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Nebbia sul Fortunati. Quarta sconfitta casalinga consecutiva per gli Azzurri

 

di Fabio Muzzio

 

Nebbia in Val Padana è la canzoncina che mi ronza in testa dalla mattina. Anche perché la nebbia c’è e Cochi e Renato meritano sempre la massima considerazione. Verrebbe proprio voglia di parlare del duo comico, del poeta e il contadino, di Enzo Jannacci e del Signor G.G. Altro che del Pavia!

E poi cosa mi dicono in redazione? Lo sforzo è immane, come quello dei tifosi, che compiono ogni domenica un atto di fede calcistica meritevole di ben altri risultati e considerazione.

Quattro sconfitte consecutive in casa non riesco a ricordarmele. E vado allo stadio da quando non pagavo ancora sull’autobus (per ragioni di altezza sia chiaro). E cosa vi racconto? Che dopo sette minuti Falco ha regalato l’illusione con una punizione a girare di gran classe? Che i tifosi speravano di interrompere una striscia negativa così lunga da sembrare quella di una famosa carta igienica? Meglio non buttarla in pubblicità, perché il prodotto migliore sarebbe quello per combattere la cattiva digestione.

Torniamo, dunque, alla partita.

Il Benevento, dopo la Pro Vercelli, regala una lezione di calcio a un Pavia che da domenica sera è penultimo in classifica. La magra consolazione è data dal Foligno che è messo peggio. I giallorossi ospiti, che schierano sulla sinistra l’ex azzurro e pavese Marco Candrina, ci mettono poco a rimettere le cose a posto: dopo otto minuti gli viene concessa una punizione dubbia dal limite: Pintori picchia verso la porta, Facchin (ma che combini?) respinge male il pallone proprio sui piedi di Cia che, da solo, pareggia.

Sembra di rivivere l’incubo con i vercellesi: la compagine campana gioca al gatto con il topo ed appare evidente che sia più forte, anzi molto più forte (e dirlo ci costa un Perù). I pavesi cominciano a fare squit squit, correndo male e a vuoto.

Il gol si annusa non solo nell’umidità e arriva con un’azione ben orchestrata, quasi da pallanuoto: ti tic ti toc, dicevano in altri tempi, e palla a girare fino a quando non si trova sul piede di chi ha lo specchio della porta libero: il piede è quello destro di Vacca, la sassata è verso l’angolino alla sinistra di Facchin; il portierone azzurro, questa volta esente da colpe, respinge, ma Cia, sempre da solo davanti alla porta (ma come è possibile?) fa 2-1.

I tifosi hanno già capito, e mancano dieci minuti alla fine del primo tempo: si perde anche oggi.

Il Pavia qualche occasione se la crea e il palo esterno di Marchi poteva aver miglior sorte. Pergolizzi nella ripresa cerca di mescolare le carte e si vede, per la prima volta, Radoi. Nemmeno Veronese, invocato a gran voce dai tifosi, riesce a cambiare l’inerzia, ma “Il Biondo” meriterebbe forse più di uno scampolo, vuoi per l’esperienza e vuoi per la tecnica.

Il risultato, però, non cambierà più.

Il cronista, cari lettori giunti fin qui, la vede dura. E a dirmelo è l’esperienza degli anni passati da quando l’autista mi diceva che non pagavo il biglietto. E a dirmelo è la nebbia in campo, più che attorno allo stesso. E la conferma arriva nel vedere le avversarie.

«Perso. Ancora. Perso male. Ancora. Demoralizzato. Sempre di più! ». Ho rubato queste parole dalla bacheca di FB di un amis. Forse bastava questo a sintetizzare l’ennesima domenica deludente.

E con la nebbia ci son cose che a dirle non ci credi, non ci credi nemmeno se le vedi, a parte il fatto che non le vedi…

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