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Ritorno al presente con i Longobardi

I Longobardi sono tornati a Pavia. Almeno è questo il messaggio che vuole passare la mostra “Longobardi – Un popolo che cambia la storia” al Castello Visconteo dal 1 settembre al 3 dicembre 2017. C’è però una mostra nella mostra, inaugurata lo scorso sabato 14 ottobre ai Musei Civici di Pavia e curata da Francesca Porreca e Chiara Argenteri, che vuole passare un altro messaggio e cioè che forse i Longobardi non se ne sono mai andati. Contempora Langobardorum è molte cose: una mostra artistica, fotografica, audiovisiva, pittorica e scultoria. Un aspetto però lega come un filo rosso tutte queste esposizioni ovvero il tentativo di riscoprire con uno sguardo moderno un popolo antico che tanto ha contributo alla storia e all’identità di Pavia e provincia. C’è chi lo fa cercando elementi immutati tra passato e presente, chi modellando una visione sintetica di corpo e linguaggio, altri ancora invece riscoprendo elementi del paesaggio sui quali i grandi re del passato hanno lasciato le proprie impronte e i propri segni.

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Giulia Passolungo, fotografa dell'esposizione "Scripta Manent"
Giulia Passolungo, fotografa dell’esposizione “Scripta Manent”

“Per questa mostra ho attinto a 10 passi del testo di Paolo Diacono Historia Langobardorum” mi racconta Giulia Passolungo studentessa al secondo anno di Filosofia a Milano e fotografa dell’esposizione Scripta Manent. “Ho scelto sei frasi che possono essere rappresentative di come l’umanità sia rimasta immutata da allora ad oggi“. Una delle foto esposte, ad esempio, ritrae un fiero mangiatore di carne e questa ultima, almeno come la consumiamo oggi, è in effetti un’innovazione (o una regressione?) longobarda. Una presa di coscienza non da poco per chi come me, carnivoro non pentito, si è sempre prevalentemente identificato con la cultura classica e mediterranea. “In un altro passo poi” continua Giulia “si legge che durante la calata nella penisola [i Longobardi] si sono imbattuti in popoli che sbarravano loro la strada. Per questo ho esposto una foto che bene rappresenta quello che è l’immigrazione oggi”. Le chiedo poi perché le sue foto siano in bianco e nero “ho scelto il bianco e nero perché aiuta l’astrazione. Con i colori è più difficile astrarci dal contesto quotidiano. Il bianco e nero invece ci aiuta ad avere uno sguardo che si solleva dal tempo e ci restituisce un ideale che può essere trasposto da epoca a epoca.” 20171014_162111327_iOS

Coloratissime invece sono le foto di Marcella Milani, maestra tra l’altro di Giulia. La sua esposizione Radical Barbae tratta dei moderni Longobardi, che oggigiorno almeno alcuni di loro chiameremmo hipster ma che qui si ricollegano ancora una volta a una moda portata dalle genti del nord ovvero le famose barbe lunghe “lang bart” che ha dato il nome al popolo. “Ho scelto il colore in questo caso proprio per dare maggiore importanza alle barbe e alle loro tonalità.” Le sue foto, caratterizzate come sempre da una ricerca appassionata del dettaglio e dalla cura nel raccontare i contesti, sfidano il tempo per ricercare una continuità bizzarra ma innegabile tra passato e presente. “La barba ha assunto molteplici significati nel corso dei secoli e ognuna porta con sé una storia, una personalità, un’identità. Io ho ritratto 15 uomini di diverse età, professioni, realtà e ho riproposto la caratteristica delle barbe lunghe in chiave contemporanea”.

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La ricerca del segno invece è ciò che guida Roberto Figazzolo nella sua opera audiovisiva Cronica Langobardorum che mette insieme montaggio video e storia longobarda. “È successo tutto cinque mesi fa e stavo ragionando su come lavorare con il video che è una cosa velocissima e soprattutto degli ultimi tempi rispetto alla storia longobarda. Mentre stavo ragionando su questo mi sono ritrovato in mano un ritaglio di giornale che riportava l’articolo di una chiesetta longobarda o comunque datata VII sec D.C. che era stata donata dai Longobardi ai monaci di San Colombano. Sono andato a vederla, nel paese di Pregola, in cima ad una collinetta meravigliosa che solo gli anziani mi hanno saputo indicare. Mi sono ritrovato di fronte a questa chiesetta con le vestigia longobarde, un battistero e un cimitero. Ho iniziato lì a fare le prime riprese del video che si vede in mostra. Subito dopo tornando ai musei ho filmato le croci che venivano trapunte sui veli funebri dei defunti eccellenti del popolo longobardo. Tutto questo è arrivato a noi in un vortice di tempo di oltre 1300 anni e mi ha ispirato per realizzare questo video.”

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Prima di lasciare la mostra mi soffermo un attimo su un’imponente opera dello scultore italo-greco Aris Marakis “in-vaso-re” che raffigura un uomo armato di lancia e dalla curiosa testa a forma di ocarina. Si legge sulla descrizione “l’in-vaso-re è il nostro prossimo, può essere amico o nemico, col suo suono egli ci chiede il silenzio, il permesso di insediarsi nell’alveo del nostro vaso culturale“. Un’opera curiosa, strana e fortemente legata alla nostra attualità, dove gli invasori e gli invasi, ciascuno rivendicando la propria statica identità nazionale, dimenticano troppo facilmente che ogni popolo è figlio di un crocevia di altri. Come i pavesi.

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