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Recensione/La mia romantica inutile morte

di Erica Gazzoldi

Quella di Robert Petrescu è una fuga o una battaglia? In un modo o nell’altro, il suo conflitto con ciò che lo circonda è tangibile e inevitabile. La “morte”, nella sua “versione giovane”, sta sempre per “fare fuoco” (p. 23).
La mia romantica inutile morte (2013, GattoBenzina Edizioni) è la prima raccolta poetica di R. Petrescu. Nato a Bucarest nel 1987, si trasferì a Pavia con la famiglia nel 2002. “Dall’età di diciassette anni svolge diversi lavori”, recita la nota biografica in quarta di copertina. “Il Mestiere” (p. 31) è difficile da scegliere, per chi non sa cucirsi addosso un ruolo, se non quello di “pazzo/dal/cuore/multicolore” (p. 33). Questa autoironia che, per così dire, guarda il mondo dalla luna, non è però un alibi per sottrarsi alla terra.

Il poeta, nell’antiestetismo dei versi liberi, fa affermazioni audaci e disarmanti proprio per la loro normalità: “Capii che era meglio studiare,/o meglio ancora,/cercare di dare un senso a questa vita mia./Poi […] mi trovai/bisognoso di denaro” (p. 26). Da questa situazione inquietantemente ordinaria, nasce il paradosso di un giovane trasformato in “Orologio che Cammina” (p. 26) nella “palude industriale” (p. 28). Eppure, fra i bidoni della spazzatura, un “ragazzo fortunato” può carpire “Frammenti di sole” (p. 20). Può perfino credere nell’ “Amore Giovane” (p. 18), salvo dar fuoco, infine, al materasso insudiciato dalle bugie. Non è comunque facile trovar posto, da “uccelli”, in un “paradiso” che rigurgita “angeli” (p. 24): o meglio, uomini che hanno voglia di riaprire la caccia ai propri simili. Lo straniero è “Una/preda/facile/facile” (p. 41). Ma R. Petrescu, così incisivo nel ritrarre i dolori di donne-formiche o d’un “Vecchio” (p. 6), non indulge nella commiserazione. Prendere l’esistenza troppo sul serio sarebbe come costruire una “Casa sul Ponte” (p. 8). Ai “pellegrini della gioia” (p. 12) basta un bar per realizzare un’utopia. E la Morte, “romantica” e “inutile” (p. 34), può arrivare in una fantasia d’amore che svuota, di colpo, la tragicommedia umana.

In illustrazione: Festa, di Pia La Sala (http://collagedellapia.blogspot.com)

@EricaGazzoldi

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