AttualitàCulturaPavia

Cristoforetti una di noi!

Sabato 5 marzo 2016, ore 10.30, pioggia torrenziale e tuoni dal sapore estivo si abbattevano sulla città, ma all’Università tutto era pronto per dare il benvenuto alla donna dei record, a colei che ci ha reso le stelle un po’ più vicine: ciao Samantha!
Umiltà e coraggio, è con questi aggettivi che i partecipanti alla conferenza “200 giorni nello spazio con la missione futura dell’ASI”, organizzata dall’Università di Pavia, conoscono oggi Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio.

“Come abitante temporanea di un avamposto umano nello spazio, condividerò la prospettiva orbitale e condurrò virtualmente nello spazio tutti quelli che vorranno prendere parte a questo viaggio”

La mattinata si apre con la presentazione di uno dei 5 progetti che porta avanti l’Università: il CTH “Center for Health Technologies”, si occupa di tecnologie per la salute, con un approccio interdisciplinare, legando settori diversi ma ugualmente importanti in questo ambito, quali l’ingegneria, la medicina, la farmacia e via dicendo, tenendo presenti anche le implicazioni etiche delle nuove scoperte. Pavia è un centro d’eccellenza delle tecnologie per la salute, è unica a livello lombardo e peculiare in Italia perché copre tutto lo spettro accademico necessario per queste scienze, fa ricerca e per questo è direzionata verso il futuro: riprendendo la citazione della Cristoforetti, anche l’università, come un’astronauta nello spazio, è un avamposto umano nel tempo.

Interviene poi Gabriele Mescetti, project manager di alcuni degli esperimenti che Samantha effettuò in orbita, finanziati dall’ASI, l’ente governativo italiano creato nel 1988 che ha il compito di predisporre ed attuare la politica aereospaziale italiana. Egli ci fa riflettere su quanto è scontata, ormai,  la capacità dell’uomo di sopravvivere nello spazio, sull’obiettivo dell’innovazione dei numerosi progetti, primo fra i quali la protezione dai meteoriti, che sarebbero infattibili senza la partecipazione di tanti Paesi.
Fabrizio Carrai, responsabile USOC Kayser Italia, ci illustra il partner industriale italiano delle missioni di Samantha: una piccola media azienda livornese, una società di sistemi ingegneristici multidisciplinare, con l’obiettivo di creare sistemi completi per sostene la ricerca nello spazio. La Kayser compie proprio in questi giorni 30 anni, periodo nel quale sono stati creati circa 100 sistemi che permettono l’esecuzione di esperimenti scientifici nello spazio. Nella sede, a Livorno, è presente il centro di controllo della missione, tra le altre attività vengono organizzati collegamenti audio e vocali con gli astronauti per guidarli nell’uso degli strumenti, a loro volta collegati con macchinari a Terra che possono controllare come avviene il loro utilizzo.

Alle 11.45, il Rettore, il Professor Fabio Rugge, introduce l’intervento di Samantha Cristoforetti e dà a tutti il benvenuto, ringraziando per la partecipazione così numerosa. Sono state infatti impiegate tre grandi sale, delle quali due in videoconferenza, colme di studenti, docenti ma anche cittadini, interessati all’importante evento.
Ma chi è realmente Samantha? Durante la conferenza, ad ogni intervento, si scopriva qualcosa in più: curiosità sulle sue missioni, numeri e dati precisi, obiettivi raggiunti; ma il pubblico vuole sapere altro, la curiosità di conoscere Samantha dietro alla tuta blu è forte e lei, anche questa volta, non delude le aspettative, mostrandosi una grande donna sotto ogni aspetto. Quando prende il microfono in mano, fuori inizia a nevicare, per pochi minuti si entra in una magica atmosfera, l’astronauta chiama i bambini presenti in sala e li invita a sedersi vicino al palco, incoraggia i più timidi e chiede a ciascuno il nome. Non perderà occasione, durante il suo intervento, di rivolgere loro domande e riflessioni sul futuro ancora lontano di quei piccoli adulti pieni di speranze e aspettative. Ci vuole coraggio, è questo uno dei tanti messaggi che cerca di trasmetterci mentre ci racconta la sua esperienza, a partire proprio dall’inizio: nasce in Trentino, appoggiata dai suoi genitori, che le dimostrarono il loro amore più con i fatti che con le parole, decide di passare il penultimo anno del liceo all’estero, esperienza formativa che consiglia a tutti, prosegue poi con l’università iscrivendosi a Ingegneria a Monaco, svolgendo poi la tesi in Russia, scelta notevole poiché ai tempi non conosceva ancora la lingua; decide infine di iscriversi all’accademia aereonautica all’età di 24 anni.

