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SOTEU 2018. Cos’ha detto Junker?

Per l’Unione Europea questa è la settimana più importante dell’anno, culminata ieri con lo State of the Union (SOTEU). Il SOTEU è l’annuale report che il Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, presenta al Parlamento Europeo. A Strasburgo si è parlato di tante cose, di Grecia, disoccupazione, trattati commerciali, immigrazione.

Ma andiamo per ordine.

La Commissione Europea è il principale organo legislativo dell’Unione. Rimane in carica per 5 anni, l’ultimo ricambio è stato 4 anni fa. Questo quindi è il penultimo SOTEU prima delle elezioni europee e l’ultimo grosso discorso di Juncker. Il presidente ha iniziato proprio da qui, affermando che il percorso di ogni Commissione è solo un piccolo pezzetto nella lunga strada che percorre l’Unione, fatta di pace tra le nazioni. Ha sferrato così una prima stoccata ai movimenti nazionalisti ormai presenti in tutta Europa. Non ha voluto fare un report degli ultimi quattro anni della Commissione, preferendo mettere il punto su quello che è successo nel 2017, riassumibile in: economia, Grecia, Brexit, immigrazione e nazionalismi.

L’Unione Europea sta migliorando dal punto di vista economico, aumentando i posti di lavoro rispetto al 2014 e diminuendo la disoccupazione giovanile, passata al 14.8% e mai così bassa dal 2000. Junker ha introdotto anche l’argomento dei trattati commerciali conclusi con le altre potenze mondiali (ricordate il CETA e il TTIP di cui si parlava molto l’anno scorso? Ecco quelli), bacchettando anche chi si è opposto, dicendo che l’Europa si deve presentare compatta e singola.

Ha poi parlato di Grecia, che è uscita dal programma di aiuti, congratulandosi “con il popolo Greco per i loro sforzi erculei. Sforzi che gli altri Europei continuano a sottovalutare” e sottolineando come il risultato sia merito anche dell’Unione, cosa di cui si dichiara fiero.

Proprio sul concetto di unione e accoglienza si concentra per la maggior parte del tempo Juncker. E chi invece dal Marzo del 2019 non farà ufficialmente più parte dell’Unione? La Gran Bretagna. Si parla di Brexit, quindi. Jean Claude Juncker e la Commissione nel corso del 2017/2018 si sono più volte incontrati e scontrati con il Primo Ministro May, trattando di hard e soft Brexit. Il Presidente ricorda però la posizione dell’EU, vale a dire il rispetto della decisione UK, la quale però non si può aspettare lo stesso trattamento che ricevono gli altri stati dell’Unione.

Passando all’accoglienza, dicevamo prima che quella di apertura è stata solo la prima stoccata alle estreme destre (l’ultima è arrivata nel pomeriggio, con il voto favorevole alla cosiddetta “opzione nucleare” nei confronti dell’Ungheria di Orban ) .

L’altro tema caldo è infatti l’immigrazione. Juncker punta il dito soprattutto su Italia, Austria e Ungheria, ricordando che l’Europa deve rimanere un continente aperto e tollerante e non una fortezza che volta le spalle alla parte del mondo più sofferente. Le frontiere però non sono ancora del tutto aperte, neppure tra le nazioni europee.  Nel 2015, a seguito degli attacchi a Parigi, il trattato di Schengen (che assicura la libera circolazione sul suolo europeo), è stato sospeso dalla Francia. Cosa che ha poi inaugurato minacce di sospensione anche da parte di altri paesi europei. A proposito il Presidente rincara la dose, annunciando ulteriori sforzi da parte della Commissione per ristabilire il trattato in tutta Europa. “Il Patriottismo è una virtù, il nazionalismo senza fondamento nasconde veleni e falsità”, dice a riguardo delle nuove formazioni di estrema destra.

Juncker chiude il discorso dichiarando che l’Europa è il più grande “love affair” della sua vita ma, soprattutto, parlando del rispetto dei valori fondanti dell’Unione e delle sanzioni a chi non li rispetta. Il pensiero va subito alle due grosse votazioni del pomeriggio, sul copyright e sull’Ungheria.
Alle 13 ieri c’è stata, appunto, la votazione del parlamento per l’applicazione dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona dei confronti dell’Ungheria, che sappiamo essersi conclusa con la maggioranza dei “sì”, mettendo quindi sotto accusa il Paese del Presidente Orban.
Approvata pure la nuova e discussa direttiva sul copyright, che nelle intenzioni dell’Unione Europea dovrebbe salvaguardare gli autori nei confronti di colossi come Google e Facebook ma che, nei fatti, potrebbe limitare la libera circolazione dei contenuti.

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