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Rest Energy: l’equilibrio fatale

Marina Abramović (1946), figlia di partigiani serbi della Seconda Guerra Mondiale, studia presso l’Accademia di Belle Arti della sua città natale, Belgrado. Per poi insegnare all’Accademia serba di Novi Sad, dove inizia a progettare le sue prime performances. In questi anni di studio e di insegnamento inizia a prendere consapevolezza dei limiti del corpo umano, che sarà spesso oggetto principale della sua idea di arte. Si tratta di arte performativa, che specialmente all’inizio della sua carriera viene molto criticata. Il corpo è al centro dell’attenzione, spesso portato al limite della sofferenza sia dall’artista che dal pubblico, con il fine di trasmettere forti emozioni e suscitare riflessioni nel pubblico stesso.

Durante gli anni ’70 inizia ad essere conosciuta a livello internazionale e la sua fama si diffonde soprattutto in Europa, infatti si trasferisce ad Amsterdam dove conosce Ulay, che diventa suo compagno di vita e artistico per oltre un decennio, fino al 1988, quando decidono di porre fine alla loro relazione con una performance, partendo dalle due estremità della muraglia cinese (The Lovers) e dirsi addio definitivamente.

In realtà i due torneranno insieme al MoMA di New York nel 2010 durante The Artist is Present, in cui i loro sguardi s’incontrano per la prima volta dopo tanti anni dando vita a uno spettacolo emozionante, sia per loro che per gli spettatori.

In molte altre performances l’artista arriva al punto di mettere a rischio la sua vita, ma nel caso dell’opera Rest Energy, messa in scena ad Amsterdam nel 1980, l’artista affida letteralmente la sua vita nelle mani del suo compagno Ulay. In questa circostanza si trovano l’uno di fronte all’altra e portano vestiti simili, entrambi indossano una camicia bianca, lei abbinata a una gonna lunga nera e lui dei pantaloni neri. Ulay tiene la freccia puntata al cuore della compagna e lei regge l’arco, i loro corpi rimangono in equilibrio per quattro minuti, durante i quali si guardano negli occhi mentre sentono i loro battiti, grazie a dei microfoni posizionati all’altezza dei loro cuori. Quattro minuti così intensi, ha dichiarato l’artista, che la tensione e l’attesa sembrava durassero per sempre.

Rest Energy è la perfetta metafora dei rapporti sia che si tratti di amicizia che di amore, in cui ci si pone davanti all’altra persona senza armature o protezioni, ci si trova esposti, messi completamente a nudo senza preoccuparsi delle conseguenze, correndo il rischio di rimanere trafitti (nel vero senso della parola). Possiamo arrivare a pensare che nel migliore dei casi si rimanga sempre in equilibrio, in perfetta sintonia ad ascoltare i propri battiti fidandosi reciprocamente, ma la verità è che la maggior parte delle volte questo equilibrio viene meno e uno dei due rimane trafitto.

Marina Ambramović e Ulay reggono rispettivamente un arco e una freccia, simbolo di Rest Energy.
Marina Abramović e Ulay, Rest Energy (1980)
Fonte:WikiArt

Come tante altre opere d’arte, anche Rest Energy è stata ripresa o rivisitata a distanza di molti anni. Poco più di un anno fa, nel novembre del 2021, Marracash per il videoclip del suo singolo Crazy Love ( https://www.youtube.com/watch?v=JHqxzM2tZHs) girato da Giulio Rosati, ha ricreato la scena della performance con l’ex compagna e cantante Elodie, ma, in questo caso, era lei a tendere la freccia verso il cuore di Marracash. Il cantante ha dichiarato che è stato un modo per simboleggiare la fine della loro storia, in cui si uccidono a vicenda, come si può vedere nella scena finale. La scena viene riproposta, ma con un significato in questo caso diverso, poiché rappresenta la fine di una relazione in cui l’equilibrio è già stato compromesso.

I cantanti Marracash ed Elodie reggono rispettivamente un arco e una freccia.
Videoclip Crazy Love, Marracash, girato da Giulio Rosati (2021)
Fonte: YouTube

In sintesi, possiamo affermare che tutti in alcuni momenti della vita ci troviamo in situazioni in cui siamo in equilibrio, in tensione o feriti, oppure causiamo dolore ad altri; pertanto, ogni persona coinvolta in una relazione può essere descritta come una combinazione di attrazione e difficoltà, o come dice Marracash, “calamita e un po’ calamità”.

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