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Recensione – La grande bellezza

La scorsa settimana il cinema Politeama di Pavia ha proposto al pubblico l’ultima pellicola di Paolo Sorrentino, La grande bellezza. Uscita nelle sale italiane il 21 maggio 2013, in concomitanza con la presentazione al 66° Festival di Cannes, la pellicola del regista napoletano racconta la storia di Jep Gambardella (Toni Servillo), scrittore (anche se di un solo libro), giornalista di costume, amante d’arte e di cultura.
Trasferitosi a Roma in giovane età, Jep trascorre la propria vita cercando il proprio equilibrio e la propria dimensione nella città eterna, giungendo all’età di sessantacinque anni circondato dalla propria animata e singolare collezione di amici: depressi scrittori di opere teatrali, silenziosi poeti, fragili donne dall’apparente forza e forti donne dall’apparente fragilità. Amato e odiato dalle donne, osannato o criticato dagli amici – o presunti tali –  Jep trascorre le proprie lunghe nottate sul balcone di casa a un tiro di sasso dal Colosseo, tra alcool, droga e feste infinite al limite del trash e della frivolezza, fingendo di non sentirsi torturato dalla domanda che tutti gli pongono: «Perché non ricominci a scrivere?».
E proprio nel mare di quella frivolezza e di tutto quel “godersi la vita”, che di rispetto per la vita davvero non ne ha, Jep tenta di dare risposta a quella domanda insistente: «Mi chiedono perché non ho più scritto un libro. Ma guarda qua attorno. Queste facce. Questa città, questa gente. Questa è la mia vita: il nulla. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul nulla e non ci è riuscito: dovrei riuscirci io?».  Il Nulla. Il nulla è ciò che lo circonda e ciò che anima le sue giornate, nonostante attorno a lui ogni vicolo, ogni pietra, ogni statua gridi Storia, gridi Cultura, gridi Passione. Jep Gambardella osserva la vita da una finestra, una vita che appare incredibilmente simile a un circo, con i suoi scherzi, le sue magie e le sue false risate. Un circo di cui lui è assoluto e indiscusso protagonista e allo stesso tempo attento e scrupoloso osservatore. Un circo a un passo dall’esaurirsi, che svende i biglietti per un ultimo spettacolo che pare non finire mai e continua ad andare in scena ogni notte, giorno dopo giorno, quasi per inerzia.

Purtroppo, nonostante la favolosa interpretazione di Toni Servillo (che già aveva lavorato con Sorrentino nel film Il Divo) questa è la sensazione che si rischia di provare guardando il film: uno spettacolo che va avanti per inerzia. Probabilmente un effetto volontariamente cercato e creato dal regista, ma – concedetemelo – qualche volta difficile da digerire.
Che il significato sia cercare questa Grande Bellezza nelle piccole cose? Oppure cercarla nelle cose immense? Cercarla nel futuro o nel passato? Forse la Grande Bellezza è davanti a noi e siamo solo incapaci di vederla. A mio parere, per questa volta, se c’era davvero una Grande Bellezza è rimasta incastrata in qualche angolo buio e non è passata attraverso lo schermo.

3 pensieri riguardo “Recensione – La grande bellezza

  • Stefano Sfondrini

    Spero non venga presa come la frase fatta che sembra, ma credo che la grande bellezza stia negli occhi di chi guarda… il film. A una settimana dalla visione del film ancora non saprei dire perché, ma mi è piaciuto.

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  • Io, personalmente, ho trovato questo film un intarsio di ironie mai banali, una vera e propria pioggia di domande agrodolci. Per esempio: se Jep stesso si dichiara convinto che ogni funerale sia un “andare in scena”, perché getta la maschera proprio mentre porta la bara del figlio dell’amica? Oppure: perché il prelato chiacchierone tace proprio quando gli si domanda del suo passato da esorcista?
    Sorrentino, poi, è impietoso praticamente verso ogni aspetto della cultura italiana. Il boss latitante afferma di essere uno di quelli che “mandano avanti questo Paese, non come Lei [Jep] e i Suoi amici, che passate il tempo nelle feste”, ma, dalla sua stanza, proveniva giustappunto solo musica di feste… Poi: io sarò una vipera, ma ho particolarmente gradito la decostruzione del radicalismo chic (quello della fragile donna dall’apparente forza, insomma). 3:-) L’unica forza riconosciuta da Sorrentino è quella di saper guardare il mondo dall’altezza dei bambini. 😉 Mi è piaciuta anche la conclusione: Jep trova davvero la “grande bellezza”, quando, nel mezzo del “bla-bla” di nostra vita, riesce a trovare qualche perla di passione carnale o spirituale.

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  • Giada Cipollone

    Se c’è anche solo un buon motivo per continuare a parlare di questo film, risiede sicuramente nel fatto che stimola il pensiero e crea il dibattito, scacciando ogni pericolosa (per il cinema e non solo) patina di indifferenza. Personalmente credo che il tentativo di far rivivere una dolce vita nel corpo di un personaggio riempito di tutto il vuoto della contemporaneità sia se non altro ambizioso. questa volta non si tratta di essere guidati in un movimento, ma di accompagnarlo in una ricerca infinita (questa grande bellezza, cosi fallace, cosi inarrivabile). Fino alla noia, i lenti movimenti di macchina ci proiettano in una Roma, diva decaduta, che come noi, come Jep, trova solo in una visione del passato il ricordo della sua bellezza. Siamo stanchi forse di cercarla nel presente?

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