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Priamo, Achille e l’importanza del ricordo

La sera del 31 ottobre, nell’Aula Goldoniana del collegio Ghislieri, zucche, fantasmi, zombie e vampiri hanno ceduto il posto ai grandi eroi dell’epica omerica: in scena il libro XXIV dell’Iliade, rappresentato suggestivamente da diplomati della Scuola Attori del Teatro Fraschini. Nelle vesti di rapsodi (ovvero i cantori professionisti che nell’antico mondo greco recitavano a memoria, “cucendoli” tra loro, canti ben conosciuti del repertorio tradizionale) due attori si sono esibiti in una performance che alternava lettura in metrica, scandita dall’incessante battito dei bastoni, e recitazione in italiano. Un binomio perfetto che capace di catturare l’attenzione del pubblico, invitandolo all’ascolto e all’empatia.

Protagonista della vicenda è la sofferenza di un padre che, per amore del figlio, si spoglia della regalità e bacia le mani omicide del nemico. Priamo, sovrano di Troia assediata, si fa supplice davanti all’eroe greco Achille per riavere il cadavere di Ettore e potergli tributare gli onori funebri. Di fronte alla ritrosia dell’avversario, il vecchio fa leva sul ricordo, ancora fresco, dei lutti passati: i due si ritrovano così a piangere insieme, versando lacrime amare ma sincere e purificatrici. «In questo episodio abbiamo due mondi che si incontrano e insieme soffrono» spiega il professor Cesare Zizza nel commento che segue la rappresentazione. «Prima di tutto, i due sono soli nella tenda di Achille: gli dei sono assenti, tacciono. In scena vi è solo umanità. Non c’è scontro tra greco e barbaro: i due nemici mettono da parte le rivalità e si abbracciano, un abbraccio mediterraneo, ecumenico, universale». I ricordi dei cari defunti popolano la tenda, e tra il troiano e il greco si crea empatia: un’empatia che spinge il giovane a cedere alla richiesta di un padre straziato. Ma prima della consegna è necessario un rito di passaggio: il banchetto e il sonno ristoratore. La rappresentazione si chiude infatti con l’invito di Achille a mangiare insieme e, successivamente, a riposare. Questo riferimento, apparentemente poco significativo, assume invece grande importanza: Priamo, che dalla morte di Ettore non era più riuscito a darsi pace, purificato ora dalle lacrime del ricordo può ricominciare a mangiare, a dormire – a vivere.

Ecco che in questo episodio si palesa la grande protagonista di tutta l’epica: la memoria. «Tutto il passato si fonda sulla memoria» sottolinea il professor Zizza. Fino a quando non fu inventata la scrittura e per molto tempo ancora avanti, infatti, fu solo grazie alla memoria dei rapsodi che le tradizioni poterono sopravvivere, tramandate di bocca in bocca, di generazione in generazione. Ma il rapsodo è solo un tramite, perché la memoria non si esaurisce nell’attore: fluisce nel canto in chi lo ascolta e come conclude il professore: «solo chi ricorda partecipa.
Ora ci vogliono far dimenticare guerre e orrori, ma è la Storia che ci fa uomini».

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