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Se Milano balla

di Francesca Perucco

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Se è un piccolo uomo, con mani tremanti e colletto bianco a invitare al voto: “Andate a convertire gli assenteisti, i menefreghisti”, se la riflessione si sposta dal pulpito di una chiesa di periferia al palco di una manifestazione capace di occupare gli spazi di una città stanca, ubriaca di happy hours ed exposizioni, se è Don Gallo a gridare la laicità, se suonano gli Afterhours, perché è quello che viene dopo che stiamo aspettando, se “i Ministri” cantano, se Pisapia mette i dischi, allora è possibile, Milano è una città che può cambiare.
Questa volta si libera il diritto dei giovani a votare, una campagna che investe sulla voce di un nuovo elettorato capace di consapevolezza. Una scommessa ardita quella di scostarsi dai classici comizi di piazza e aggiungervi musica e parole di testimoni lontani dai teatrini dei partiti, perché la politica torni affare comune quando a parlarne sono artisti come Pierpaolo Capovilla e Roberto Vecchioni.
La sfida è liberarci dallo sconforto dell’immobilità e dalla fede ferma che le cose non possano cambiare, che l’amarezza sia troppa per passare. Il voto di tutti, uguale per tutti, è il prezzo e il merito della democrazia. L’alternativa che vuole curare l’apatia politica dei giovani oggi esiste. Pisapia ci sta provando, il concerto che martedì scorso ha riempito piazza Duca d’Aosta e poi oltre fino al Pirellone “Milano, libera tutti” è stato l’assaggio di una nuova prospettiva per Milano. Un concerto gratuito in una città che costa cara. Una serata di musica e d’impegno, con l’invito dal palco a lasciare la piazza migliore di come l’abbiamo trovata. Forse domani Milano decide le sorti di un paese nuovo.

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