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Montanelli

Per festeggiare il compleanno di Indro, pubblico l’articolo che ci ha regalato Marco Travaglio.

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L’altra notte ho sognato Indro Montanelli. Mi càpita abbastanza sovente, da quando se n’è andato nel 2001. Era alto, un po’ più alto del solito. Magro, ma un po’ meno del solito. Gli occhi azzurri, ma più azzurri del solito. Diversamente dal solito, non mi diceva niente. Sorrideva appena, silenzioso. Ho pensato che avesse esaurito le parole, anche lui, per descrivere quello che sta accadendo. Otto anni fa se n’era andato profetizzando che, gli italiani, per liberarsi definitivamente di Berlusconi, dovevano sorbirselo al governo per almeno cinque anni, come vaccino. Forse – mi son detto – ora che è tornato (Berlusconi, purtroppo: non Montanelli), non sa più che dire nemmeno lui (Montanelli, intendo: Berlusconi, purtroppo, parla sempre). Mi manca molto, il Direttore. Sempre più spesso mi chiedo che cosa scriverebbe, oggi, se fosse ancora lì curvo sulla mitica Olivetti lettera 22 grigia. Che cosa scriverebbe della deriva pietosa dell’informazione, della politica, della televisione, della società. Ma poi penso che, per questo Paese che non cambia mai, Montanelli aveva già scritto tutto quando era in vita. Così vado a rileggermi qualche suo articolo: li conservo tutti, dal 1978 in poi, ritagliati in tante cartelline. La mia collezione più preziosa.
Quando gli amici di “Inchiostro” mi hanno chiesto questo breve ricordo, ho accettato con entusiasmo: mi auguro che i molti giovani che non hanno mai avuto la fortuna di leggere qualcosa di suo, saranno irresistibilmente attratti da Montanelli e andranno a cercare qualche suo libro e se ne innamoreranno. Molti mi domandano che cosa mi abbia insegnato Montanelli negli otto anni che ho avuto il privilegio di trascorrere sotto la sua ala protettiva, prima al Giornale e poi alla Voce. Rispondo sempre che non insegnava nulla, con le parole. Insegnava tutto quando scriveva. Bastava leggerlo per capire come deve scrivere, come deve essere un giornalista. Capire senza imparare, naturalmente, perché nessuno è mai riuscito a scrivere come lui. Quando, un giorno, gli chiesi un consiglio professionale, mi rispose con tono fintoburbero: “Scrivi come sai, ma pensa a una sola cosa: ai lettori che domani ti leggeranno. Se pensi ai lettori, il pezzo viene fuori meglio. Se pensi ad altri – ai politici, ai colleghi, all’editore – magari farai carriera, ma nessuno ti capirà. Ricòrdati che il nostro unico padrone è il lettore”. Chi non l’ha conosciuto dirà: la solita frase a effetto. Nossignori, lui era proprio così: pensava ai lettori e se ne sbatteva di tutto il resto. Per questo i suoi pezzi erano così brevi, acuti, comprensibili, spiritosi. Per questo ha avuto migliaia di tentativi di imitazioni: tutti falliti. Per questo oggi non parla più, nemmeno in sogno.

Un pensiero su “Montanelli

  • Mariluna

    Mi sono commossa come sempre quando si parla del mitico Indro…
    Io non l’ho mai conosciuto e l’ho scoperto quando non potevo fare niente, a 15 anni. Indro se ti potessi incontrare ora che ti ho scoperto ti direi Grazie, perchè senza non avrei avuto uno stimolo a seguire il mio sogno di diventare giornalista.
    Non sono giornalista ma lo diventerò. ti porto nel mio cuore. ti voglio bene. Mariluna Bartolo

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