Letteratura

Nella testa di una jihadista

Un’inchiesta shock sui meccanismi di reclutamento dello Stato Islamico”: questo è ciò che appare scritto sulla copertina di uno dei reportage giornalistici più sconcertanti dell’ultimo periodo. Un libro forte, amaro, che fa riflettere; un’inchiesta avvincente, dal ritmo serrato, un racconto di fatti terribilmente reali. Si tratta di “Nella testa di una jihadista”, pubblicato dalla giornalista francese Anna Erelle.

Siamo nel marzo 2014, quando l’emiro jihadista Abu Bilel, braccio destro francese del califfo dell’IS Abu Bakr al-Baghdadi, che oggi vive in Siria, contatta il falso profilo Facebook della giornalista, che lei abitualmente utilizza per entrare in contatto in maniera informale con i giovani francesi che tentano di diventare foreign fighters. Bilel si rivolge alla Erelle considerandola una giovane, inesperta musulmana e vuole indagare sulla sua vita. Anna non risponde subito, anzi, all’inizio ignora i messaggi dello jihadista. Poi, spinta dal proprio intuito giornalistico, capisce di avere tra le mani un’ottima occasione per raccogliere informazioni sui meccanismi di reclutamento dell’IS e risponde a Bilel. Fingendosi Melodie, una giovane smarrita, una ventenne che trova conforto nell’Islam, una ragazza ingenua, inizia la sua corrispondenza con lo jihadista, incurante dei rischi che sta correndo. Ed ecco che Bilel subito le racconta della sua sconvolgente vita divisa tra Siria e Iraq, dedita alla carneficina degli occidentali infedeli; la incita, fin dal principio, a trasferirsi nello Stato Islamico, le promette un futuro ricco e felice accanto a sé, come sua moglie. Colpisce la scioltezza con cui Bilel passa dai terribili racconti di massacri e uccisioni alle dolci dichiarazioni d’amore per la giovane. Appare subito chiaro lo sdoppiamento Melodie-Anna: mentre la prima cede alle avances di Bilel, la seconda, con grande raziocinio e freddezza, fa risaltare agli occhi del lettore tutte le contraddizioni dell’uomo, accecato dalla religione con la quale tenta di illuminare altre giovani vite.

Con un linguaggio forte ed efficace, in una narrazione senza respiro, che non permette attimi di riposo al lettore, la Erelle mette in luce la crudeltà verso il prossimo che caratterizza lo Stato Islamico, la noncuranza con cui esso spinge giovani vite ingenue e indottrinate al martirio, il meccanismo subdolo ma efficace di reclutamento e adescamento di ragazzi troppo inconsapevoli. La giornalista racconta con realismo un fenomeno molto diffuso in Francia, Belgio e Regno Unito, che tuttavia sta coinvolgendo l’intera Europa, Italia compresa. Sempre più numerosi sono i foreign fighters giunti dal vecchio continente, ma non solo, che, in nome di Allah, si schierano con i jihadisti, falsi musulmani, dai quali la maggior parte della comunità islamica prende le distanze.

A causa delle gravi accuse rivolte al popolo della jihad, Anna Erelle oggi vive sotto scorta, cambia continuamente abitazione e numero di cellulare. Vive nel terrore, dopo che i “combattenti per la fede”, una volta scoperta la sua falsa identità, hanno scagliato contro di lei una fatwa, una sorta di minaccia di morte, attraverso la quale tutti i buoni musulmani sono caldamente invitati a uccidere la giornalista, in nome delle offese da lei recate ad Allah.

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