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Recensione – Tintin e il segreto del liocorno

di Matteo Miglietta

 

Tintin è un nome che forse in Italia ai più giovani non dice molto. Sono passati ormai anni dall’ultima volta che è stato trasmesso in televisione un episodio delle avventure del giovane reporter, tratto dagli ancor più introvabili fumetti scritti da Hergé durante il secolo scorso. In Belgio invece Tintin è un patrimonio nazionale e il genio del suo disegnatore è riconosciuto a tal punto che a Louvain-la-Neuve, cittadina studentesca a meno di 40km dalla capitale, è stato dedicato un museo alla sua vita, il Musée Hergé appunto. Sembra però che anche gli americani siano rimasti affascinati dalla simpatia di Tintin, se due registi di fama mondiale come Steven Spielberg e Peter Jackson hanno deciso di collaborare per realizzare il primo film “moderno” ispirato alle sue avventure: “Tintin e il segreto del liocorno”, già destinato a diventare un successo planetario. In Italia uscirà nelle sale venerdì 28, mentre in Belgio -dopo la première mondiale di sabato a Bruxelles, che ha dato vita a una delle più imponenti campagne pubblicitarie nella storia del piccolo regno nordeuropeo, con tanto di diretta televisiva dal red carpet e dibattito post proiezione- già da ieri i ragazzi, compreso chi vi scrive, hanno potuto trovarlo nei cinema.

L’abilità di Spielberg, compreso il rischio nel mettere su pellicola un fumetto tanto amato, è stata quella di reinterpretare tre avventure di Tintin (“Il segreto del liocorno”, “Il tesoro di Rackhalm il Rosso” e “Il granchio d’oro”) creando un’unica storia in grado di coinvolgere lo spettatore dal primo all’ultimo minuto. Il finale poi lascia spazio a un eventuale sequel, a quanto pare già programmato, che vedrà invece sedersi sulla sedia del regista Peter Jackson, per poi concludere la trilogia con un terzo lungometraggio probabilmente codiretto dai due cineasti. Il paragone con l’originale personaggio di Hergé era insomma inevitabile, ma la storia del film è abbastanza differente da evitare un inutile scontro fra i tintinofiles (come sono chiamati in Belgio) e i fans di Spielberg, come accade ogni volta che dalla carta stampata si passa alla macchina da presa. Il film diverte e appassiona, grazie anche alle magie della motion capture, la tecnica cinematografica ormai definitivamente sdoganata dagli oscar di Avatar. Adatto insomma sia agli appassionati, sia a coloro per i quali Tintin non è altro che il suono del campanello di casa.

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