Attualità

Se Maometto non va alla montagna…

di Simone Lo Giudice

 

Via il sipario ottocentesco dal palcoscenico italiano! Archiviata la stagione della Commedia dell’Arte (prima) per dare spazio all’eccezionalità del grande attore (poi), l’Italia teatrale deve attendere la febbre del movimento sessantottesco per afferrare tra le mani il termometro. Ecco l’unica cura in grado di portare al rinnovamento reale: “il paziente dovrà uscire dalle Istituzioni, per riscoprire il teatro nella vita sociale italiana”. Un’inversione di tendenza tanto brusca quanto influenzata dalle sirene estere, approdate all’improvviso sulle nostre coste. Il Living Theatre fece da portabandiera: dopo un quindicennio di attività esclusivamente americana, nel 1961 Julian Beck e Judith Malina sbarcarono in Italia per portarvi la propria carica eversiva a base di anticonvenzionalismo e innovazione. Il teatro svestì i panni tradizionali per approdare nelle scuole e nelle strade, mentre gli spettatori cominciarono a indossare quelli degli attori.
Il pubblico italiano riprese tra le mani la sua enciclopedia culturale per ristudiarne alcune voci, riscoprendo un valore come l’interazione creativa tra attore e pubblico quale fondamento del nuovo teatro. In primis il Living, in secundis l’Odin Teatret. La creatura del pugliese Eugenio Barba sbarcò sullo Stivale a carte sessantottesche scoperte per raffinare la sua ricerca antropologica: il teatro si affermò come una forma di baratto culturale tra compagnia attoriale e comunità autoctona, sullo sfondo dell’Italia meridionale complessivamente pugliese e particolarmente salentina. Ma Barba fu anche il punto di arrivo della ricerca laboratoriale novecentesca, cominciata con Konstantin Stanislavskij prima e approfondita da Jerzy Grotowski poi: proprio quest’ultimo fondò nel 1986 a Pontedera il suo Workcenter, ultima tappa dello studio registico sull’allenamento attoriale. L’approdo del teorico del “teatro povero” sul suolo italiano fu l’ultimo apporto estero alla causa italiana in materia teatrale. La prova che la venuta della montagna straniera alla fine rese il Maometto italiano un teatrante migliore.

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