutalità, a cui si oppone invece la passione per le idee che gli comunica Celeste, la supplente di filosofia di cui si innamora.

Ultima domanda: la scenografia è di nuovo Bari. Come la descriveresti in breve?
È una città di confine. Sospesa tra il “non più” e il “non ancora”.

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