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Scusa ma tu hai capito cos’è l’ISIS?

Fino a poco tempo fa Isis era principalmente il nome inglese di una dea dell’Antico Egitto, Iside, moglie di Osiride e madre di Horus. Secondo la mitologia egizia, grazie al suo ruolo di madre avrebbe contribuito alla civilizzazione del mondo, istituito il matrimonio e insegnato alle donne le arti domestiche. Oggi invece il nome ricorre in molteplici forme, traslitterazioni e accezioni, semina il panico ed è all’origine dell’ondata di terrorismo attuale.

ISIS è infatti il nome con il quale ci si riferisce a quell’entità simil-statale che ha preso il controllo dell’area geografica tra l’Iraq e la Siria. ISIS è una sigla ripresa dalla lingua inglese Islamic State of Iraq and Syria, ma la stampa inglese vi si riferisce in altro modo, usa infatti ISIL Islamic State of Iraq and the Levant, dell’Iraq e del Levante. Queste sono in realtà traduzioni più o meno corrette della sigla araba DAESH che si traslittera Daula al-Islamiyya fi Iraq ua-al-Sham, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Sham, altro nome dato alla regione di Damasco. A prima vista sembrano indicare la stessa cosa, ma se si guarda con la lente delle sottigliezze politiche ci si rende conto che benché l’area geografica sia la stessa, il modo di identificarla fa riferimento in un caso alle entità statali introdotte dal colonialismo, Siria e Iraq, mentre nell’altro caso si fa un passo indietro verso la geografia pre-coloniale caratterizzata da una geometria variabile e dai confini poco definiti.

Il confine assume infatti un simbolismo tutto particolare già dagli albori del cosìdetto Stato Islamico. Il 29 giungo 2014 (peraltro primo giorno del mese di Ramadan di quell’anno) fu il giorno nel quale Abu Bakr al-Baghdadi decise di cambiare l’autorità che aveva sui territori conquistati prendendo il titolo di Califfo, annunciando dunque la creazione della nuova realtà statuale. La sua prima iniziativa fu quella di mandare le ruspe a riempire il terrapieno che segnava il confine tra Iraq e Siria, sancendo di fatto la fine degli Accordi di Sykes-Picot del 1916 (accordi che erano stati stretti tra Francia e Gran Bretagna per determinare le rispettive zone di influenza nella regione mediorientale). Particolarmente simbolica diventa perciò l’immagine della bandiera nera che sventola sulle torrette di controllo ormai prive di funzioni.

Con l’auto-proclamazione di autorità, al-Baghdadi dichiara di aver creato un nuovo Stato, ma in realtà sono tre gli elementi che definiscono uno Stato vero e proprio: un territorio, un governo e un popolo. Su questi tre criteri la discussione è alquanto controversa. Il territorio dello Stato Islamico (cosiddetto) non è, fino ad adesso, definito da confini netti, anzi le città lungo i presunti confini sono teatro di guerra e cadono un po’ sotto l’autorità di una fazione, per poi essere riconquistate e di nuovo perse. Le uniche certezze che si possono avere riguardano le città che sono state nominate come capitali: Raqqa in Siria e Mosul in Iraq. Tuttavia l’area geografica tra le due non è uniformemente posta sotto il dominio del Califfo, anzi lo Stato Islamico (cosiddetto) non ne controlla che una parte minore. Nella stessa regione esercitano una qualche sorta di potere politico anche il governo curdo (in particolare nel nord est dell’Iraq lungo il confine con la Turchia e l’Iran), il Consiglio Supremo Curdo (organo politico) e l’Unità di Protezione Popolare (YPG milizia curda), il governo iracheno (ma non si capisce molto bene quanto potere effettivamente detenga), la Coalizione Nazionale Siriana delle forze di opposizione e della rivoluzione (principale organo di opposizione al governo di Assad), l’Esercito Siriano Libero e l’esercito e le milizie siriane più o meno controllati dal governo di Assad. Ovviamente questi sono solo alcuni dei gruppi ufficiali, vi si possono aggiungere altri come Al-Nusra e il Fronte Islamico, che si descrivono come gruppi salafiti e che intervengono politicamente e militarmente nel conflitto; ma agiscono sullo stesso territorio anche una costellazione di milizie e altri gruppi politici più o meno formali.

