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“Sguardi puri 2.0” / Appartamento ad Atene

di Erica Gazzoldi

Un film sulla “banalità del male”? Di sicuro, Appartamento ad Atene (2011) sceglie un’angolazione insolita e “intimista” sulla Seconda Guerra Mondiale: la situazione di chi si ritrovò gli ufficiali vincitori, letteralmente, in casa.
Il regista, Francesco Dipaola, è un esordiente. Ma si è fatto notare al festival di Roma, ottenendo il premio Vetrina Giovani Cineasti Italiani. Il Politeama di Pavia ha incluso la sua opera nella programmazione di Sguardi Puri 2.0 2013. Il soggetto è tratto dal romanzo di Glenway Wescott, Apartment in Athens (tradotto per Adelphi nel 2003).
È il 1943: la Grecia è avamposto tedesco e italiano nei Balcani. Il capitano Kalter (Richard Sammel) si installa nella casa di un editore di testi scolastici, Nikolas Helianos (Gerasimos Skiadaresis). Simbolo dell’identità culturale greca, ha dato nomi eloquenti ai figli: il defunto Kimon richiama Cimone (510-449 a.C.), ultimo ateniese a opporsi all’Impero straniero; Leda (Alba De Torrebruna) si chiama come la Donna archetipica, madre dei Dioscuri, di Elena e Cassandra; Aléxandros (Vincenzo Crea) ricorda di nome e di fatto il combattivo Macedone. Questo ragazzino denutrito suggerisce lo spirito della Resistenza greca.
La famiglia Helianos, oltretutto, vive ai piedi della Memoria: vicino all’Acropoli, nel quartiere della Plaka, ricostruito a Gravina di Puglia. L’arrivo di Kalter sottolinea come la penna della Storia sembri, ormai, passata di mano. L’ufficiale è il “nazista modello”: marziale, tutto dedito al Reich, amante della cultura e degli animali. Esercita un ascendente dovuto alla forza militare, ma anche a una cultura aggiornata, parimenti strumento di dominio. Attorno a lui i rapporti nella famiglia Helianos si ridefiniscono: non solo nel segno della sottomissione. Questo nucleo, in un certo senso “Sole” rimasto al Paese (come suggerisce l’Helios implicito nel cognome), si piega rapidamente al tramonto. Nikolas passa dalla prudenza utilitaristica a una vera e propria complicità, dovuta a una comunanza di logica e istruzione con Kalter. Vale la pena di ricordare che la pedagogia nazista considerava la filosofia greca fondamentale per costruire la “razionalità dell’uomo ariano”, razionalità finalizzata a un progetto di conquista. Nikolas, pur da vittima, non contrasta questa logica: “È solo colpa della guerra… La guerra può essere vinta da uno solo e noi l’abbiamo persa. Se avessimo vinto, anche noi andremmo nelle case dei tedeschi, mangeremmo il loro cibo, dormiremmo nei loro letti…”
L’atteggiamento dell’ufficiale verso gli Helianos è la meridiana degli eventi internazionali. Al suo arrivo, egli ha la sicurezza di chi si sa padrone del mondo. Due settimane dopo, l’incombere della sconfitta incrina il suo carattere, ne fa emergere le prostrazioni. Kalter e Helianos sembrano ricongiungersi nel dolore comune. Solo in apparenza, perché l’ideologia, per il nazista, vale più di tutto il resto. Kalter uscirà di scena così come è entrato: con un carico di contraddizioni. Non spiega perché un uomo possa, allo stesso tempo, viziare un cane e picchiare un bambino, o apprezzare la musica ed eseguire massacri. Semplicemente, così avviene. La “Vita” resta nelle mani della propria omonima, la madre Zoe (Laura Morante). Almeno, per quel che ne rimane.

www.appartamentoadatene.it

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