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No Tap, né qui né altrove

Lo scorso 28 ottobre dal mare di San Foca, località costiera in provincia di Lecce, si è levato un forte vento di cambiamento.

Riuniti in un sit-in presso il Lungomare Matteotti, in tantissimi hanno manifestato contro le false promesse dei pentastellati, che alle porte delle elezioni avevano garantito la sospensione dei lavori per la costruzione del gasdotto Tap. Con il M5S al governo quest’opera in due settimane non si farà più, aveva annunciato Alessandro Di Battista durante un comizio, mentre le dichiarazioni dell’attuale premier Conte avallano la costruzione dell’opera, la cui sospensione comporterebbe venti miliardi di euro di penali da pagare, delle quali il leader del Movimento, Luigi Di Maio, sostiene di essere stato tenuto all’oscuro.

Non si fa attendere la risposta dell’ex ministro Pd dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che afferma: Di Maio si sta comportando da imbroglione, come su Ilva. Non esiste una penale perché non c’è un contratto (fra lo Stato e l’azienda Tap) ma, in caso, una eventuale richiesta di risarcimento danni, visto che sono stati fatti investimenti a fronte di un’autorizzazione legale. (…) Di Maio sta facendo una sceneggiata e sta prendendo in giro gli elettori ai quali ha detto una cosa che non poteva mantenere.

Servendosi della battaglia No-Tap, il Movimento Cinque Stelle ha avuto in Puglia un incredibile successo elettorale. Ecco che gli attivisti salentini, coordinati dal Movimento No-Tap, di fronte alle false promesse venute a galla, si scagliano contro i seguaci di Grillo, chiedendo le dimissioni immediate non solo di Di Maio, ma di tutti i ministri eletti, tra cui Barbara Lezzi, che ha assunto nella campagna contro il gasdotto un ruolo di primo piano.

L’atteggiamento camaleontico dei pentastellati rende palesi gli inevitabili limiti della politica grillina del cambiamento, la quale sembrerebbe manifestarsi esclusivamente nelle piazze mentre inneggiano alle chimere inseguite da ogni bravo ambientalista, ma che, nella realtà dei fatti, si scontra con gli interessi economici di uomini d’affari molto più influenti del nostro Vice Premier.

Pertanto, se i pentastellati  alzano bandiera bianca, a cantare vittoria sono tutti coloro che nutrono un profondo interesse nel sottrarre alla Russia di Putin il monopolio della fornitura del gas.

Nel caso di San foca, la scintilla della manifestazione di protesta ha assunto i caratteri di un vero e proprio incendio, provocato dall’incenerimento della bandiera del Movimento e di un manifesto con i volti dei parlamentari. Tuttavia, nonostante le proteste ed il malcontento della popolazione locale, la costruzione dell’opera è giunta ormai vicina al suo completamento.

Il progetto TAP prende vita nel febbraio 2013 (all’epoca dell’allora Governo Monti) a seguito di un accordo intergovernativo firmato da Italia, Grecia e Albania per la realizzazione del gasdotto, grazie all’iniziativa dell’azienda svizzera Elektrizitäts-Gesellschaft Laufenburg (Egl), ora denominata Axpo.

TAP è l’acronimo di Trans-Adriatic Pipeline, con cui s’intende un gasdotto che, con 4,5 miliardi di investimento, servirà a portare in Europa il gas estratto in Azerbaigian dai giacimenti sotto il fondo del mar Caspio, attraversando Grecia, Albania e Italia. Si tratta del cosiddetto Corridoio Meridionale del Gas, fondamentale nella strategia energetica europea, poiché permetterà la diversificazione dell’approvvigionamento energetico, che ora dipende dalla Russia, e l’integrazione del mercato dell’Unione.

Il terminale di ricezione (PRT), da cui partirà il collegamento alla rete nazionale del gas, sorgerà proprio a nove chilometri dalla costa di San Foca, località turistica premiata con la Bandiera Blu Europea e le 5 Vele di Legambiente.

Nel 2014 il ministro dell’Ambiente Galletti ha firmato il decreto di compatibilità ambientale (Via), nonostante la forte opposizione riscontrata nella popolazione locale e nel presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il quale suggerisce di spostare l’arrivo del gasdotto vicino alla zona industriale di Brindisi.

Il progetto TAP, infatti, potrebbe fortemente danneggiare le attività principali della regione, agricoltura e turismo, dal momento che la sua realizzazione comporta l’espianto di ulivi millenari, il cui spostamento potrebbe essergli letale a causa della difficoltà di adattamento al nuovo ambiente e della malattia parassitaria, la Xylella fastidiosa, che da anni mette a repentaglio la vita degli ulivi nel territorio.

Inoltre, uno dei motivi principali alla base dell’opposizione del Movimento No-Tap è il rischio altissimo per la salute della popolazione locale, connesso alle emissioni della centrale di depressurizzazione. Tutto ciò inciderebbe, infatti, sulla salute già precaria degli abitanti di un’area italiana che registra uno dei più alti tassi di tumore al polmone in Europa, a causa dell’esposizione alle emissioni di Ilva e Cerano.

Per ora, le richieste dei manifestanti sembrano essere inascoltate dai vertici, ma i No-Tap annunciano che la protesta non si fermerà e sono pronti a bloccare l’inizio lavori, continuando ad urlare a gran voce lo slogan: No Tap, né qui né altrove.

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