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Pasticceria e pedagogia in “Le retour du train”

Le retour du train, di Sara Grimaldi, è un film che si gusta col palato, assaporando ogni piccola scelta artistica ed estetica che ha contribuito a confezionare una storia semplice e dolce come un cioccolatino. I 25 scorrevolissimi minuti del film ci regalano un villaggio francese durante gli anni ’60 imprigionato in una bolla di sogni, finzioni e aspettative. La notizia del presunto ritorno di un treno in città è motivo di gioia per un piccolo paesino isolato e che punta tutto quindi sul ritorno dei lavoratori, dei pendolari e dei turisti. Se questo ritorno si avveri o meno (e in che modo) è secondario. Ciò che conta è la declinazione del villaggio nelle sue molteplici personalità, ognuna con un proprio ruolo, ritmo e colore (impossibile credere che la scelta dei costumi sia casuale). Per i francesi quello dei villaggi è un topos narrativo ricorrente e pure un po’ inflazionato (mi viene in mente Asterix ma è solo la punta dell’iceberg), eppure la psicologia che la (italianissima) Grimaldi ha scolpito su ogni personaggio si incastra perfettamente nella quotidianità dei piccoli gesti e nelle maschere, quasi da commedia dell’arte, che i cittadini indossano senza quasi rendersene conto. In tutto questo, solo il personaggio di Sophie (Lisa Cipriani), con la sua naturalezza, solarità e pure un po’ di ingenuità, emerge dalle piatte speranze dei suoi compaesani per essere lei stessa una speranza. Si assiste in questo modo a un continuo gioco di rimbalzi e passaggi tra disillusi e speranzosi dove a vincere sono i più testardi (di entrambi gli schieramenti).

Due menzioni speciali a Gérard Chaillou e a Claire Corlier, rispettivamente il sindaco e la madre di Sophie. Se il primo interpreta un personaggio dinamico nella sua statica (e ingenua) superficialità, la seconda, quasi da contrappasso è uno statuario baluardo che sa adattarsi agli imprevisti e alla novità. Il tutto è contornato da una fotografia luminosa e, allo stesso tempo, vagamente sfocata, che contribuisce a immergere lo spettatore in un passato anche visivo di certe foto d’altri tempi.

Peccato soltanto per un finale leggermente affrettato che pur rivelandosi soddisfacente non ci illumina, perlomeno direttamente, sul destino di alcuni personaggi che avremmo voluto vedere su schermo ancora un po’. Ma, a parte queste piccole scelte di scrittura, Le retour du train è un delizioso e divertente racconto della vita di comunità di una volta, arricchito da uno sguardo pedagogico sempre attuale.

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