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Pavia-Istanbul: missione compiuta!

C’è chi prova fatica anche solo a pensare di fare 2 km senz’auto per arrivare in centro a Pavia. C’è chi invece ha fatto 1235 km in bicicletta: Federico Lanza e Renato Boschetti, alla prima esperienza di cicloturismo, ci hanno provato e ci sono riusciti. Partiti da Valenza lo scorso 9 luglio – e passati anche per Pavia – sono arrivati in Turchia a Istanbul, meta del loro viaggio, dopo 35 giorni, attraversando quattro regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia) e otto Stati europei (Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia, Montenegro, Albania, Grecia e Turchia).

Le classiche preoccupazioni da neofiti di cicloviaggi hanno lasciato il posto alla voglia di pedalare e di arrivare alla meta. Non sono bastati i problemi tecnici – tra cui sette forature – e il caldo di luglio-agosto per fermarli, né una deviazione obbligata (che però ha fatto guadagnare loro 2/3 giorni sulla tabella di marcia). La situazione politica dei Paesi attraversati si è rivelata anche più tranquilla del previsto: nemmeno proteste a Istanbul dopo la rielezione di Erdoğan. Sono bastate due biciclette da corsa, modificate con portapacchi, per raggiungere il loro obiettivo – a dimostrare, come altri prima di loro hanno dimostrato, che per viaggiare in bicicletta non servono per forza mezzi esclusivi e costosi, progettati appositamente per il cicloturismo. Per viaggiare in bicicletta bastano il viaggio e la bicicletta. Un mezzo che, come ci ricorda Hemingway, insieme al pregio di non inquinare ci permette di godere molto di più un viaggio e i luoghi attraversati, molto più che con altri mezzi:

È andando in bicicletta che impari meglio i contorni di un paese, perché devi sudare sulle colline e andare giù a ruota libera nelle discese. In questo modo te le ricordi come sono veramente, mentre in automobile ti restano impresse solo le colline più alte, e non hai un ricordo tanto accurato del paese che hai attraversato in macchina come ce l’hai passandoci in bicicletta.

«Bella e dannata. Sarajevo stuprata dalla guerra» (Federico)

Federico e Renato hanno attraversato luoghi meravigliosi e indimenticabili, dove hanno potuto ritemprare mente e corpo. Nel loro viaggio però non sono mancati altri luoghi indimenticabili, o meglio che la coscienza individuale e collettiva non può permettersi di dimenticare, capaci di suscitare meraviglia per l’odio feroce e il dolore immenso che l’uomo di ogni epoca è stato in grado di provocare contro i suoi simili.

Tra piccoli paradisi e inferni del recente passato, una piacevole costante del viaggio sono state le persone incontrate da Federico e Renato. Con alcune di esse i due ragazzi hanno condiviso poche ore, oltre che cibo e un posto dove dormire. Con altre, come Rozario e la sua famiglia, hanno trascorso interi giorni, vivendo con loro e come loro nella loro casa. Tante persone meravigliose che hanno offerto loro ospitalità e la convinzione che questo mondo, almeno in parte, non è poi da buttare.

Persone che forse non avrebbero mai avuto il piacere di incontrare, in luoghi e paesaggi che certamente si sarebbero goduti meno, se avessero scelto di fare un viaggio più comodo e veloce. «Piacere della lentezza. I pedali ti permettono di andare a 20 km orari, fermarti quando ne hai voglia, ti permettono di deviare dalle strade più battute e di imbatterti in luoghi, persone e situazioni che in treno, in automobile o in aereo non è possibile conoscere», come ha detto Federico in un’intervista sul loro viaggio.

Viaggiare in bicicletta richiede però sacrifici, oltre a quelli fisici. Tanti ne avrà richiesti questa avventura, che solo i cicloviaggiatori sanno e potranno raccontarci. Un ultimo sacrificio riguarda il rientro in Italia di Federico che avverrà a fine mese, per il quale però possiamo anche noi dare una mano contribuendo alle spese di spedizione della bicicletta.

Torno in Italia il 30 agosto. La compagnia con la quale volerò, la Pegasus Airlines, non ammette il trasporto di bagagli che non siano quelli in stiva. L’unica soluzione è spedirla a Valenza con un corriere internazionale, ma sia la DHL che la FedEx chiedono (sembrerebbe) più di 200 euro. Le soluzione sono due: 1) la butto nel Bosforo, il che mi dispiacerebbe per il valore affettivo. 2) la vendo e ci ricavo i soldi per il prossimo viaggio in Vespa, ma in una città di 15 milioni di persone e altrettante macchine, andare in giro in bici non è il modo migliore se si vuole vivere a lungo.

Mi avete seguito in tanti, sicuramente più di 200. Il vostro appoggio è stato fondamentale per pedalare km dopo km con il vento in faccia. Vi chiedo un aiuto: un euro a testa, nulla di più. Il prezzo di un caffè al bar. Per riportare la bici a casa. La campagna di crowfunding #saveabike su Kapipal partirà a fine mese, giusto il tempo di arrivare a casa. I soldi saranno poi girati ad un amica di Istanbul, Yağmur, che la spedirà a Valenza per conto mio. Così avete tutto il tempo per donare e salvare una bici dall’annegamento nel Bosforo. A buon rendere. Grazie di cuore.

Nel caso in cui le donazioni sforassero la quota necessaria per la spedizione, Federico userà i soldi per rimettere in sesto la bici dopo il lungo viaggio. E per rimettere a posto anche una vecchia Vespa sulla quale immagina il prossimo viaggio (a motore, ma sempre a due ruote, come il mitico viaggiatore Giorgio Bettinelli). Forse anche aprire un proprio sito, sul quale potremo seguire le prossime avventure. Tutto dipende dalla nostra generosità – e siamo sicuri che saranno soldi ben spesi.

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