BirdmenCinema

Raffaele Salvaggiola: regista militante

Il film di Salvaggiola è una linea sottile. Oppure: il film di Salvaggiola (che si chiama ½, prodotto nel 2016 in collaborazione con Magnet Films) è una finestra minuscola, un taglio, una lacerazione. Ancora: il film di Salvaggiola è quella luce indefinita che dalle fessure esce e non ancora illumina, ma già abbaglia.

Fuor di metafora: ½ è un film piccolo, che esce dalle mani del suo regista con le spalle ancora da farsi, un film che non osa nemmeno contarsi uno, e, sulla scorta di Fellini (ma partendo da zero e non da otto), arriva appena alla metà.

½ è un film che prende un po’ alla sprovvista (o almeno ha fatto così con me, che l’ho trovato per caso mentre stavo alla scrivania di un dormitorio in Repubblica Ceca) per l’eloquenza adulta del suo linguaggio, mentre il corpo tecnico inciampa ancora sulla formazione del regista (esperenziale e più che amatoriale direi di grande amatore e amante) e soprattutto su un budget più che limitato, quasi inesistente.

Emiliano Selmani (il suo protagonista) è un giovane libraio e regista in erba, incamminato verso la realizzazione del suo primo lungometraggio. Lo scontro frustrante con il mondo sordo delle produzioni lo lascia sconfitto nelle mani di M., figura irruente e rivoluzionaria che lo porterà a sgretolare i suoi progetti alla ricerca di un’immagine che sia vera, parlante.

Raffaele Salvaggiola (il suo regista) è un giovane insegnante di matematica che esce vincitore dal mondo del cortometraggio (il suo Io non parlo mai, ad esempio, si aggiudica diversi premi tra cui miglior corto emiliano al Festival ZeroTrenta di Argenta, edizione 2013, la Camera d’oro 2013 (Sezione Scuole al Videomaker film Festival) e miglior corto al Concorso Generazione 2020 del Festival Hub C Abruzzo, edizione 2013). Nel 2016 prende vita il suo progetto più ambizioso: Mezzo, prodotto dalla Magnet Films, è un film che non solo ha qualcosa da dire, ma lo dice con la voce di un regista che ha lavorato ad ogni fase della produzione, ritagliando il tempo dal necessario guadagnarsi il pane, con la voce di professionisti provenienti da televisione, cinema e teatro che hanno posposto il partecipare a un progetto sentito ad un compenso adeguato.

Sentirlo parlare della realizzazione del film è quasi come ascoltare una favola: il lungometraggio che prende vita è un sogno che si avvera, la casa invasa di tecnici e attori, il coordinamento di professionisti prevalentemente provenienti dal mondo del teatro – come Luca Nucera, Maurizio Lupinelli, Carlotta Pircher, Piergiorgio Gallicani, Fabrizio Croci – che hanno risposto più che positivamente alla sfida della cinepresa. E poi le difficoltà: i permessi, i finanziamenti raccolti quasi porta a porta senza risparmiare kebabbari e fornai, il carrello solo in giorni e momenti precisi, i tempi tiratissimi, la scelta delle scene e quella del colore, serena nella sua preziosità. Ma sopra ogni cosa, della chiacchierata con Salvaggiola ricordo l’entusiasmo: smisurato, prevaricante, nel raccontare – insieme alla compagna – le tappe di un cammino che dalle riprese con amici li ha portati fino alla realizzazione di un film. Un film – dicevo – che risente della mancanza di fondi cospicui e non presenta quella patina da grande produzione che abbiamo imparato a ricondurre all’ortodossia della pellicola. Un film che non per questo merita di scomparire nella categoria infinita delle opere amatoriali e scialbe.

Il potenziale di ½ difficilmente lascia indifferenti: la quantità di persone che hanno accettato di lavorarvi ne è solo parziale dimostrazione. Il potenziale di Mezzo è, o meglio dovrebbe essere, la ragione di esistere di tutta una serie di festival del cinema underground che hanno a che fare con opere prime, di un programma di valorizzazione di registi minori, quando a essere minori non sono le loro idee.

Dico “dovrebbe essere” perché su questo Salvaggiola torna più volte nel corso del nostro incontro: il muro di silenzio contro cui va a sbattere una volta che, senza sponsorizzazioni o raccomandazioni di sorta, si trova a portare il suo film nelle sale, a proporlo ai festival di tutta Italia per vederselo rifiutato dopo una presa visione di appena due minuti.

La situazione è scoraggiante – continua – un circolo vizioso: è difficile emergere senza un primo approdo nei festival e lì girano sempre i soliti titoli. Basti pensare che dopo tante difficoltà in Italia, con la sua retorica profondamente radicata nei borghi ciottolati di una città storica come Parma, ½ è stato selezionato all’Underground Cinema film Festival di Dublino. Ma il riconoscimento anche solo cittadino è ancora lontano: fuori dalla stima di colleghi e amici, qualche proiezione serale singola in cinema di nicchia o di provincia, poco di più.

Qui, ancora, la vita di Emiliano (il suo protagonista) e di Raffaele (il suo regista) si incrociano: testardi e poco disposti al compromesso accumulano idee, progetti, ritagliando il tempo alla routine lavorativa. Emiliano insegue la realtà dell’immagine spaginata munito solo di una gopro, Raffaele sogna la coalizzazione di un gruppo di cineasti, professionisti e non, con la voglia di collaborare su progetti interessanti e a basso costo per opporsi alla logica dei grandi nomi. La passione per il cinema si snoda fra l’utopia e la realtà, i progetti irrealizzati o irrealizzabili e quelli portati a termine nonostante tutto.

Nelle parole di Salvaggiola, ½ è un film a metà: metà riprese su Emiliano, metà riprese di Emiliano. Il gioco di specchi si complica nel lavoro del suo regista, che riflettendosi lascia pesanti tracce di sé, che nemmeno sullo schermo concede un confine netto alle proprie battaglie.

Il risultato è – dicevo – una linea sottile, una fessura. Uno squarcio al di là da venire, che ancora fugge le definizioni eppure innegabilmente si differenzia da ciò che lo circonda.

Ma fuggendo sul finale queste metafore confuse, dirò piuttosto che, nella sua densità rimasta malleabile, non perfettamente lavorata, nella sua carica militante e giovane e in quella sua eloquenza già adulta nel corpo di un bambino, ½ è semplicemente quella che si chiama una promessa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *