CinemaRecensioni

Recensione – La bottega dei suicidi

di Silvia Piccone

Presentato in anteprima alla scorsa edizione del Festival di Cannes, il macabro film diretto e prodotto da Patrice Leconte mette in scena l’humor nero di una storia triste e deludente che da romanzo francese si trasforma in gelido film d’animazione.
Quasi come fosse la versione scadente di un contemporaneo film alla Fritz Lang, la vicenda inizia con vaghe illustrazioni di una città coatica, grigia e alienata, abitata da corpi tristi e ciondolanti privi d’ogni linfa vitale. Una città in cui è inquietantemente vietato suicidarsi in pubblico: dunque, per ovviare a tale incomodo, non resta che rivolgersi alla famiglia Tuvache, orgogliosa di gestire la bottega dei suicidi più fornita in assoluto, sotto le note di tragiche canzoni cantate in coro da personaggi che inneggiano al suicidio contro la crisi e il carovita.

Più che mai attuale, tale tematica viene ben presto stravolta dall’arrivo di un nuovo membro in famiglia deciso a riportare in città il sorriso.
Un film depresso e di cattivo gusto che, nonostante qualche parte interessante, si trascina senza pietà fino a una svolta narrativa perlopiù spicciola, affrettata e priva di ogni fantasia.
L’ironia di base del film, con la quale si vorrebbe denunciare una società contemporanea afflitta e non più in grado di affrontare le problematiche di una vita difficoltosa e all’insegna della crisi, svanisce presto lasciando spazio allo sgomento di chi non crede alle proprie orecchie. La grande influenza burtoniana, pur essendo percepibile, non avvicina La bottega dei suicidi a nessuno dei tanti capolavori del maestro per eccellenza, nonostante le atmosfere che subito rimandano all’estetica e al mondo di Tim Burton – dichiarato mito dello stesso regista.
Una prima regia d’animazione che rappresenta l’inizio di un’avventura nuova per Leconte, molto differente dalla sua carriera fino a ora dedicata al live action. Già al lavoro per il prossimo film, anch’esso d’animazione, ha dichiarato di amare tale tecnica per le infinite possibilità che offre senza intoppi o disguidi che un’opera dal vero, intevitabilmente, potrebbe comportare.
Certamente apprezzabile, infine, non è il film d’animazione irriverente e poetico che sarebbe stato interessante osservare. Il tocco contemporaneo che sarebbe potuto diventare un vero valore aggiunto – per una storia che di conseguenza sarebbe stata da un lato universale ma dall’altro ben radicata in un contesco socio-economico che oggi come non mai ci appartiene internazionalmente – non è stato sfruttato a dovere, lasciando spazio alla banalità narrativa di una storia fin dal principio pigramente seduta su se stessa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *