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Nolan, il tempo e la sua manipolazione

Il cinema, il fare cinema, ha da sempre uno stretto contatto con il tempo. Nel cinema il tempo viene modificato, manipolato. Il tempo del cinema non è il tempo della realtà. In un film possono accadere in 10 minuti molte più cose di quante ne possano accadere in 10 minuti del tempo reale. È diversa la percezione del tempo, è diversa la struttura. Continuità e ordine temporale sono un lavoro di montaggio, è l’atavica differenza tra fabula ed intreccio, rilocalizzata in un nuovo media che la esalta ed intensifica.

Christopher Nolan è un regista che manifesta fortemente questo dialogo continuo e controvertibile fra cinema e tempo. Nolan ha un profondo rapporto col tempo, quasi un’ossessione. Il tempo è un elemento costante nei suoi film, è una presenza che agisce su tutto ciò che sta attorno, è la variabile fondamentale che modifica, manipola, ordina e disordina tutto ciò che avviene, o ciò che sembra avvenire. Nel suo percorso cinematografico il regista inglese ha dato al tempo un ruolo e uno scopo diverso, film dopo film, negando il tempo reale attraverso la non-linearità della sua temporalità cinematografica alterata.

– Memento (2000)

Il tempo è il cardine centrale attorno al quale ruota l’intero film, la linea temporale viene manipolata, disgregata e ricomposta poi dal regista in una doppia discontinuità convergente. Per mezzo del montaggio la linea temporale viene resettata ogni 15 minuti e viene riordinata in una continua alternanza tra eventi cronologicamente opposti, è la soluzione decisa dal regista per ricalcare il disagio del protagonista che soffre di costanti vuoti di memoria, per far percepire dallo spettatore il medesimo disagio. Il problema quindi non è più solo del protagonista ma di tutti coloro che seguono le vicende, le coordinate temporali mentali si perdono nel tentativo di ricostruire un ordine coerente, fino al punto centrale, il punto di incontro tra le due linee convergenti, il momento finale.

Memento(600)

– Insomnia (2002)

In questo caso il tempo viene bloccato, arrestato, lo scorrere del tempo viene negato ed il tempo diventa immobile. Esiste solo il presente, il presente di un giorno che non finisce mai perché viene a mancare la abituale scansione veglia/sonno e il presente infinito di un sole che non tramonta mai, un presente ossessivo e ossessionate. Dopo la sperimentazione stilistica di Memento il regista segue un approccio più tradizionale ma nuovamente funzionale alla storia, anche in questo caso la struttura è coerente con la situazione del protagonista che soffre di insonnia.  Se nella pellicola precedente abbiamo un percorso labirintico alla ricerca della linearità, qui abbiamo troppa chiarezza e troppa luce, e la luce dell’infinito giorno artico sembra essere così forte da far perdere agli occhi la giusta capacità di mettere a fuoco le cose, così come l’insonnia fa perdere la lucidità. In questo modo tutto il percorso della trama si sviluppa come fuori fuoco, in una lotta deformante tra personaggi tanto simili da sembrare ombre diverse di una stessa sagoma.

Insomnia

– The prestige (2006)

Centrale è, nuovamente, il montaggio, il modo in cui il tempo viene manipolato e ricostruito. La storia viene intrecciata in un percorso a scatole cinesi, una costruzione a incastri come se fosse un puzzle. Il regista crea una orditura di flashback che si conseguono e si concatenano sovrapponendosi gli uni sugli altri. Viene a formarsi in questo modo un vero e proprio enigma, il gioco di prestigio non è solo nella trama ma anche nell’intreccio, nella struttura stessa del film. La relazione tra prestigiatore e illusionista si crea fin dal principio, con la spiegazione del modo in cui si costruisce un gioco di prestigio, la promessa, il colpo di scena e il prestigio sono anche le tappe della struttura della pellicola. Lo spettatore assiste alla magia e il trucco viene infine svelato, contrariamente alle convenzioni dei giochi di prestigio, ma allo stesso modo, una volta finito il gioco si ritorna nell’ordinarietà, come al termine dell’esibizione del prestigiatore, quando l’illusione della magia finisce.

Prestige(600)

– Inception (2010)

Il lavoro sulla temporalità riguarda, in questo caso, la percezione del tempo del sogno. È un tempo dilatato, un tempo che scorre con velocità differenti con salti e digressioni, momenti di vuoto e momenti di sospensione, un tempo che perde ogni ordine e linearità. Come i protagonisti viaggiano attraverso i sogni, così lo spettatore è costretto a muoversi attraverso sequenze di cui è incerta l’appartenenza alla realtà o al sogno. Il tempo onirico, secondo studi scientifici, scorre esattamente come il tempo reale, Nolan sfrutta la percezione distorta che ne abbiamo al risveglio, ricostruendola nella durata del film. Il regista torna dopo Memento a ricreare una sorta perdita dell’orientamento nello spettatore, lo smarrimento temporale e spaziale è coerente con l’ambiguità tra realtà e sogno. Abbiamo nuovamente, quindi, una soluzione che ricerca la coerenza tra contenuto e struttura, tra il contenuto e il modo in cui il contenuto stesso viene mostrato al pubblico.

Inception (600)

– Interstellar (2014)

In Interstellar la direzione dello sguardo sul tempo cambia nuovamente, si passa ad un nuovo punto di vista, ad una nuova tappa del percorso. Il tempo non è più considerato solo nel suo scorrere, il lavoro non è solo la manipolazione della linearità. Il tempo diventa una dimensione attraverso la quale il protagonista viaggia. Il tempo si concretizza, prende forma, diventa qualcosa di percepibile e esplorabile. Ciò che permette di viaggiare fra le galassie nello spazio, che fa da ponte tra una galassia e l’altra, è un tunnel spazio-temporale, l’attraversamento del tempo è letterale. Il tempo diventa così un protagonista i cui effetti agiscono sui personaggi e sugli eventi stessi della trama, si modifica pianeta dopo pianeta che il protagonista incontra, causa conseguenze. Il concetto del tempo viene affrontato, diventa concreto e assume persino una dimensione solida.

Interstellar(600)

– Dunkirk (2017)

Il regista rinuncia alle strutture complesse e alla volontà di disorientare il pubblico, senza però discostarsi dalla propria ossessione tematica che anzi, ancora di più, diviene centrale, fondamentale elemento portante. Il tempo scorre attraverso tutta l’opera, il film si disgrega in un trittico di linee narrative differenti a cui corrispondono altrettanti archi temporali, il montaggio trasla tra una linea e l’altra in una continua alternanza non lineare. L’unità di tempo viene frammentata senza perdere mai la conformazione di un unico flusso unitario, un flusso però sincopato e dai ritmi non convenzionali. Ma il tempo scorre, corre, sottostante tutta l’opera anche grazie al ticchettio dell’orologio in sottofondo che aumenta l’ansia dei secondi che velocemente passano mentre viene inseguita una salvezza difficile da raggiungere, anche in questo caso diventa una presenza. Il tempo diventa l’ansia e la paura del tempo della guerra, un tempo che corre continuamente alla ricerca di una via di fuga che non sempre esiste.

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