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Storia di Burak Karan, ex-calciatore tedesco morto jihadista

C’è una foto che vale più di mille parole: è datata al 2003 e ritrae la Nazionale della Germania under-17. C’è chi ha fatto carriera come Sami Khedira oppure Kevin-Prince Boateng. Ci sono giocatori che militano attualmente in Germania: in Bundesliga come i difensori Dennis Aogo (Schalke 04) e Fabian Johnson (Borussia Mönchengladbach), il centrocampista Alexander Baumjohann (Hertha Berlino) e il portiere Max Grün (Wolfsburg); oppure che giocano in Zweite Bundesliga come il centrocampista Marc-André Kruska (FSF Francoforte). Poi c’è chi sta facendo le sue fortune all’estero come l’attaccante Chinedu Ede (Twente) oppure come il difensore Andreas Görlitz (San Jose Earthquakes). Infine c’è Burak Karan che, in realtà, dall’ottobre 2013 non c’è più: è morto all’età di ventisei anni al confine tra Siria e Turchia, precisamente ad Azaz nella regione di Aleppo, durante uno scontro con le forze di Assad.

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La storia di Buran Karan, raccontata dal quotidiano tedesco Bild, ricorda da vicino quella di molti giovani europei che hanno lasciato i loro Paesi per arruolarsi nello Stato Islamico. Classe 1987, Burak era nato a Wuppertal, una città extra-circondariale della Renania settentrionale-Vestfalia, un land che ospita realtà importanti del calcio tedesco: Borussia Dortmund, Bayer Leverkusen e Schalke 04. Conclusa la trafila nelle giovanili, iniziata nel 2003 proprio col Bayer, in vista della stagione 2006/2007 Karan firma il suo primo contratto da professionista con l’Hannover 96 II, pochi mesi dopo la fine del Mondiale tedesco. Ma il talento del centrocampista difensivo anziché sbocciare fa un inaspettato passo indietro. Al 2008 risale la sua ultima comparsa nel calcio giocato, tra le fila dell’Alemannia Aachen II. Di Burak, munito di passaporto tedesco, ma di origini turche e religione musulmana, non se ne saprà nulla per un po’. Nel 2010 la Corte statale e distrettuale di Düsseldorf ordina di monitorare le sue linee telefoniche. Dimenticato il sogno di affermarsi nel mondo occidentale del calcio, le attenzioni del ragazzo di Wuppertal sono rivolte a quanto sta accadendo in Medio Oriente. Lasciata la Germania, si sposta in Turchia, a due passi dalla Siria. Secondo il fratello Mustafa, interpellato da Bild, Burak è partito per correre in aiuto dei profughi siriani, per portare loro medicine e aiuti. Ma c’è una foto a fugare ogni dubbio: è quella dell’ex-centrocampista difensivo della Germania under-17 che guarda fisso in camera, porta la barba lunga, mostra il suo kalashnikov. Come siano andate le cose spetta alla Procura federale di Wuppertal scoprirlo. A noi basta confrontare le due foto di Karan, che raccontano una delle tante storie di giovani europei di seconda generazione, e non solo, che hanno scelto di arruolarsi nello Stato Islamico, sposandone la causa in primo luogo. Ma soprattutto denunciando la loro integrazione mancata nel Paese di nascita, aspetto comunque da considerare se si vuole minimamente provare a capire che cosa sia scattato nella mente di un ragazzo come Burak: un’ex-calciatore di ventisei anni che ha abbandonato le lusinghe del calcio occidentale, preferendo combattere tra la polvere sollevata dalle granate in luoghi martoriati e forse remoti, riscoperti drammaticamente vicini dopo la carneficina provocata dalla furia jihadista a Parigi lo scorso 13 novembre.

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