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Pertini, il mio presidente

“Non è necessario essere socialisti per amare Pertini, qualunque cosa egli dica o faccia odora di pulizia, di lealtà e di sincerità. Rimpiangeremo tutto di lui.” (Indro Monatanelli).

Il 24 Febbraio del 1990, all’età di novantaquattro anni, con funerali privati e successiva cremazione, passava a miglior vita il settimo presidente della Repubblica Italiana, Sandro Pertini.

“Più volte ho fatto il bilancio della mia vita, e tutte le volte sono arrivato a questa conclusione: se si avverasse per me il miracolo di Faust e mi fosse dato di ricominciare a capo prenderei la stessa strada che presi ventenne nella mia Savona e la percorrerei con la fede, la volontà e l’animo di allora pur sapendo di doverne pagare il prezzo, lo stesso prezzo che ho pagato. Così giunto al termine della mia giornata mi volgo a guardare la strada che ho percorso e mi sembra di avere speso bene la mia vita.”

Volgendo lo sguardo nella stessa direzione, verso una strada consumata e vissuta, non si può che essere d’accordo con quest’affermazione. Perché il “mio” presidente non è solo mio? Qual è il segreto del suo largo consenso, della Repubblica pertiniana, dell’appellativo “presidente degli italiani”?

Credo che il segreto della sua enorme popolarità sia la sua biografia afferma il giornalista e saggista Antonio Ghirelli, e non si può di certo contestare che abbia speso la sua vita da spettatore della stessa. Era il protagonista e il regista, la vittima e l’assassino, sempre presente a se stesso e coscienzioso, dall’ultimo saluto al compagno di lotta Berlinguer che, seppure di idee non allineate, ha ricordato come un figlio, un amico fraterno, alla carezza posata sul letto dove Gramsci ha passato la sua prigionia, al saluto ancor più umile che ha rivolto ai suoi connazionali nelle tragedie che hanno colpito l’Italia degli ’80. Sembrava che fosse ovunque, che respirasse il dolore, che avesse provato a tener ferma l’Irpinia con le sue mani, ma non ci fosse riuscito, che avesse provato a disinnescare la bomba a Bologna ma avesse confuso i fili da tagliare, e ogni volta si prostrava umilmente chiedendo scusa. Ogni incontro era spirito e presenza, tono imponente da grandi discorsi ed empatia da “ascolta come mi batte forte il tuo cuore” (Wislawa Szymborska).

Primo non democristiano e socialista eletto alla Camera dei deputati nel ’68, conquista una poltrona, dopo la fredda cella del Regina Caeli, imprigionato con Saragat senza processo in seguito ad una riunione clandestina e tirato fuori falsificando il permesso di scarcerazione grazie a Nenni e i compagni di partito. Prima ancora c’era stato il confino a Ponza, Ventotene, quattordici anni di reclusione, alle volte chiamato Nicola e alle volte Mario per sfuggire alle persecuzioni, un uomo senza nome ma col preciso volto della libertà e della fermezza, nella sua umana fallibilità. I rapporti con la madre si incrinano quando questa invia richiesta di grazia a Mussolini, è la stessa madre a cui pensava quando per la prima volta si allontanava da Savona, con l’immagine davanti agli occhi di Carlo Rosselli che si china e bacia Turati.

“Quando abbiamo visto che si muovevano nella nostra direzione ci hanno seguiti e mentre andavamo via hanno cominciato a colpirci, hanno messo dei guanti neri, con delle spranghe, con delle cinghie potrebbero essere le parole di un suo racconto degli anni ’40 e invece, purtroppo, è la narrazione di un sabato qualunque del nuovo millennio. Le parole riportate qui sopra provengono dalla testimonianza di Eleonora Forenza, europarlamentare di sinistra, aggredita a Bari da membri del partito neofascista Casapound. L’aggressione è seguita ad una manifestazione pacifica contro il ministro degli interni Matteo Salvini. Il mio presidente non considerava il fascismo una fede politica, si limitava a dire che era l’antitesi di tutte le vere fedi politiche.

Caro Sandro ci manchi, ci incatenano in quattro promesse e non abbiamo compagni che ci liberino, macchiano il tricolore ma ogni programma (elettorale) sembra non poterlo ripulire. Dico questo ai giovani, riportando le tue parole: “battetevi sempre per la libertà, per la pace e per la giustizia sociale. La libertà senza giustizia sociale non è che una conquista fragile che si risolve per molti nella libertà di morire di fame. Lottate quindi con fermezza, giovani che mi ascoltate, perché lotterete così per il vostro avvenire. Ma siate sempre tolleranti. Sì, lottate con la passione con cui ho lottato io, e lotto ancora oggi nonostante gli anni; lottate per la fede che arde nei vostri cuori. Ma io vorrei che teneste presente un ammonimento di un pensatore francese: Dico al mio avversario – io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi sino al prezzo della mia vita perché tu la tua idea la possa sempre esprimere liberamente-“.

Il 25 Settembre 1896 nasceva Sandro Pertini, compagno e uomo libero. Il 25 Settembre 2018 non lasciamo che muoia: combattiamo, la lotta per la libertà e la giustizia sociale continua.

 

 

 

 

Annamaria Nuzzolese

Nata ad Altamura. Studentessa di Giurisprudenza all'Università di Pavia. Caporedattrice dal 2019, redattrice dal 2017, ambito d'interesse: geopolitica e attualità.

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