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Riforma dei licei. Il caso delle scuole paritarie. intervista a Carlo Grignani, presidente del CdA del liceo scientifico paritario “Teresio Olivelli”

di Stefano Sette

 

Inchiostro – Con la riforma delle superiori messa in atto dal Ministero dell’Istruzione ci saranno parecchi tagli nelle scuole statali. Le scuole paritarie in che situazione si trovano?
Dott. Grignani – Le scuole paritarie non hanno avuto di fatto l’aumento di fondi che si aspettavano. Secondo i dati ISTAT, con la Legge Finanziaria del 2008, nella Provincia di Pavia un alunno della scuola statale costa allo Stato 8108 euro, mentre quello della scuola paritaria costa 51 euro, che non si sono mai visti. Inoltre è emerso che solo l’1,2% degli studenti frequenta scuole paritarie, contro il 96,4% delle statali e il 2,4% delle private non riconosciute. In definitiva è sbagliato dire che le scuole paritarie sono privilegiate.

Qualche settimana fa, sulla Provincia Pavese, è stato scritto che al liceo Olivelli sono aumentati gli iscritti, passando da 86 a 91, a differenza delle altre scuole non statali in cui sono diminuiti o sono rimasti stabili. Come spiega questa versione di tendenza?
Ci sono due elementi; uno è il rinnovato impegno del personale per migliorare la proposta educativa. Se c’è qualità nel personale e una risposta positiva dei ragazzi i risultati arrivano. L’anno scorso è stato pubblicato il libro Segni, sogni e numeri, scritto da professori e ragazzi della nostra scuola in cui s’insegnava come trovare gli strumenti di lavoro.
L’altro elemento consiste nel fare il liceo tradizionale anziché quello sperimentale.

Il calo nelle scuole private, secondo lei, è dovuto anche alla crisi economica, con le famiglie che non hanno abbastanza soldi per pagare la retta scolastica?
Sì, in questo periodo di crisi economica 4000 euro sono troppi e si fa fatica. La domanda d’iscrizione resiste per il Buono scuola del 25%, anche se adesso si chiama Dote scuola ed interviene anche sulle scuole statali.

Con questi tagli non c’è il rischio che i futuri diplomati affrontino l’Università con conoscenze limitate rispetto a chi li ha preceduti e agli studenti degli altri paesi?
Il problema non è finanziario ma di qualità, conta di più il rapporto tra alunno e docente. L’esempio migliore è quello della scuola di Don Milani; gli alunni vivevano in un tugurio, ma il rapporto di apprendimento era massimo perché c’erano docenti capaci. Il fatto che ci saranno molti tagli è una conseguenza delle scelte passate; oggi nella scuola italiana ci sono 1 milione e 200 mila dipendenti, bidelli compresi, e la maggiorparte delle risorse va in stipendi al personale. Sono troppi; l’esercito americano, Marines compresi, è composto da 600/700 mila persone. La questione da affrontare è la qualità d’apprendimento in Italia che, secondo il rapporto Pisa, non è di alto livello, soprattutto nella lingua e nelle materie scientifiche.

Il fatto che la qualità di apprendimento non sia di alto livello è presente anche all’estero, per esempio in Francia e in Germania, solo che in quei paesi si affronta il problema con attenzione, in Italia no. Perché?
Prima di fare un confronto con l’estero bisognerebbe fare un confronto interno. La Lombardia è in linea con le migliori nazioni, nel resto d’Italia la situazione è diversa. Ad esempio un 6 in Lombardia sarebbe un 9 al Sud e un ragazzo che esce con 100 e Lode al liceo classico di Crotone uscirebbe con 90/100 a Pavia.(secondo i dati di Pisa 2006 nella lettura e nella comprensione, ad una media italiana di 100, il livello del Nord Italia è di 105,7 contro il 94,2 del Sud, mentre nelle materie scientifiche il livello del Nord è di 107 in Matematica e di 107,2 in Scienze, contro il 93,5 e il 90,6 del Sud).

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