Cultura

Paolo Nidasio: un diario senza confini

di Erica Gazzoldi

 

A volte, le abitudini entro cui si è cresciuti non bastano. Fa capolino il bisogno d’interrogarsi sui propri desideri, sulla futilità stessa di cose che sembrerebbero scontate: una bella auto, una bella casa, lo stomaco pieno. Milano è ricca di tutto ciò: in un certo senso, è la quintessenza del benessere consumistico, perlomeno per chi se lo può permettere. Ma l’essere umano non si appaga sempre di palliativi alla fatica di vivere. Per sostenerla, ha bisogno di motivare tanto il dolore quanto l’entusiasmo. Può capitare, dunque, che un giovane possa interrogarsi sul senso della vita materiale, leggere i classici indiani e trarne ispirazione per la propria vita, trasponendo il tutto in musica. Paolo Nidasio (28 anni) ha cantato a Pavia il 24 maggio 2012, presso il circolo “Via d’acqua” (ex “Commons”). Lo scopo era presentare il suo primo disco solista Diario di viaggio, realizzato nell’ambito del progetto “Agni” (termine sanscrito per “fuoco”). Questo elemento ritorna nei testi di Nidasio, che lo predilige come simbolo di calore, energia indomabile. Agni, appunto, è il titolo di una canzone. La raccolta prende il nome dal primo brano; sono in tutto dieci, attraversati dal desiderio di riflettere sulla precarietà dell’esistenza (Tutto muore; Anime), sull’amore (Fragile piacere), sulla necessità di fare scelte (Insicuro; Sei tu). Meditazioni che si svolgono meglio sotto La pianta dell’eremita. L’accompagnamento è melodico, lineare. Nidasio suona la chitarra acustica e l’armonica, prendendo in prestito le note del sitar, in sottofondo. Si inseriscono nella trama i cori di Stefania Moreo (Diario di viaggio; La pianta dell’eremita; Anime).
Nella sua attuale attività di cantautore, Nidasio si vale dell’esperienza come chitarrista in diversi gruppi rock. Il disco è un omaggio alla vita, a Dio e a Swami Srila Prabhupada, colui che, negli anni ’60-’70, compì l’ “impresa impossibile” di portare la filosofia vedica indiana e il mantra “Hare Krishna” in Occidente. Nel libretto viene citata la Bhagavad-Gita, l’essenza dei Veda, appunto. Essa narra una grande battaglia, quella di ciascun uomo. Questa quotidiana fatica (racconta Nidasio) è soprattutto il continuo interrogarsi sulle ragioni del proprio modo di vivere, le stesse per cui esiste l’universo materiale. Le canzoni di Nidasio non confezionano risposte, ma lanciano domande. In questa accezione, sono il diario di un viaggio: “lo stesso di chi cerca il senso dell’esistenza” spiega il cantautore. Un simile percorso non può limitarsi entro confini. Il pensiero dell’uomo scardina le carte geografiche, è etereo come la musica. Al punto da portare l’India nel cuore di Milano o nella penombra d’un circolo pavese.
Diario di… è il viaggio nella Verità, la realtà di ogni essere umano, nella consapevolezza che, anche durante la sofferenza, “nessun’arma può troncare l’anima” (dalla Bhagavad-Gita così com’è di S. Prabhupada).

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