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Profugopoli: il business dell’accoglienza

I migranti portano via il lavoro, vengono in Italia per delinquere, intascano 35 euro al giorno, diffondono malattie, non pagano affitto (come dice Bello Figo) e stuprano le donne Italiane. L’ emergenza migranti mette a repentaglio la sicurezza nazionale, stando a quello che dice Salvini che ha fatto della critica contro l’immigrazione il suo cavallo di battaglia. Ma purtroppo la maggior parte di queste accuse contro i migranti sono infondate, tranne quella di essere l’argomento cardine delle esternazioni di Salvini, di questo sono colpevoli. In realtà a nuocere alle casse dello stato non sono i migranti, ma gli Italiani, o meglio i filantropi italiani che tolgono i migranti dalla strada per accoglierli in lussuosi centri di accoglienza a cinque stelle, eh già, gli italiani, brava gente. Ma tra le cooperative che utilizzano i fondi statali per l’accoglienza dei richiedenti asilo, si nascondano anche veri e propri imprenditori che del no profit se ne “a-profit”.

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Profugopoli è il nome dello scandalo che coinvolge le cooperative impegnate nell’assistenza dei richiedenti asilo. Nel mercato immobiliare scende in campo un nuovo subdolo protagonista, il business dell’accoglienza.

Perché se come dice Oprah Winfrey:Il successo è la Preparazione che incontra l’Opportunità”, abili businessmen travestiti da buon samaritani, non perdono l’opportunità di cavalcare l’onda dell’emergenza immigrazione, pronti a lucrare anche sulla pelle di esseri umani.

Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati SPRAR, è basato sulla rete di enti locali che utilizzano le risorse finanziare fornite dal Ministero dell’interno attraverso il fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.

Con questo sistema gli enti locali presentano progetti di accoglienza ad appositi bandi nazionali, in cui una commissione selezionerà i più meritevoli tra i quali verranno ripartiti i fondi statali.

A fianco allo SPRAR sorge però un altro sistema di accoglienza per far fronte alle continue ondate migratorie, meno controllato e regolamentato, chiamato CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria).  Soltanto il 15% dei richiedenti asilo entra nel sistema SPRAR, più dell’80% finisce nei CAS, Strutture emergenziali intorno alle quali le prefetture fanno muro. Su circa 175mila migranti, 23mila sono negli SPRAR, 137mila si trovano nell’altra metà del cielo, i CAS, e i restanti nei centri di prima accoglienza e hot-spot, secondo i dati del Viminale dello scorso 12 gennaio.

Gli immobiliaristi non si sono fatti attendere, irrompendo sulla scena: ci sono società specializzate nel settore che fanno da tramite tra cooperative, affittuari e agenzie immobiliari che tra le varie opportunità illustrano anche la possibilità di accogliere migranti. Le case per creare i CAS sono ricercatissime dalle prefetture che necessitano di contenere il fenomeno d’immigrazione, però ad oggi non vi è nessuna trasparenza sul numero di CAS attivati, sul fatturato e sulla qualità del servizio. Chi decide d’investire sull’immigrazione fa una scelta vincente perché il mercato dell’accoglienza è in costante crescita e il bottino offerto è ghiotto, si tratta di ben 35 euro al giorno per migrante dei quali soltanto 2 euro e 50 vanno nelle tasche degli ospiti.

Un profitto assicurato privo di tassazione, trattandosi di cooperative che non sempre agiscono nel nome del no-profit, ma secondo numerose segnalazioni approfittano dello stato di emergenza e delle difficoltà da parte delle prefetture di vigilare sul loro operato per incassare i soldi nazionali. Il tutto offrendo però un servizio scadente e ospitando i richiedenti asilo in condizioni al limite della dignità umana.

Secondo la legge le prefetture dovrebbero controllare le strutture di accoglienza. Nel caso degli SPRAR esistono visite annuali che il ministero delega al servizio centrale, il quartiere generale dello SPRAR. Nel caso dei CAS, le visite sono concordate in precedenza e l’effetto è nullo.  I controlli sono scarsi anche a causa di carenza di personale: nella prefettura di Milano vengono impiegate tre persone che dovrebbero coprire 20mila posti. In Italia, quindi, oltre ad i treni, anche l’accoglienza degli immigrati viaggia a due velocità, divisa tra le strutture gestite da professionisti impegnati negli aiuti umanitari, e furbastri specializzati in truffe.

