Attualità

Nobel: gli “Straordinari” tra gli “Ordinari”

Cosa ci rende unici? Quali qualità dobbiamo “dimostrare” per non passare inosservati agli occhi degli altri? L’“unicità” è un fatto innato che ci portiamo dietro dalla nascita o è qualcosa che sviluppiamo non appena entriamo in contatto con il mondo e con gli altri? Perché certi spiccano tra la folla mentre il resto di noi è “ordinario”? Perché determinati scrittori, ricercatori, medici si rivelano tanto, appunto, “unici” da ricevere un premio Nobel?
Perché Bob Dylan e non Haruki Hurakami? O Francesco Benozzo, nostro connazionale? O, perché no, quelli sempre nominati e mai riconosciuti come ad esempio Philip Roth?

È il 13 ottobre 2016, è ufficialmente iniziata la giornata di proclamazione del vincitore del premio Nobel per la Letteratura; l’aria è ricca di attesa e aspettative, c’è chi scommette su un candidato chi su un altro, la gente aspetta con ansia di vedere chi verrà scelto dall’Accademia di Svezia (organo che si dedica all’assegnazione di tale titolo). Vent’anni dopo la prima candidatura, è Bob Dylan ad aggiudicarsi il premio Nobel, ricevendo enorme entusiasmo da parte del pubblico, nonché da colleghi e altri personaggi famosi. Mentre una “stella” spicca tra le altre, un’altra ci abbandona portandosi con sé il suo sarcasmo, la sua risata e lasciandoci di lui “solo” ricordi e le sue famosissime opere drammaturghe: Dario Fo.

Uomo di teatro, scenografo, paroliere e tanto altro ancora, Fo si è spento all’età di 90 anni, ricongiungendosi così alla sua amata Franca (Rame) che, tre anni prima, lo aveva lasciato. Ben diciannove anni fa, quest’uomo dall’aspetto simpatico e un po’ “buffo” è riuscito a conquistare l’attenzione della commissione svedese, portando nel Bel Paese il premio Nobel per la Letteratura (1997). Famoso per i suoi testi teatrali satirici di carattere prettamente sociale e politico non si è mai arreso di fronte a questioni come la lotta contro la droga e le varie questioni politiche relative agli ultimi anni del ‘900. Anticlericale e anticonformista, la sua personalità è sempre comparsa tra le righe delle sue opere.

A distanza di quasi un ventennio, adesso, si presenta sul “palcoscenico” del premio Nobel un altro vincitore, diverso per molti punti di vista da quel “pazzo” rivoluzionario capace di inventare una lingua che solo lui poteva esprimere e spiegare, quell’attore, maestro di vita affezionato tanto al teatro quanto alle questioni più fragili degli anni di piombo.Sorge di conseguenza una domanda in relazione al premio Nobel: cosa rende una persona “giusta” o “adatta” ad un titolo di tale importanza? Può esserci una correlazione tra un vincitore e l’altro?

Alfred Nobel, l’ideatore del premio, lasciò nel suo testamento le direttive da seguire, i criteri di cui tener conto durante l’assegnazione del premio che, è importante specificarlo, non viene deciso nel giro di qualche ora ma, anzi, porta con sé un lungo procedimento. Da febbraio a ottobre una commissione valuta i candidati che “ nel corso dell’anno hanno conseguito risultati degni di nota e che hanno apportato considerevoli benefici all’umanità”; esistono diversi tipi di premi Nobel per i diversi campi di assegnazione ( fisica, chimica, letteratura, medicina, mantenimento della Pace tra gli Stati). Cinque onorificenze per cinque personaggi diversi tra loro per personalità, lavoro e scopi; cinque vite tirate in ballo e premiate per il loro impegno costante nel rendere questo mondo un po’ più vivibile, migliore.

Ed è qui il passaggio dall’ “ordinario” allo “straordinario”, è questo che probabilmente il Premio Nobel aspira a fare; scovare tra la moltitudine coloro che si alienano dal mondo corrotto e in perenne contrasto per perseguire scopi più elevati, attraverso la ricerca, lo studio, le giuste ideologie. Lo “straordinario” riceve il titolo per il fatto che, probabilmente, la sua vita intera è stata dedicata alla ricerca di un riscatto nei confronti di coloro che percepiscono il mondo come un luogo in cui la lotta per il potere, l’avidità, il desiderio di prevalere sugli altri e la violenza rendono sovrane. La straordinarietà, che attenzione non è sinonimo di intelligenza, sta proprio nel non arrendersi di fronte alle crudeltà del mondo ma anzi, cercare di superarle, oltrepassarle continuando a cercare nuove cure, soluzioni, sperimentando nuove possibilità, alleviando il dolore o approfondendo la cultura grazie all’arte della Letteratura.

A nostra insaputa, probabilmente, di premi Nobel ne è pieno il mondo basta pensare a quante persone mettono in pericolo la propria vita quotidianamente, o quanti dedicano la loro intera esistenza nella speranza di trovare, tra le quattro mura del loro laboratorio, una risposta a ciò che cercano. C’è poi chi, inconsciamente, riesce a “salvare” qualcuno anche scrivendo una frase, una parola, su una semplice pagina bianca.

Ordinari e Straordinari, così, si mischiano nel grande caos della vita, alcuni sapendo di essere speciali altri vivendo senza questa certezza; gli straordinari prendono ispirazione dagli ordinari per essere continuamente motivati nel loro cammino e così fanno quest’ultimi traendo ispirazione dai loro idoli per cercare di non annegare. Il premio Nobel in tutto questo continuo scambio di “compiti” ha il ruolo di gratificare gli Straordinari, i quali a loro volta non possono far altro che ringraziare gli Ordinari che, alla fine, si rivelano come il motore di tutto il sistema… e si sa, senza motore la macchina non paritrà mai.

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