La questione territoriale si complica ulteriormente. Lo stesso 29 giugno 2014, il Califfo ha dato la possibilità ad altri combattenti musulmani di affiliare all’ISIS il proprio movimento jihadista o ribelle. Di fatto dunque ha concesso ad altre porzioni di Stati sono sottoposte al controllo di un movimento parastalate l’opportunità di entrare sotto la sua autorità pur non avendo continuità territoriale con il Califfato stesso. Coloro che hanno aderito al richiamo si trovano principalmente nelle zone dell’Africa settentrionale e nella Penisola arabica. Le zone distanti ma fedeli sono dei uilayat, delle province. Il Califfato si è ramificato in Libia, nelle città di Derna e Sirte, in Algeria e nella Penisola del Sinai. Dall’inizio di quest’anno si è aggiunto anche Boko Haram che controlla una parte del nord est della Nigeria. Anche in Yemen c’è una presenza filo-ISIS, ma la situazione non è molto chiara dato che il paese si è recentemente fratturato lungo le linee di una guerra combattuta per procura, ma questa è tutta un’altra storia. Al-Baghdadi ha dunque creato una sorta di Califfato ‘a macchie’ che non ripone la sua legittimità nel carattere identitario di tipo nazionalistico, etnico o linguistico ma, almeno per ora, solo nell’interpretazione radicale della religione musulmana.

Questa grande diversità di fronti implica anche una grande frammentazione nell’autorità politica che ricade in capo alle popolazioni civili (nel senso di non partecipanti al conflitto armato) che vivono sul suolo siriano e iracheno. Dunque non si può dire con sicurezza che lo Stato Islamico (cosiddetto) abbia un popolo unico ed identificabile sul quale esercitare la sua autorità governativa.

In trasparenza si vede anche emergere il problema e la criticità del terzo criterio, ovvero la capacità di governare. Questa si dovrebbe risolvere nella creazione di regole comuni per tutti, nella costruzione delle istituzioni necessarie all’applicazione delle stesse nonché al procedere attivamente alla punizione dei rei. Resta dunque da capire se l’azione dello Stato Islamico (cosiddetto) nell’imporre il rispetto delle sue leggi in maniera autoritaria, per non dire totalitaria, possa essere considerata alla stregua di un’azione di governo.

Per i pochi arditi che si lanciano in disquisizioni di questo tipo, il problema non si ferma qui. Uno Stato per essere considerato tale deve ottenere dagli altri la sua sovranità esterna, banalmente deve essere riconosciuto in quanto Stato dagli altri Stati. Nessuno ovviamente si è ancora sbilanciato in un riconoscimento formale di questo tipo, ma la questione si pone lo stesso. Quando François Hollande ha dichiarato davanti alla sua Assemblea Nazionale a Camere riunite dopo gli attentati di Parigi, di essere in guerra con lo Stato Islamico, non ha per caso implicitamente concesso il riconoscimento formale all’ISIS? La questione è tuttora aperta. Si può dunque condurre una guerra legittima contro uno Stato che non è uno Stato?

In ogni caso si sta formando un fronte comune per affrontare il problema. Intorno alle volontà interventiste di Putin e di Hollande si stanno riunendo degli altri alleati più moderati, se volete titubanti, come Stati Uniti e Gran Bretagna. A fare compagnia a questi attori in gioco ci sono anche la Turchia e l’Arabia Saudita, e inaspettatamente lo stesso Bashar al- Assad che sembrerebbe aver recuperato il proprio potere negoziale dal momento che sarebbe l’unico con cui poter discutere oltre a essere l’unico per ora capace di muovere un esercito in loco. Vista la rapidità dei recenti avvenimenti tutto quanto si possa dire rimane al livello dell’ipotesi.

Tornando dunque alla domanda iniziale, è molto difficile dare una definizione esatta di cos’è l’ISIS. Si può sapere chi ne è a capo e dunque chi la rappresenta, dove si trova (con tutte le incertezze del caso), che cosa vuole, che cosa dice (per la massiccia propaganda mediatica che promuove autonomamente ma anche per i numerosi servizi di informazione che ne documentano le attività da diverso tempo) ma non si può dire con certezza che cosa sia.

Ma quindi hai capito cos’è l’ISIS? Non tanto. Meglio così: questa rubrica è qui apposta.

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