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Moonrise Kingdom, una fuga d’amore

Moonrise Kingdom di Wes Anderson è tra i film candidati all’Oscar per la migliore sceneggiatura originale nel 2013: traguardo mancato, nonostante la brillante collaborazione tra il regista texano e Roman Coppola.

La trama è semplice. Suzy ama Sam. Sam ama Suzy. Insieme architettano una fuga d’amore, che è per l’appunto il sottotitolo del film. Sam è determinato, molto sicuro di sé e meticoloso nell’organizzazione dell’impresa che lo legherà per sempre a Suzy. Ha con sé tutto l’equipaggiamento necessario per affrontare le insidie della natura. Sam d’altronde è un khaki scout e ha dodici anni. Ciò che non ha sono i genitori: è infatti orfano e vive con una famiglia adottiva, per la quale il bambino è nulla più che un’incombenza burocratica, di cui si è ben lieti di liberarsi. Suzy invece è una ragazza che ama le storie di fantasia, ha dei genitori apatici con un matrimonio in crisi cronica, tre fratellini, problemi a gestire la rabbia  e un superpotere: vedere da vicino cose lontane, con un binocolo.

moonrise-kingdomTuttavia le discromie del colour book andersoniano non si rintracciano nella atipicità intrinseca dei protagonisti: ravvisano invece la loro piena appartenenza ai topoi del regista, proprio in questa definizione. Le discromie si riscontrano nella straordinaria capacità dei due ragazzini di vivere normalmente il loro amore, in un contesto in cui ciò non è normale, incuneandolo in un’ottica del quotidiano estremamente concreta.
È questo che stona con  l’idea stessa di fuga d’amore: tradizionalmente e vulgatamente amore folle, drammatico e dunque drammatizzato. Il matrimonio, i nichelini per costruirsi un futuro, la prospettiva di un lavoro su una barca di pescatori e, ancora prima della fuga, il pragmatismo di lettere d’amore che piuttosto sembrano assumere la forma di telegrammi al fronte: tutto si rifà ad un bisogno di concretezza adulta che invece manca nel contesto familiare e non in cui entrambi gli innamorati sono stati educati. I signori Bishop, genitori di Suzy – Bill Murray e Frances McDormand – sono vanesi ed incapaci di gestire il proprio matrimonio, la propria famiglia, la situazione determinatasi a seguito della fuga della loro figlia. Il capo scout di Sam, interpretato da Edward Norton, nel suo maniacale controllo delle più blande minuzie, testimonia una generale inettitudine nei confronti della gestione della sua vita che in realtà lo vedrebbe professore di matematica. Infine il capitano Sharp – Bruce Willis – nel suo continuo esitare a vivere il suo amore con la signora Bishop incarna il contraltare del piccolo ma determinato Sam. Tale legame fra i due personaggi viene sancito nella scena finale in cui il ragazzo indossa proprio l’uniforme da Police man del Capitano.

Si ha dunque un confronto dicotomico tra una dimensione degli adulti in cui ogni personaggio è monadico, chiuso nel proprio universo di inadeguatezza e immaturità, ed una invece ancora infantile, o comunque in una fase liminare tra infanzia e adolescenza, in cui la ricerca dell’altro è essenziale al superamento di una condizione di disagio. Tale ricerca è vissuta nella sua immanenza, in un’ottica anche erotica – lo testimonia la scena in cui i due ragazzi hanno un primo goffo contatto fisico – e dunque a maggior ragione ancor più matura. Non si tratta di scimmiottare “i grandi”, bensì di calarsi in un’esperienza totalmente nuova, forse precoce, ma autenticamente vissuta a differenza di un mondo adulto artificioso e distaccato fatto di carta da parati – esemplare a tal proposito è Summer’s End, l’abitazione dei Bishop, una vera e propria macroscopica casa delle bambole – e  tende perfettamente allineate, come quelle di  Camp Ivanohe.Moonrise-Kingdom

Il risultato è una commedia romantica dai toni un po’ malinconici, estremamente godibile a vedersi per la consueta attenzione all’estetica del regista texano, in cui i colori, i movimenti della cinepresa e le musiche sono, al pari dei personaggi, co-essenziali alla storia. Gli stessi abiti hanno una funzione simbolico-narrativa: i vestiti corti di Suzy, succinti sebbene ancora infantili nella foggia, e l’uniforme scout di Sam dall’aspetto quasi militaristico, smorzato dal buffo e poco pratico berretto, esaltano la precocità degli eventi che vedono coinvolti i due protagonisti. Sembrano quasi costumi di scena per l’icasticità che li contraddistingue. Lo stesso Anderson velatamente cerca di ricreare in tutto il film un’atmosfera dal sapore teatrale, a partire dall’intro della prima scena, The Young Person’s Guide to the Orchestra di Bernstein, al primo fatidico incontro dei due amanti, avvenuto dietro le quinte della recita di Suzy, al patetico inseguimento della coppia fra luci intermittenti a causa del temporale. Si tratta di una scelta di regia che si inscrive nella dialettica tra autentico e fittizio che intesse la pellicola. Come il titolo indica, è un alba di luna in cui i contrasti, stemperati nei toni pastello dei fotogrammi andersoniani e nella simmetria delle inquadrature, si profilano comunque all’orizzonte. Suzy, col suo super potere li scruta, ci scruta.

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