Cultura

My City Screams, and I’m her Spirit

 Di Nicolò Carboni 

Nato nel 1940 dalla matita del geniale Will Eisner, il personaggio di Spirit può essere considerato come l’antisegnano di tutti i super eroi moderni. Ironico, sciovinista e farfallone, l’ex poliziotto risorto come giustiziere mascherato contiene in nuce tutti gli stilemi che avrebbero contribuito alla rinascita del fumetto supereroistico negli anni ’80. E non è un caso che sia proprio uno dei più grandi autori di fumetti vivente, quel Frank Miller a cui sono ascritte opere fondamentali come Il ritorno del Cavaliere Oscuro, 300, Sin City e Ronin, ad aver portato sul grande schermo la creatura di Eisner.
Imponendosi sia come regista che come autore unico della sceneggiatura, Miller ha confezionato un’opera visionaria come poche altre, difficile da definire e che cerca un improbabile sincretismo fra le pagine patinate dei fumetti e la celluloide della pellicola. Stilisticamente The Spirit è pressoché perfetto, la scelta di girare tutto il film con le stesse dominanti dei comics degli anni ’40 (ovvero in Blu, Rosso e Nero, i tre inchiostri meno costosi all’epoca) è indovinata, così come il continuo gioco di contrasti fra le scene live action e la computer grafica. Miller non ha paura di cadere nel kitch, anzi, ci si immerge fino al collo e, forse per la prima volta in un comic movie, siamo davanti ad un film che anziché nascondere le sue origini cartacee le esalta, anche nelle loro componenti più inverosimili. Le scene con protagonista il Dr. Octopus (l’arcinemico di Spirit, interpretato da un istrionico Samuel L. Jackson) mischiano fondi da polizziottesco anni ’70 a rievocazioni paranaziste tanto divertenti quanto ridicole. Il regista, insomma, gioca con gli stili del fumetto classico, rievocandone anche aspetti che oggi risultano, forse, poco digeribili per il pubblico moderno. I dialoghi sono stereotipati al massimo e, in molti casi, assistiamo a dei veri e propri monologhi interiori in cui il protagonista si rivolge direttamente alla macchina da presa; sulle prime questa scelta mette a disagio ma, a conti fatti, si integra bene con l’atmosfera generale del film, permeata da una nostalgia di fondo che rivela il grande amore del regista per Eisner, nonché il suo tentativo spassionato di essere fedele al canone del grande fumettista Newyorchese. Miller si diverte a nascondere citazioni in ogni scena, molte delle quali non sfuggiranno al pubblico più preparato, dai fumetti della EC Comics di Tales from the Crypt, ai riferimenti a Star Trek e ai supereroi Marvel. Il gioco però, per quanto ben orchestrato ha un difetto di fondo, manca la componente cinematografica. Tutto il film infatti, più che un’opera coerente e definita si avvicina pericolosamente alla struttura delle strisce a fumetti, con tanti quadri indipendenti fra loro e pressoché autoconclusivi. Mancando completamente le sequenze di raccodo, la storia viene ben presto soverchiata dai continui flashback e dalle scene d’azione. Insomma, al di la della componente tecnica, Miller non è stato in grado (o non ha voluto) dare al suo Spirit la necessaria presenza scenica, preferendo concentrarsi su altri aspetti del film. Il risultato è un’opera importante ma imperfetta, forse frustrata dalle sue stesse ambizioni in cui un grande autore, confrontandosi con il suo padre spirituale, ha preferito rifugiarsi nelle certezze della mimesi lasciando che la tecnologia si impadronisse del suo film, diventandone di fatto, la regina incontrastata. Ma purtroppo a meno di non essere Kubrick o Bunuel, non si può pretendere che la perfezione formale supplisca alla mancanza di contenuti. Miller indugia su particolari secondari e pare più interessato a mantenere il feeling del fumetto, anziché curare i ritmi sincopati imposti da questo genere di cinema. Così, fra interminabili corse sui tetti ed alcune concessioni eccessive alle tante Stylish victim che popolano le sale di tutto il mondo, alzandosi dalla poltroncina si ha la sgradevole sensazione di aver assistito per due ore al più costoso storyboard della storia del cinema. A questo punto meglio rileggersi i fumetti originali.

Voto: *1/2

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