Attualità

Quelli del dopo 11 Novembre. Per non dimenticare l’alluvione

di Camilla Bruneri

 

La realtà, talvolta, appare ben lontana da ciò che viene raccontato dai mezzi di comunicazione. La realtà è ben lontana da ciò che i mezzi di comunicazione scelgono di raccontare. Così si consumano le tragedie umanitarie: fin quando si presentano degne di meritare i titoloni sulle pagine dei giornali, la tragedia è universale ma in pochi si chiedono veramente cosa venga dopo.

Container, assicurazioni, donazioni, promesse mai mantenute coperte però da ritorni mediatici studiati ad hoc da politici capaci di inventarsi volontari della protezione civile…Sì, ma dopo? Dopo tutto questo disperato bisogni di consenso le vittime del disastro chi le conosce più!
E’ successo già altre volte, succede tutte le volte. Già, ma questa volta ho provato a vederci più chiaro e guardare più in là, affidandomi alle parole di chi ha davvero assistito ai fatti e ora è costretto a leccarsi le ferite. Si tratta di un amico, un ragazzo che come me studia, spera e lavora per cercare di garantirsi un futuro. Sua madre abita in provincia di La Spezia e insieme a lei ha accettato di raccontarmi l’accaduto e non solo, perché di queste tragedie a noi almeno rimanga la memoria.

“Mia madre si chiama Dorotea, vive da sola accanto al piccolo paesino di Memola (frazione di Beverino, SP) assieme ai suoi tre cani.
La casa è situata sopra ad un ansa del torrente che più in su scorre ai piedi del paese. Il 25 Ottobre la pioggia aveva cominciato ad aumentare in modo preoccupante quando ad un tratto dai monti attorno alla casa, dove prima c’era un rigolo d’acqua, ha cominciato a scendere un vero e proprio torrente che aumentavano ogni minuto, raggiungendo quello che era diventato un vero e proprio fiume che invadeva il paese e le strade nella piccola vallata. L’acqua salì tanto da raggiungere la casa, portò via la macchina e distrusse le cantine (assieme a tutto ciò che vi era dentro), abbatté il muro della piccola legnaia e per poco (20 centimetri!) non invase i piani superiori, quelli abitati. Mia madre, per la paura che le acque portassero via anche la casa si sedette sul poggio dietro casa assieme ai tre cani: oramai era isolata completamente, non vi era modo d’andare da nessun’altra parte. Osservava impotente le acque distruggere in modo violentissimo tutto ciò che si trovavano di fronte, i tonfi che continuava a sentire scoprì poi essere le pietre grosse come ruote di macchina che andavo a colpire le pareti della casa; i tronchi scendevano come fossero stuzzicadenti in braccio alla corrente, mentre i pali ottagonali di metallo della corrente venivano piegati come pongo.
Dalle foto non si può capire la devastazione che ha portato l’alluvione, ma se ne può avere un’idea. Le cause sono molteplici: da una parte l’incuria del territorio che ha visto l’accumularsi in questi anni di una quantità esorbitante di legname (complice la moria dei pini marittimi causata dall’infestazione di un parassita che aggredisce i pini), senza che venisse dato il permesso ai cittadini di raccoglierlo (permettendo così non solo una maggiore cura del territorio ma anche un risparmio di finanze per chi la legna la usa per scaldarsi).
Dall’altra l’abbandono dei terreni causato dall’allontanamento dalle attività agricole da parte dei contadini, dei pastori, unito all’impoverimento del terreno causato dalla violenta cementificazione che ha rovinato il territorio ligure.
Infine non c’è stata alcuna comunicazione del pericolo effettivo di alluvione e frane, pericolo già previsto ma per negligenza non comunicato!
Quello che è stato fatto è ben poco: ora si cerca di incerottare un moribondo investito da un treno, c’è eccesso di zelo nella comunicazione allarmista di ogni evento atmosferico legata ad un ormai tardiva attenzione alla sicurezza dei cittadini nei confronti del rischio dell’isolamento, oltre all’incolumità stessa: come spesso succede si arriva tardi, troppo tardi! Il conteggio delle vittime è alto, i danni sono incalcolabili e le assicurazioni non pagano gli assicurati dei negozi che avevano una polizza che prevedeva le calamità naturali dato che, rispondono le assicurazioni: è causa dell’incuria umana!
Alla luce di tutto questo, con la scomparsa di persone innocenti,il fallimento di intere attività (alcune aperte addirittura da pochi giorni), il totale isolamento subito da persone come mia madre (tre giorni di completo isolamento dal mondo, senza parlare dell’isolamento da acqua ed elettricità di una settimana, telefono ancora non ripristinato!), la svalutazione degli immobili, i tempi di ripristino della “normale” viabilità (interminabili!), i disagi fisici e psicologici causati dalla catastrofe e il successivo degrado dopo la catastrofe, alla luce di questo e di tanto altro chiedo: se ci saranno stanziamenti che vengano spesi bene?! Se ci saranno aiuti che non vengano sperperati a caso?! Se ci saranno dei lavori che siano fatti con criteri lungimiranti?! Ora bisogna guardare avanti, poi bisognerà cominciare anche a pensare ai responsabili: catastrofi del genere non dovrebbero ripetersi ma la stupidità è recidiva, l’uomo ha sempre bisogno di farsi male per ricordarsi il pericolo e l’importanza della prevenzione.”

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