Sport

Mura tra ieri e oggi. Intervista a Gianni Mura

di Simone Lo Giudice

 

Un approccio pragmatico: 22 aprile 2010, Perugia, Teatro Pavone. Per parlare di “Ventisei anni di cattivi pensieri: la rubrica più longeva del giornalismo italiano”. A Gianni piacerebbe un incipit simile. Non ha mai amato le perifrasi. Preferisce schierare le parole secondo un modulo essenziale. Vuole fare goal senza indugiare. Un pensiero anacronistico nell’oggi tanta-apparenza e poca-sostanza. Gianni, infatti, licenzierebbe volentieri la flotta dei grafici, perché un giornale va letto e non va osservato. Adora la sua macchina da scrivere, perché i personal computer stanno bene nelle mani altrui. Vuole toccare il quotidiano con le dita, e ne misconosce la lettura sull’iPad (murescamente definibile come moglie dell’iPod). A Gianni non interessa allacciare legami con queste famigliole elettroniche. Semmai vuole bene alla scrittura, la vittima sacrificale del giornalismo graficontemporaneo. Valori profondi che siamo costretti a definire antichi. Ci ha preso per mano tra le vie del suo pensiero, affrescando pareti dai tratti novecenteschi. Poi lo abbiamo interrogato sul presente. E lui ci ha risposto, senza celare la sua nostalgia per quei tempi in cui lo sport era meno retorico e più pragmatico. Forse autentico.

Inchiostro – Scrivere di sport in un giornale generalista e scrivere di sport in un giornale sportivo. Cosa cambia nella trattazione sportiva?
Gianni Mura – Ma, in teoria, sia su un giornale sportivo che su uno generalista si dovrebbe essere tenuti a dare delle spiegazioni tecnico-tattiche. Si riteneva una volta che queste fossero cose più da giornale sportivo, mentre invece per il grosso pubblico non particolarmente ferrato andassero bene anche considerazioni d’altro genere. Io credo che oggi non ci sia più molta differenza. Vedo che quotidiani come Repubblica cercano di coprire le pagelle, il personaggio, gli spogliatoi, il pubblico esattamente come fanno i quotidiani sportivi. L’unica differenza è che quelli sportivi concedono un po’ di spazio in più a vantaggio degli atleti, ma questo è ovvio.

La cronaca cartacea (in differita) è stata influenzata dalla cronaca televisiva (in diretta)?
Sì, però molto difficilmente la televisione è credibile, nonostante ci sia la seconda voce che a volte è brava e a volte no. Però io credo che non basti far vedere le cose per spiegarle.

Perché in Italia si promuove così tanto l’introduzione della tecnologia nel calcio, mentre nel resto del mondo nessuno si pone questo problema?
È che in Italia, più che in altri Paesi, si pone il calcio come una delle cose centrali dell’esistenza. Mentre negli altri Paesi non è così. Quindi quelli che continuano a chiedere la moviola come se fosse una cosa che ci spetta di diritto e ci negano gli dei, dovrebbero sapere che per la FIFA, se si dà la moviola all’Italia, devono averla anche in Nepal. E siccome giustamente in Nepal non gliene frega niente di un fuorigioco di 30 o di 20 centimetri o di una spalla, secondo me è giusto rifiutarla. Preferisco dieci errori umani a una moviola.

Ritiene che alla gente interessi di più rivedere la moviola di un fuorigioco o un gesto tecnico particolarmente riuscito?
Secondo me, alla gente interesserebbe di più vedere dieci volte un gol o certe rovesciate. Solo che, dove si fa l’informazione, si ritiene che alla gente vada bene… alle tv interessa ciò che fa discutere e porta polemica. Quindi siccome gli ascolti a tutti i livelli (direi anche politico) nei programmi tv li danno non la qualità ma la rissa, lo sport si adegua e cerca di copiare.
Parlando di polemica, pensiamo subito a Mourinho e al suo rapporto con la stampa. Lei come considera il suo comportamento?
Penso che Mourinho abbia avuto un trattamento di favore che quasi nessuno in Italia ha mai avuto. Penso che sia arrivato prevenuto. Penso che quelli che lo definiscono un grande comunicatore, dovrebbe porsi una domanda successiva: “che cosa comunica?”. Perché, secondo me, comunica solo cose che interessano a lui, cioè sono pro domo sua: in questo è abilissimo. Per il resto come allenatore, i frutti di quello che ha fatto si stanno vedendo da due mesi a questa parte. Prima si vedevano solo cinque attaccanti e un unico centrocampista o un unico difensore, oppure un centromediano buttato a fare il centravanti come Materazzi, come quando giocavo io all’oratorio; e non c’era niente che giustificasse questo suo essere speciale. Se non, speciale per l’aver capito in che Paese è arrivato.

Secondo lei, quanto ha influito (in maniera negativa sul calcio) lo sviluppo delle tv locali, basate sulla rissa verbale e sull’informazione tifosa?
Cioè, già stava malissimo la tv nazionale… penso che il Processo di Biscardi sia ciò che di peggio ci si possa augurare in una società civile. È chiaro che se viene replicato da cinquanta o sessanta tv locali, il livello non solo dell’informazione ma anche della formazione dei giovani, che è ciò a cui dovrebbe servire lo sport, è messo molto male. È in continua discesa.

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