BirdmenTeatro

“Selvira”: l’Elvira di Toni Servillo

In questo spettacolo c’è Toni Servillo.

QUEL Toni Servillo.

In questo spettacolo c’è Toni Servillo.

Proprio lui.

Questo spettacolo l’ha diretto Toni Servillo. Nello spettacolo, lui c’è.[1]

Toni Servillo.

Le premesse all’articolo potranno parere ridondanti (dove non apertamente deliranti), ma non si discostano molto da quelle dello spettacolo stesso.

Allestita al Piccolo Teatro di Milano in occasione del settantesimo compleanno della vetusta ma ancora arzilla istituzione teatrale, nel grande attore napoletano[2] Elvira trova un propugnatore, un regista, un protagonista[3]. L’intera produzione respira della sua bravura, del suo carisma, della sua espansività. Solo per un attore e una personalità del suo calibro ci saremmo sottoposti all’ordalia dello spegnimento dei cellulari, propugnata con ripetitività dogmatica maschera dopo maschera, annuncio dopo annuncio, fino all’apertura del sipario. Solo per Servillo avremmo accettato di entrare in sala minacciati dalla spada di Damocle di un repentino riavvolgimento dell’opera tutta, di un suo ritorno alle prime battute, in caso a violare la sacralità del teatro fosse intervenuto un qualunque suono di natura elettronica. Solo un istrione del suo spessore avrebbe messo personalmente da parte tale sacralità a spettacolo concluso, sottoponendo sé stesso e i suoi adepti a un liberissimo question time, a uno scambio di domande e opinioni illuminato dalla sua simpatia partenopea.[4]

Eppure, qualcosa non è andato.

Servillo/Jouvet guida il suo sparuto cast lungo le vie tortuose e insidiosamente contraddittorie dell’arte teatrale con ineccepibile maestria, ma perde il pubblico per strada. La ricerca scenica di un sublime scenico potrà certamente costituire una manna per il cultore viscerale del teatro, ma la totale piattezza narrativa e la mancanza di vette emotive fanno sentire il loro peso. Personalmente, e pur complice la parziale inefficacia della caffeina, posso dire di non essere riuscito a trattenere qualche sbadiglio (rigorosamente silenzioso, salvo irritare l’attore di punta e costringerlo ad azioni… drastiche).

La presenza di Servillo, del nostro amato Servillo, è eccessiva, monopolizzante. Gli altri tre interpreti, Elvira/Claudia[5] e i due giovanotti che le fanno da spalle, avrebbero potuto comodamente restare dietro il sipario, a osservare un monologo che non avrebbe perso nulla della sua efficacia teorica. E, in ambito teatrale, questo è male.

La bistrattata dolce metà del molieriano Don Giovanni, improvvisatasi (con sovrumani e ponderati sforzi teatrali, abbiamo appurato) donna angelicata, implora la redenzione di un amato che ha l’inferno come unica e imprescindibile destinazione.

Lui non l’ascolta, non conferisce il giusto peso alle sue parole.

E probabilmente non lo facciamo neppure noi.

 


 

[1] Di questo spettacolo, potrei aggiungere, non si trova in rete un’immagine decente che ecceda i 500 pixel; da cui l’umiltà del banner d’apertura. Toni Servillo.

[2] Nel caso non l’avessi ancora sottolineato abbastanza, si sta parlando di Toni Servillo.

[3] Per incompreso e difficilmente espresso amor di chiarezza: Elvira è la messa in scena di una serie di lezioni impartite nel 1940 da Louis Jouvet (grande ed eclettico signore dei palcoscenici e degli schermi francesi di allora) a una studentessa di teatro parigina. Il personaggio che dà il titolo al tutto, soggetto/oggetto prediletto delle lezioni, proviene dal Don Giovanni di Mòliere.

[4] Repentinamente troncata, nel mio personale e sventurato caso, dall’incombenza di uno degli ultimi treni per Pavia. Chiedo venia, Toni.

[5] In questo caso, piuttosto che all’accostamento attore-personaggio, ci troviamo davanti al personaggio originale e al personaggio che lo recita. Nell’allestimento del Piccolo Teatro entrambi i ruoli sono interpretati da Petra Valentini con un’abilità che, disgraziatamente, è oscurata e soffocata da quella dello stesso Servillo. Relegati in angoli ancora più remoti gli altri due attori, Francesco Marino e Davide Cirri, i quali non hanno potuto far altro che dividersi una sparuta manciata di battute.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *