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Recensione/Les Misérables

di Silvia Piccone

“Ho cominciato un tema moderno, una barricata… E, se non ho vinto per la patria, almeno dipingerò per essa”, scriveva Delacroix a proposito del suo celebre dipinto, simbolo delle lotte parigine dei primi trent’anni del XIX secolo a favore dell’uguaglianza e della libertà.
Ed è proprio in tale periodo che si svolge anche il romanzo più popolare di Hugo, diventato musical teatrale di successo nonché film in uscita nelle sale italiane il 29 gennaio 2013, Les Misérables, promettente pellicola da poco vincitrice di quattro Golden Globes ed attualmente in corsa sia per i premi Oscar che per i BAFTA con la bellezza, rispettivamente, di otto e nove candidature.
È  solo il suo quarto film, eppure Tom Hooper sembra aver colpito ancora dopo il precedente e pluripremiato Il discorso del re: questa volta ci prova con un lungo, ed a tratti spossante, musical interamente cantato che racconta i poetici “invisibili” di Francia consumati dagli esiti di una rivoluzione appassionata ed affascinante come un quadro di fine secolo, nonché dai moti e dalle lotte degli anni successivi. In scena è la commovente storia di Cosette, figlia della madre coraggio perfetta Fantine (Anne Hathaway), caduta in disgrazia e pronta a piegarsi ai più biechi compromessi pur di saperla salva presso una discutibile locanda.
Ma Cosette, piccola cenerentola per mano di malvagi locandieri, viene finalmente portata in salvo da colui che risponde al musicale nome di Jean Valjean (Hugh Jackman) – da lì in poi per sempre suo dolce ed amorevole padre, ex detenuto ricercato dal suo aguzzino Javert (Russell Crowe), socialmente riscattato ma uomo disperato e destinato alla fuga perpetua.
Una continua corsa coinvolgente dal risvolto prevedibilmente  positivo anima l’intero film dalla morale quasi scontata. Chi fa della propria vita una missione in nome del male non otterrà che fallimento e morte, talvolta per propria mano, come in un terribile girone dantesco con le sue tragiche pene del contrappasso, e quando sono i più miserabili a salvare i propri aguzzini, i malvagi muoiono ancor più dannati, non potendo sopportare l’onta della deprecabile pietà dimostrata da chi hanno sempre disprezzato. Una storia di colpe, pene e redenzione che raggiunge epifaniche vette durante strazianti canti a più voci tra chi vince e chi, miserabilmente, è destinato a marcire nel proprio nulla.

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