IL CASO

Si parla spesso di accoglienza e libertà, ma è sufficiente sollevare il velo dell’emergenza per scoprire che dietro il paravento del buonismo si nascondono soprattutto gli affari; denuncia Mario Giordano, direttore del TG4 nel suo ultimo libro: “Profugopoli: quelli che si riempiono le tasche con i soldi dei immigranti. Nel libro viene dimostrato come alcuni soggetti abbiano trovato nei migranti la gallina dalle uova d’ora. Tra i casi descritti viene citato Il CSFO (Centro Studi Formazione e Orientamento di Monselice in provincia di Padova).

Offre corsi professionali per diventare frigorista, in alternativa è possibile studiare da pizzaioli, ausiliari del traffico, vigili urbani e svolgere la professione che non conosce crisi: “addetti alle pompe funebri”.  Ma cosa c’entra il CSFO di Monselice con l’accoglienza?  Tra i corsi da pizzaiolo e quelli di specializzazione in “addetti alle pompe funebri” nell’estate del 2015 ha preso in gestione cinquanta migranti, incassando per ognuno di loro un contributo dalla prefettura pari a 34,89 euro al giorno. Non è corretto fare pregiudizi, ma può una SRL che organizza corsi da pizzaioli prendere in gestione cinquanta richiedenti asilo? Forse aveva esperienza nel settore oppure sarà stata vocazione solidale? Non proprio.  Magari volevano fare di quei sciagurati i becchini o i frigoristi di domani, della nuova Italia? Invece no. Dai documenti ufficiali della prefettura di Vicenza, il CSFO non risulta vincitore di nessun bando pubblico. I fondi dovevano essere destinati alla cooperativa Io con te di Quinto Vicentino vincitrice dell’appalto, che però ha rinunciato al ricco cachet di 34,89 euro al giorno. Ma i soldi son soldi, e gli specialisti delle pompe funebri non si sono fatti sfuggire il bottino, accogliendo i profughi nell’ex colonia alpina nel Comune di Schio (Vicenza), il centro di Pian delle Fugazze. Ma citando di nuovo Oprah Winfrey, il CSFO di business chiaramente se ne intende, ma purtroppo la preparazione in ambito di accoglienza è scarsa, quindi altro che successo, l’iniziativa si è rivelata un fiasco.  Alcuni consiglieri comunali del PD compiono un’ispezione il 9 settembre 2015, che sfocia poi in un’interrogazione parlamentare. Letti non sufficienti, bagni intasati, malati non curati, mancanza di vestiario e infine, per aggiungere vezzo all’ impeccabile accoglienza offerta dalla CSFO, un economico servizio di ristorazione: agli ospiti vengono dati in dotazione una forchetta, un coltello e un piatto di quelli di plastica usa e getta da usare per mesi, tanto per abbattere i costi. Peccato che il profitto netto non dovrebbe essere previsto in ambito umanitario.  Oltre ai 50 profughi di Pian delle Fugazze, il CFSO ne gestisce altri 11 a Monte di Malo e altri 20 nel comune di Valdastico, in tutto sono oltre 80, quindi fattura oltre 80mila euro al mese.

Ma che fine avranno fatto i soldi dei contribuenti, se anche nei centri di Monte di Malo e Valdastico le condizioni dei migranti accolti sono simili?  Sarebbe necessaria la trasparenza, però l’ultimo bilancio del CSFO alla Camera del Commercio risale al 2011, quando la S.r.l. ancora non si occupava di accoglienza.

Non avendo ancora stanato la gallina dalle uova d’oro, il fatturato era modesto, 117mila euro, e una perdita di esercizio di 8.375 euro.  I successivi bilanci non risultano consultabili. Semplicemente perché la società possiede l’86% del capitale vincolato nel Calvet trust, un fondo soggetto alla legge di Jersey, nota isola del canale di Manica, paradiso per le società off shore in cui non si pagano le tasse. Ecco il viaggio che fanno i soldi che passano dalle tasche dei contribuenti, arrivano alle prefetture, finiscono alle cooperative (in questo caso S.r.l.) che non offrono un servizio adeguato.

Un sistema marcio, corrotto con cui l’inferno che vivono migliaia di profughi ogni giorno, fa guadagnare il paradiso ad alcuni filantropi Italiani… paradiso del fisco, però.

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