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Modelli da non imitare: perché la mafia fa tendenza, anche al Nord

Sappiamo tutti che la politica si regge, almeno in teoria, sul consenso elettorale. Ecco perché i politici si affannano quotidianamente per dichiarare, promettere e tentare di realizzare ciò che soddisfa i desideri dei cittadini. Peccato che il successo nel raccogliere consensi non sempre coincida con la capacità di amministrare bene la cosa pubblica. Anzi, spesso serve a distogliere l’attenzione da pratiche illegali. Il terzo appuntamento dell’edizione 2014 del ciclo Mafie – organizzato in collaborazione con il presidio pavese di Libera – intitolato Il malgoverno della città, è stato dedicato proprio all’analisi di un esempio di questa mala politica. Giuseppe Baldessarro, giornalista del Quotidiano della Calabria e autore del libro Il caso Fallara. Storia del modello Reggio, ha esposto gli aspetti salienti delle vicende della città di Reggio  Calabria durante i due mandati da sindaco di Giuseppe Scopelliti, condannato, in primo grado, a sei anni di carcere e all’interdizione dai pubblici uffici per abuso d’ufficio e falso. Come funzionava il cosiddetto modello Reggio, che fruttò all’ex sindaco il 70% dei voti alle elezioni comunali del 2006, costando contemporaneamente alla città un buco di bilancio stimato di 170 milioni di euro? È presto detto: il Comune scialacquava cifre ingenti nel finanziamento di “grandi eventi” molto discutibili – concerti, Notti bianche, comparsate di “ vip” della scuderia di Lele Mora –  per assicurarsi un ritorno d’immagine. L’operazione, evidentemente riuscita a livello di marketing, comportava però la necessità di falsificare i bilanci, compito svolto da Orsola Fallara, dirigente dell’Ufficio finanze e tributi del Comune. Proprio lei rappresenta il lato tragico della vicenda. Quando le irregolarità nel bilancio cittadino vengono scoperte, Scopelliti riversa sulla Fallara tutte le responsabilità. Nel dicembre del 2010 la donna, schiacciata dalla pressione mediatica, si suicida ingerendo acido muriatico.

Cos’ha a che fare tutto questo con la mafia? Molto semplice: le spese pazze erano terreno fertile per clientelismo, mazzette e falsi appalti. Inoltre, la ‘ndrangheta ha approfittato dei riflettori puntati altrove per tentare di infiltrarsi nelle società partecipate municipali, tanto che nel 2012 il Comune è stato commissariato per contiguità mafiose. Ora, chi crede che il modello Reggio sia un classico esempio di malaffare esclusivamente meridionale potrebbe trovare sorprendenti certe inquietanti coincidenze che lo legano alla realtà pavese. Scopelliti, citato nel 2008 da Il Sole 24 ore tra i sindaci più amati d’Italia (suona famigliare…), è stato indicato dall’allora candidato sindaco di centrodestra Alessandro Cattaneo (elezioni comunali 2009) come esempio da seguire. Giusto per dimostrare che certi modelli fanno presa anche al Nord, si potrebbe citare i noti risvolti pavesi dell’operazione “Infinito”, che ha accertato l’esistenza di forti infiltrazioni ‘ndranghetiste in Lombardia.
Una volta sfatato il mito dell’impermeabilità del Nord alle pressioni mafiose, il primo passo per contrastare il fenomeno sarebbe ammetterne l’esistenza. Negare la realtà è un atteggiamento cretino. Evidentemente ai mafiosi i cretini fanno comodo, soprattutto se seguono certe mode.

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