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Rom: perché la discordia? Punto di vista francese.

di Bénédicte Weiss

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“Mi sono sentita personalmente indignata dalle circostanze che danno l’impressione che certe persone vengano espulse da uno Stato membro dell’Unione solo perché appartenenti a una certa minoranza etnica. Pensavo che l’Europa non sarebbe più stata testimone di questo genere di situazioni dopo la seconda guerra mondiale. (…) La Francia violerebbe delle leggi dell’Unione europea se le misure prese dall’autorità francese nell’applicazione della Direttiva sulla libera circolazione, bersagliassero un gruppo specifico di persone sulla base della nazionalità, della razza o dell’origine etnica. (…) In occasione di una riunione formale con i ministri francesi Eric Besson [immigrazione] e Pierre Lellouche [affari europei], la Commissione europea, rappresentata dalla sottoscritta e dalla commissaria Malmström, ha ricevuto delle rassicurazioni politiche sul fatto che nessun gruppo etnico specifico sia diventato un bersaglio in Francia. Questo non ha permesso di dissipare i nostri dubbi. (…) Mi dispiace molto che le garanzie politiche date dai due ministri francesi mandati ufficialmente per discutere di questo problema con la Commissione europea, siano ora apertamente contraddetti da una circolare amministrativa dello stesso governo”.

Avete probabilmente già letto o sentito questo discorso di Viviane Reding, vicepresidentessa della Commissione europea responsabile della giustizia, dei diritti fondamentali e della cittadinanza. Un po’ di trambusto ha scosso le relazioni tra Francia e Unione europea la settimana scorsa per colpa di queste parole, pronunciate martedì 14 settembre. Penso sia interessante richiamare il contesto di queste dichiarazioni che, viste dall’Italia, possono sembrare improvvise: da quasi due mesi c’è in Francia un grande dibattito sulla stigmatizzazione del popolo Rom. Tutto comincia il 30 luglio. Due fatti di cronaca hanno riempito le prime pagine dei giornali nelle settimane precedenti: tumulto nel sobborgo di Grenoble (Rhône-Alpes) dopo il decesso di un rapinatore ucciso dalla polizia e l’attacco di gendarmi a colpi di ascia e di barre di ferro da parte di gitani a Saint-Aignan (Centre-Val-de-Loire), anche a causa della morte di uno di loro. Questi eventi di una violenza eccezionale hanno colpito l’opinione pubblica. Quindi il 30 luglio il presidente Nicolas Sarkozy (di destra) ha cercato di rispondere a questi fatti in occasione di un discorso a Grenoble. In particolare, egli ha parlato della violenza e dell’integrazione degli stranieri prima di citare, senza mezzi termini, la necessità di “porre termine all’istallazione selvaggia dei campi Rom”. Ha poi precisato che lo scopo non sarebbe di stigmatizzare questa popolazione, sebbene la parola “Rom” sia stata usata con una connotazione negativa. Alcuni ministri hanno allora annunciato cifre importanti di espulsione, salvo poi ritrattare quando sono stati intaccati dall’opposizione. Quest’ultima non capisce perché il governo se la prenda con i Rom : la gente di Saint-Aignan è francese, non Rom. E, anche se lo fosse, non sarebbe una ragione per rinviare i 15000 Rom che sono in Francia verso la Romania o la Bulgaria.
Durante l’estate la controversia si è ingigantita. Partiti politici di sinistra e associazione hanno manifestato il 4 settembre per denunciare la politica di sicurezza del governo. Ma già prima, il Papa e l’ONU hanno adottato la stessa posizione, poi i deputati europei e infine è la Reding che ha dichiarato ciò che sappiamo. Se l’ha fatto in questo momento preciso è perché, come ha espresso, alcuni giorni prima è stata diramata una circolare del ministero dell’Interno che chiedeva lo “smantellamento dei campi illeciti, con priorità verso quelli dei Rom”. E’ stata cambiata da quel giorno per essere più corretta sul piano politico, ma ha comunque ancora una volta gettato il dubbio sulle idee del governo che, con il passare del tempo, sembra sempre più vicina alle tesi dell’estrema destra : un anno fa c’è stato un grande dibattito nazionale a proposito dell’identità francese, già denunciato come un fattore possibile di una volontà di escludere lo straniero. Da qui gli interrogativi della vicepresidentessa della Commissione e di un parte della sfera politica europea.
Solo un leader europeo ha sostenuto il presidente Sarkozy : Silvio Berlusconi, conosciuto anche per la sua politica verso questa popolazione. Non è lui che ha proposto nel 2008 di prendere le impronte digitali ai Rom, schedandoli? Allora fu il vicepresidente della Commissione Jacques Barrot, uomo politico francese, a redarguirlo. Che curiosa ironia!

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