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Recensione – Zarafa

di Silvia Piccone

Quarta opera cinematografica per il parigino Remi Bezançon codiretta insieme a Jean-Christophe Lie, prendendo spunto da una vicenda realmente accaduta. Si chiamava Zarafa una delle prime giraffe comparse in Europa nell’800: il regista ha voluto proporne una rilettura “formato kid”, non del tutto apprezzata in patria ma comunque gradevole – soprattutto in Italia, grazie al valore aggiunto della collaborazione di Vinicio Capossela che ha donato la voce al protagonista del saggio, conferendogli una solennità quasi biblica.

Un film che delude: riservato rigorosamente ad un pubblico di bambini, ha pochi motivi per essere realmente apprezzato anche da uno spettatore adulto poiché rientra un po’ troppo nel cliché del film d’animazione che in qualche modo vuole dare una lezione, fare la morale a chi ha ancora una personalità in formazione come il target a cui si rivolge.
C’è lo stereotipo del cattivo che per l’intera durata del film insegue il buono, fino a subirne le tragiche conseguenze come una regola noiosa dalla quale non si può prescindere. C’è il pietismo  per la morte di alcuni animali che si deve imparare a lasciare andare, nonché l’apparente dipartita anche di uno dei protagonisti buoni che, con un colpo di scena anche abbastanza riuscito ma poco credibile, magicamente risorgerà per seguire una via già annunciata in partenza, quella via dell’amore.
Non manca il momento dell’inevitabile addio tra gli amici di vita costretti a separarsi, con in più uno sdolcinato e affrettato espediente narrativo per cui la giraffa Zarafa, personaggio muto per tutto il film, inizia magicamente a essere in grado di parlare – per spiegare all’amichetto Maki che la loro separazione non cancellerà l’amore che li lega. Didascalico.

 

Interessante, invece, l’idea di raccontare la storia per bocca di un vecchio saggio all’ombra di un enorme baobab, classica e affascinante figura quasi magica che tramanda storie e racconti alle generazioni future, continuando la tradizionale – pratica ancora oggi in uso in diverse parti di mondo non ancora contaminate – di scrittura della storia tramite memoria e comunicazione orale.

Nel complesso la linearità del racconto, la semplicità dei concetti e delle tematiche proposte rendono il film una piccola storia sull’amicizia, romantica e delicata, con la quale far risorgere il fanciullino nascosto in ognuno di noi.

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