“Scegliete sempre la strada più difficile, perché la cosa più importante è formare il carattere e coltivare la fiducia nella propria forza”

Questo è il messaggio che preferisce lanciare ai giovani, trasmettendo il significato della fatica e del lavoro, dando anche importanza a chi tende a mettere il bastone tra le ruote: è in questo modo che ci si fa le ossa, consolidando la propria motivazione per raggiungere infine, con passione e tenacia, il risultato desiderato.
Inizia così il racconto della sua avventura tra le stelle, 199 giorni e 17 ore per la precisione, prima donna italiana, preceduta nel nostro Paese soltanto da sette uomini, dopo anni di preparazione e una dura selezione si trova al momento della partenza. Due ore e mezza prima i tre astronauti, un russo, un americano e un’italiana (Samantha scherza con il pubblico paragonando l’inizio del suo racconto a una barzelletta), tutti e tre piloti militari, si trovano in cima al razzo, nella capsula, l’unica parte abitabile e non formata interamente da combustibile, com’è invece il resto del mezzo (simile a una grande bomba). L’eccitazione aumenta, Samantha è l’unica ad essere alle prime armi, quando il razzo comincia ad accelerare si ha un movimento blando, che andrà ad aumentare a mano a mano che esso diventa più leggero. I 4 booster che sono intorno dopo qualche minuto si spengono, rimane il motore centrale, la maggior parte della spinta si perde subito, poi parte un altro motore che porta in orbita: in circa nove minuti si arriva nello spazio. Giunti a questo punto, i nostri tre astronauti cominciano a girare intorno alla Terra, alla ricerca della stazione spaziale che è la loro destinazione. Questa è stata costruita da esseri umani, simbolo di unità per la collaborazione di Stati Uniti e Russia, partners in questo lavoro. La Stazione Spaziale Internazionale, grande quanto un campo da calcio, fa un’orbita completa in un’ora e mezza ed è abitata fin dal 2000. Non c’è mai stato un momento negli ultimi sedici anni in cui nessun essere umano era nello spazio! Samantha non perde occasione di divertire il pubblico, grazie alla sua grande capacità comunicativa, facendo simpatici riferimenti alla “Guida Galattica per autostoppisti” e a “Star Trek”. Parla poi degli esperimenti che doveva svolgere, in diretto contatto con i colleghi a Terra pronti a darle indicazioni e suggerimenti sull’uso degli strumenti. Uno di questi è italiano, condotto con la Professoressa Visai, con l’obiettivo di ridurre l’osteoporosi indotta dalla gravità: è un progetto NATO, finanziato dall’agenzia spaziale italiana ASI, dall’agenzia spaziale europea e dalla NASA.

L’astronauta italiana racconta poi alcune curiosità come i meccanismi di preparazione alle passeggiate spaziali, durante i quali veniva compiuto un allenamento sott’acqua, in una piscina di 13 metri, a cui seguiva, prima dell’uscita nello spazio, una preparazione di 5/6 ore, nelle quali venivano indossati gli scafandri e il kit di supporto alla vita, oltre ad altre indispensabili operazioni. Nei 200 giorni di viaggio si è festeggiato due volte il Natale (i Russi lo festeggiano due settimane dopo il nostro), i compleanni, i tagli di capelli assai complicati, si ha anche dormito nelle cuccette, quasi a forma di cabina telefonica, all’interno dei sacchi a pelo, potendo scegliere se lasciarsi fluttuare durante il sonno, o rimanere legati, ricordando in questo modo la pressione sul materasso di casa. La giornata tipo nello spazio, intervallata da esperimenti e riparazioni di macchinari, era formata da due ore al giorno di attività fisica, come sollevamento pesi e corsa, necessari per non perdere la capacità di svolgere determinate azioni una volta tornati sulla Terra; per quanto riguarda il cibo, non venivano considerati solo alimenti disidratati, ma inviati raramente agli astronauti, sotto consiglio di psicologi, alimenti freschi. Importante è poi l’acqua: non avendone a sufficienza veniva spesso riciclata (Samantha scherza affermando “trasformiamo il caffè di ieri nel caffè di domani”).
Questa è stata una conferenza che ha lasciato il segno, l’Università di Pavia ha saputo ancora una volta lanciare un importante messaggio ai suoi studenti, con la preziosa collaborazione di una grande donna: nella vita bisogna avere passione, porsi degli obiettivi e perseguirli con tenacia e decisione, faticando, al fine di raggiungere la meta desiderata ma, una volta arrivati, parlare al mondo con la stessa umiltà che contraddistingue soltanto i migliori.

Valentina Fraire

Studentessa al primo anno di Scienze e tecniche psicologiche presso l'Università degli Studi di Pavia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *