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Okja – Il monster movie animalista di Bong Joon-ho

Difficile catalogare Okja, l’ultima fatica del visionario – aggettivo per una volta davvero appropriato – regista sudcoreano Bong Joon-ho. Prodotto da Netflix e presentato in concorso a Cannes 2017, dove è finito coinvolto nella diatriba tra il festival e il colosso dello streaming  dunque con zero chance di vittoria già in partenza – Okja è sembrato fin da subito subito il film sbagliato nel posto sbagliato. In effetti la mancata distribuzione nei cinema può considerasi un handicap per una pellicola visivamente davvero spettacolare, che avrebbe senz’altro meritato di essere vista da tutti sul grande schermo. Perché, in fondo, la chiave di Okja, quella che lo riscatta anche dai suoi difetti (su tutti una certa discontinuità di ritmo), è questa: la volontà di raggiungere la mente e il cuore del maggior numero di persone.

okja-trailerLa storia, semplice e dai contorni fiabeschi, dell’amicizia tra un bambino e una creatura non umana, ovviamente non è nuova (si pensi a E.T., subito invocato dalla critica come principale fonte d’ispirazione insieme all’animazione di Hayao Miyazaki), ma quella tra l’orfanella Mija e il suo enorme e intelligentissimo “super maiale” – uno strano incrocio cane-ippopotamo realizzato in laboratorio e testimonial designato della spietata Mirando Corporation, multinazionale che punta a promuovere un nuovo tipo di carne prodotta industrialmente – sa davvero divertire e commuovere allo stesso tempo. Il racconto della loro vita, insieme al nonno, tra le montagne della Corea del Sud, è pura poesia e le loro avventure sono esilaranti (memorabile l’inseguimento nel centro commerciale della metropolitana). Si tratta dunque di un film per tutta la famiglia? Non proprio. Il tono leggero della prima ora lascia il posto ad una seconda parte ambientata a New York, in cui emerge un’inquietante distopia dai tratti grotteschi che sembra uscita direttamente da un libro di George Orwell. La satira feroce, nei confronti sia delle multinazionali “cattive” – ormai uno stereotipo dei nostri tempi – sia dei bizzarri attivisti animalisti, diventa via via sempre più palese, ma a rimanere impresse sono le scene quasi a tinte horror all’interno del mattatoio, che condurranno ad un finale dolceamaro che forse riporterà alla mente l’incubo dei campi di concentramento nazisti e non mancherà di strappare qualche lacrima.

_KF13116.NEFIl cast è tanto variegato quanto brillante: la migliore, al solito, è una Tilda Swinton che qui si esibisce nell’ennesima trasformazione della sua carriera, vestendo i panni sia della biondissima e diabolica CEO della Mirando Lucy (il modello per il ruolo pare sia stato Ivanka Trump) sia della sua ancor più spregevole sorella gemella. Bravissimi anche la giovane protagonista Ahn Seo-hyun e Paul Dano, elegantissimo leader di un’improbabile gruppo di attivisti radicali denominato Animal Liberation Front. Forse troppo sopra le righe invece il cinico e macchiettistico presentatore televisivo interpretato da Jake Gyllenhaal. Ma a rubare la scena a tutti è il tenero faccione di Okja (un autentico miracolo di CGI: c’è forse un discorso metacinematografico nell’idea di creare artificialmente un “mostro” che piaccia alle persone?), tanto timido quanto simpatico, e da lui infatti scaturiscono le gag più riuscite del film.

OKJA_Unit_13225_RParlata in inglese e coreano («Never mistranslate. Translation is sacred», dirà Jay/Paul Dano, e infatti una traduzione erronea innescherà la seconda metà del film), Okja è un’opera allegorica dalle molteplici anime, un ibrido di generi proprio come l’ingombrante creatura che le dà il nome, magari non perfetta, ma senza dubbio genuina (del resto «you can’t fake these emotions», come sostiene l’ambiguo dr. Johnny di Gyllenhaal). Certo, c’è un chiara invettiva contro le derive del capitalismo, e c’è l’invito a meditare su argomenti quali i diritti degli animali e l’ingegneria genetica, ma non sarebbe corretto parlare (solo) di film “politico”. Bong Joon-ho e il co-sceneggiatore Jon Ronson (giornalista e vegano convinto) esprimono, senza snobismo o toni accusatori, tutta la loro sincera preoccupazione per un mondo apparentemente indifferente alle crudeltà commesse contro gli animali destinati al macello, inserendola in una storia che funziona a più livelli, non ultimo quello dell’action movie per ragazzi. Okja chiude di fatto un’ideale trilogia sci-fi iniziata con The Host (2006), nel quale un orrendo mostro nato nelle acque di un fiume inquinato seminava il panico per Seul, e proseguita con Snowpiercer (2013), thriller distopico ambientato in un mondo colpito da una catastrofe climatica che ha provocato una seconda era glaciale. Il tema ecologista è dunque il vero trait d’union dei film di fantascienza di Bong Joon-ho, che conferma di essere uno degli autori più importanti degli ultimi anni grazie alla sua capacità di maneggiare in maniera originalissima un genere oggi più che mai popolare per veicolare temi molto delicati della nostra attualità e per comunicare un messaggio ben preciso. E il messaggio è fermarsi a riflettere, anche solo per un attimo, su ciò che stiamo facendo al nostro pianeta. Sì, come in ogni fiaba che si rispetti, anche in Okja c’è una morale, una di quelle che non possono lasciare indifferenti.

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