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Elon Musk e Twitter: un naufragio da 44 miliardi di dollari?

Lo scorso 28 ottobre l’imprenditore sudafricano Elon Musk ha completato l’acquisto di Twitter per 44 miliardi di dollari e 20 centesimi. Da allora le mosse del padre della Tesla – forse un poco affrettate – sono state seguite con interesse dai giornali e dagli stessi utenti, in attesa di capire dove il neoproprietario intenda andare a parare. Musk si era mostrato interessato ad acquistare la piattaforma nella scorsa primavera, ma aveva cercato rimandare il più possibile a causa del crollo del valore del social in borsa (estate 2022), salvo poi essere sollecitato dal team legale di Twitter a mantenere la parola data.

Obiettivo dell’imprenditore è rendere la compagnia maggiormente aperta alla libertà di parola, come aveva anticipato in una intervista TED tenutasi a Vancouver nell’aprile 2022: in quell’occasione Musk aveva infatti definito Twitter de facto una pubblica piazza, auspicando che gli utenti si sentissero liberi parlare senza i vincoli della legge.

E in effetti lui era stato tra dei primi a schierarsi contro la cancellazione dell’account dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, avvenuta il 9 gennaio 2021 a causa di alcuni tweets che legittimavano l’assalto a Capital Hill, nonché per il comportamento del leader, il quale si serviva della piattaforma per diffondere bugie, notizie false, insulti nei confronti dei suoi avversari politici e delle minoranze etniche. Musk ha recentemente lanciato un sondaggio per riaccogliere Trump tra le fila degli utenti: con una vittoria del 51,8% il profilo del politico repubblicano è stato ripristinato, anche se al momento egli pare intenzionato a rimanere sul social Truth – un prodotto di Trump Media & Technology Group – dove, tuttavia, la sua fama rimane circoscritta ai (relativamente) pochi followers (4 milioni contro gli 88 milioni raggiunti su Twitter).

Elon Musk survey to reinstate Trump on Twitter

Il neoproprietario è intervenuto sempre a proposito di Trump alla vigilia delle elezioni di Midterm, previste per l’8 novembre 2022: con un tweet, Musk ha invitato gli elettori “dal pensiero indipendente” (“independent minded”) a votare per il Congresso Repubblicano, favorendo così la divisione di potere tra i due partiti statunitensi, dato che il ruolo di Presidente è attualmente ricoperto dal democratico Biden.
Senza considerare gli attriti tra Musk e alcuni esponenti dell’ala più progressista della sinistra americana – ad esempio Alexandria Ocasio-Cortez – e le sue perplessità verso i dem (definiti “un partito di odio e divisione”), l’appello difficilmente si accorda con le precedenti dichiarazioni dell’imprenditore, che aveva ventilato un progetto per garantire la neutralità della piattaforma ancora prima di acquistarla. Sono molti gli utenti – tra cui spiccano giornalisti e personaggi pubblici – a essersi mostrati indignati da tale contraddizione; altri invece l’hanno presa con ironia, come il giornalista Max Burns, che scrive “Il Partito Repubblicano dovrebbe inserire la tua acquisizione di Twitter tra le donazioni per la campagna elettorale”.

Elon Musk Midterm elections tweet

La seconda critica – dopo la presunta limitazione della libertà di parola – mossa da Elon Musk al fondatore di Twitter, Jack Dorsey, riguarda il guadagno tratto dalla piattaforma: l’obiettivo iniziale di Dorsey era infatti quello di dar voce alle persone comuni promuovendo il dialogo dal basso e di permettere a piccoli gruppi di organizzarsi. Per questo motivo gli introiti di Twitter – seppur altri- si sono rivelati e si rivelano tutt’oggi minori rispetto a quelli di altre piattaforme, un fattore che ha spesso suscitato la derisione di Musk.

Ma ora che è lui a detenere il ruolo di CEO Twitter sta perdendo più denaro che mai: molte grandi aziende che compravano pubblicità sul social hanno interrotto la loro collaborazione. Alcuni esempi sono Audi, il colosso farmaceutico Pfizer e la General Meals, specializzata nella produzione di beni alimentari, tra cui i famosi generali Cheerios. Tale mossa è stata dettata dal timore di una eccessiva liberalizzazione della piattaforma, che avrebbe favorito la proliferazione di minacce, insulti, razzismo, suprematismo, teorie del complotto e fake news, considerando che Musk ha deciso di licenziare il team di moderazione dei contenuti con effetto immediato. Lui stesso, dopo appena tre giorni alla guida del social network, ha twittato una notizia falsa riguardante l’aggressione al marito della speaker della Camera Nancy Pelosi, per poi fare marcia indietro.

Un’altra novità che ha fatto molto discutere è la questione dei profili verificati degli utenti, delle “spunte blu”, che prima dell’entrata in scena di Musk si ottenevano soddisfacendo criteri di attività, notorietà e autenticità. Da ora in poi chiunque può ottenere l’account verificato (o mantenerlo) pagando una quota di otto – inizialmente erano venti – dollari al mese: se da una parte gli abbonamenti degli utenti garantiscono maggiori entrate rispetto alle sponsorizzazioni esterne, dall’altra questa mossa non ha decisamente riscosso approvazione. Lo scrittore Stephen King in un tweet ha scritto “Venti dollari al mese per tenere il mio blue check? Vadano a farsi fottere: sono loro che dovrebbero pagare me. Se lo fanno davvero me ne vado”. Ed è stato questo intervento a far abbassare a Musk la tariffa.

Il provvedimento non ha solamente prodotto l’indignazione dei detentori del blue tick, mettendo a rischio ancora una volta la popolarità e la solidità economica della piattaforma, ma ha portato a una conseguenza altrettanto grave, ovvero la creazione di profili falsi a pagamento. Se associare ogni account a una carta di credito potrebbe rendere più semplice l’identificazione, la realtà dei fatti è che finora la spunta blu è stata concessa senza alcun controllo sull’effettiva identità e senza particolari limitazioni sui nomi da utilizzare.

Fake accounts on Twitter

Ad oggi i giorni di Twitter sembrano contati: oltre al dimezzamento del personale deciso dallo stesso CEO poco dopo avere assunto le redini della piattaforma, negli ultimi giorni almeno 3500 dipendenti – tra cui diversi ingegneri – hanno scelto di andarsene poco dopo l’ultimatum lanciato da Musk, che imponeva loro di scegliere tra sottoscrivere un impegno di lavoro intenso con orario prolungato o lasciare l’azienda entro tre mesi con una buonuscita.

Alcuni tecnici che hanno deciso di cercare un’altra occupazione paragonano Twitter a una nave che procede per inerzia, senza una guida e senza un orientamento. Si scontrerà? Sui social spopola già l’hashtag #RIPTwitter.

Maria Bovolon

Maria Bovolon è nata il 4 maggio 2000 a Legnago. Laureata triennale in Lettere Classiche, è ora iscritta alla magistrale di Storia Globale delle civiltà e dei territori presso l'Università di Pavia. È alunna del Collegio Ghislieri.

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