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Qualunquemente: lo specchio della politica nostrana

di Francesco Iacona

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Si ride piangendo. Questo è l’effetto di “Qualunquemente”, l’ultimo film di Antonio Albanese. Un film che è perfettamente riuscito nel suo intento: quello di farci indignare ironizzando e facendoci ridere sui mali costumi di certa politica italiana. Naturalmente bisogna considerare le ovvie esagerazioni di cui necessita un film comico, ci mancasse altro, ma i riferimenti alla realtà e all’attualità, e in alcuni casi le citazioni, non sono casuali.

Fedele riflesso della spudoratezza della classe politica italiana odierna è l’ormai mitico Cetto La Qualunque, ricco signore di un piccolo paesino calabrese che torna a casa dopo quattro anni di latitanza in Brasile. Essendo imminenti le elezioni, La Qualunque viene immediatamente candidato a sindaco, in quanto leader e maggior rappresentante di quella classe popolare votata al reato, all’illecito e al menefreghismo nei confronti della legge e degli onesti. Nasce così il PdP, il “Partito du Pilu”, lista civica fortemente orientata alla difesa della società civile, malamente interpretata da La Qualunque come l’accoglienza di giovani ragazze in topless nella propria piscina…

All’ascesa di questo squallido personaggio si oppone il povero Giovanni De Santis. Onesto cittadino e triste figura disegnata per rappresentare la poca onestà superstite all’interno della nostra società civile (quella vera), egli non riuscirà a prevalere sui brogli e gli sporchi stratagemmi dell’avversario.

La Qualunque inizia la sua campagna elettorale senza neanche un programma,  candidando un’intera flotta di parenti, rigorosamente tutti uomini e con lo stesso cognome. Nonostante tutto, raccoglie ampi consensi grazie alle sue promesse di lavoro, alle sue tangenti e soprattutto alle promesse di “pilu” («perché se c’è pilu non ci manca proprio niente!»). Ciò però non basta per vincere e così entra in gioco la figura di Gerry Salerno (interpretato da Sergio Rubini), un esperto stratega di campagne elettorali. Egli  stesso rimarrà sbalordito, ma impassibile, davanti ai metodi loschi usati dal suo cliente.

L’epilogo è sconfortante, quasi grottesco. Raffigura la vittoria del “pilu” e di tutto ciò che esso rappresenta: la spudoratezza, la sovranità di miti culturali come la bellezza femminile, il denaro, la furbizia, l’illegalità, l’assenza di veri valori culturali e civili.

Ma è proprio con quest’immedesimazione nella realtà che lo spettatore riesce a cogliere, sul grande schermo forse meglio che nei telegiornali, le immorali stranezze dell’operato dei politici che votiamo ed eleggiamo.

Si, perché purtroppo è questo il panorama politico che ci circonda, oggi più che mai. Sicuramente meno lampante e meno evidente di quello raccontato da Albanese (l’iperbole per far recepire meglio il significato del film è necessaria), ma è quello. Politici nazionali e locali, fatte le debite eccezioni, pur di sedersi sulla loro poltrona sono pronti a dire tutto e il contrario di tutto, a cambiare colore da un giorno all’altro, a corrompere e a farsi corrompere, ad utilizzare come merce il corpo delle donne, a promettere e a concedere quello che il qualunquismo e il più bieco interesse individuale ormai richiedono.

Citazioni come «Le tasse sono come la droga: se le paghi una volta poi prendi il vizio» o «Schierarsi dalla parte della legge? Ma è legale?» sono tanto grottesche quanto agghiaccianti, ma purtroppo attuali.

Non mancano neanche gli attacchi alla magistratura, ormai quasi di ordinaria amministrazione, e l’interpretazione del ruolo della donna propria di nostri governanti che hanno fatto del “pilu” (nella realtà lo chiamano “bunga bunga”) lo scopo del loro mandato politico. Nel corso della sua campagna elettorale La Qualunque, infatti, si circonda di ragazze giovani, mal vestite e dalla pettinatura improponibile e, inoltre, alla domanda sulle quote rosa non esita a rispondere: «Non sono le donne che devono entrare in politica, ma è la politica che deve entrare nelle donne!». Mostruosamente attuale, anche qui…

Quello creato da Albanese è lo stereotipo non solo del politico medio ma anche di un modo di pensare e comportarsi che sta permeando la società in maniera incontrollabile.

Perciò, è giusto andare al cinema a vedere “Qualunquemente”, è giusto ridere ed è giusto indignarsi, purché ci si renda conto che quella rappresentata nel film è un’esagerazione di qualcosa che esiste veramente.

Un pensiero su “Qualunquemente: lo specchio della politica nostrana

  • mi hai fatto venire voglia di vedere il film.voglio vedere se la fantasia supera l’assurda e isotenibile reltà.ausilia

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