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#ShortForm – 5 • Uno sguardo dal passato. “Doctor Who”, la Serie Classica

#ShortForm • La rubrica, curata da Nicolò Villani, sulla serialità televisiva. 5ª puntata. “Doctor Who”. Clicca qui per scoprire tutti gli articoli.


In vista dell’imminente uscita della nuova e rivoluzionaria stagione di Doctor Who, si inaugura con questo articolo una coppia di puntate di #ShortForm che ci permetterà, attraverso l’analisi e la lettura “clinica” dell’evoluzione della storica serie TV britannica, di estrapolare con sempre maggior precisione le caratteristiche di quel formato a episodi che abbiamo provato a chiamare qui “archeologia narrativa”.

Esattamente come il Dottore più famoso d’Inghilterra, ci muoveremo avanti e indietro nel tempo, andando a vedere come il formato della serie abbia inciso fortemente sulla creazione di un vastissimo (potremmo dire sconfinato) universo narrativo, riuscendo nella difficile impresa di diventare un prodotto potenzialmente eterno, capace di sopravvivere ad alterne fortune, persino alla sua cancellazione.

Nato nel novembre del 1963 come show per famiglie della BBC, Doctor Who è attualmente la fiction televisiva in corso più longeva della storia; come può essere riuscito un anziano e strambo alieno che viaggia in una cabina della polizia senza mai rivelare il proprio nome a diventare sostanzialmente un’icona intramontabile della cultura popolare? La risposta, ancora una volta, sta nella scelta di portare avanti un complesso ed articolato formato a episodi. Fin dalla Serie Classica (BBC, 1963-‘89), infatti, il programma ha mosso il proprio andamento narrativo attraverso quattro livelli concentrici di racconto.

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Il primo livello, in cui troviamo un’estremizzazione di verticalità narrativa, è quello del singolo episodio: in Doctor Who il singolo episodio conta moltissimo anche quando è parte di un mini-serial, con un proprio inizio, un’articolazione in tre atti pressoché teatrale e una sua conclusione – quasi sempre corredata da un cliffhanger. In ogni episodio i singoli personaggi trovano spazio, risolvono un problema e incontrano ostacoli che dal punto di vista valoriale e modale si discostano da quelli degli episodi vicini. Come si è visto per Midnight, Texas, questo andamento favorisce la creazione di spazi narrativi, elemento essenziale per una serie di fantascienza che richiede periodicamente di presentare luoghi completamente diversi dall’esperire ordinario degli spettatori.

Il secondo livello procede in direzione leggermente più orizzontale, andando a connettere gruppi di episodi in mini-serial dalle trame piuttosto autoconclusive; nelle primissime stagioni, gli episodi che componevano i serial avevano titolo proprio, ma successivamente questo andamento più orizzontale ha preso piede rendendo ogni parte (per quanto sempre molto autonomamente strutturata) un capitolo della trama più vasta. Nella Serie Classica, è nel vuoto tra un serial e l’altro che si costruiscono quegli iati del racconto così fruttuosi per le produzioni e le speculazioni del fandom. Ogni volta che le porte del TARDIS si richiudono, tra quel momento e l’apertura successiva, il Dottore può essere andato ovunque e in qualunque momento…

A raccogliere le trame dei serial ci pensano le stagioni. Al contrario della serie “nuova” (BBC, 2005-in corso), nella Serie Classica le stagioni sono meno marcate e si occupano più che altro di connettere elementi comuni ad ogni serial che contengono, come i companion, i nemici, gli abiti del Dottore o l’incarnazione stessa del Signore del Tempo. Nella versione moderna della serie, invece, ogni stagione ha ragioni molto più forti nella sua suddivisione, anche se, come vedremo nel prossimo articolo, soprattutto nella gestione Moffat certi elementi della scansione classica hanno recuperato importanza.

Ma la vera forza determinante l’andamento potenzialmente eterno del Dottore è il quarto livello di racconto: quando le condizioni di salute di William Hartnell, il Primo Dottore, peggiorarono notevolmente, al momento di dover decidere se cancellare la serie o portarla avanti senza di lui, gli autori scelsero di dotare il Signore del Tempo di un particolare potere, la “rigenerazione”. In condizioni particolari, infatti, il Dottore può rigenerare totalmente sé stesso cambiando volto e carattere. Questo comporta un ulteriore livello di suddivisione dell’orizzontalità della serie, rendendo ogni incarnazione del Dottore un contenitore delle stagioni che lo vedono protagonista e dotando la serie di un cruciale potere di auto-rinnovamento. Nei suoi 26 anni di durata, la Serie Classica ha visto alternarsi sette diversi Dottori, tanto da permettere ad ogni generazione di eleggere il “proprio” Dottore; non è forse così che nascono le icone popolari?

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A tutto questo si può però opporre il fatto che nel 1989 la serie ha visto un brusco, e per molto tempo irreversibile, arresto. La verità è che non è andata proprio così… nei sedici anni che separano la fine della Serie Classica e l’inizio di quella moderna, l’universo del Dottore è rimasto più vivo che mai: libri, fumetti, storie radiofoniche, addirittura un film, il tutto sia ufficiale che “apocrifo”, a dimostrazione dell’importanza e dell’efficacia del formato archeologico, sempre in grado di generare nuovo materiale narrativo e di lasciare la porta aperta all’espansione del proprio universo.

Come vedremo anche nell’articolo successivo, in Doctor Who, un ulteriore elemento di forza narrativa è la presenza di tantissime incongruenze e di problemi irrisolti, a partire dal più evidente: il nome del protagonista, da sempre un mistero trainante di tutta la serie. Come si fa a smettere di seguire una serie che da un momento all’altro può regalare risposte a domande che ci si è persino dimenticati di esserci posti?

Tra un mese, in concomitanza con l’arrivo della nuova stagione, vedremo quindi come l’impronta narrativa della Serie Classica abbia influenzato la realizzazione del suo seguito moderno e come il doversi adattare ai tempi abbia portato gli autori a scelte stilistiche peculiari.


 

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