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MESSI, WHAT ELSE (MATTERS)?

Appena ho visto fare a Ronaldo il primo taglio alle spalle della difesa della Juve, con Bonucci ammonito, ho pensato: «Ora li ammazza stecchiti che manco il Raid». Un gol Madama lo ha preso, ma ha anche saputo rispondere. Bene, bravi, bis.

Ma perché mai dovrei parlare della partita di Champions di martedì quando Messi, di cui a rigor di logica dovrei parlare, è andato in scena il giorno dopo?
Il motivo è semplice. Esistono dei giocatori magnetici, il cui strapotere, dominio, onnipotenza in una partita, sono più che lampanti.
Chiamateli “top player“, “fenomeni”, “campioni”… Dite ciò che volete. La sostanza non cambia.

Ma proviamo a spendere qualche parola sulla partita (e non solo) del ragazzo di Rosario, Argentina.

«Messi è un genio minimalista» – dice Jonathan Wilson nel suo articolo “La genialità del secondo gol di Messi” – «È capace di qualsiasi giocata, ma la sua più grande capacità sta nel scegliere dal proprio arsenale il trick più semplice [ed efficace] in ogni situazione».

Ma che Messi sia di un (uno solo?!) livello sopra la media (anche quella dei, cosiddetti, “top player“) è cosa risaputa.

Alla vigilia della partita del Camp Nou, Pep Guardiola – che Messi dovrebbe conoscere cautamente bene, avendoci passato insieme quattro anni, con quattordici titoli vinti – ha detto:

«Non puoi fermarlo, Messi […] è troppo bravo, devi cercare di limitarlo in un modo diverso. Non credo esista sistema difensivo, coach o difensore al mondo in grado di fermarlo».

messiguardiolaProfetico.

Giusto un paio di dati interessanti a supporto: l’1-0 di Messi è stato il primo gol subito da fuori area nella Champions League del Bayern Monaco. Inoltre, per la prima volta dal dicembre 2006, partita contro il Werder Brema, dopo 96 match, il Barcellona ha concluso una partita di Champions con meno del 50% di possesso palla.

A dimostrazione che, tutto sommato, anche considerando le assenze dei tedeschi (Robben e Ribery in primis), la partita, almeno tatticamente, si giocava in parità.

Ma quando la Pulga sale in cattedra – proprio come ha ricordato Pep -non c’è sistema che tenga. Dieci gol in undici partite, capocannoniere della Champions di quest’anno, segue Ronaldo a una sola distanza di scarto. Detto ciò, considerando che il tridente del Barça, che vede, oltre a Leo, Suarez e Neymar, ha segnato più di 100 gol quest’anno, la squadra catalana si presenta come importante, se non principale, competitor per sollevare la “coppa dalle grandi orecchie” (basandoci sulle rilevazioni storiche, la squadra di Louis Enrique dopo il 3-0 ha il 93,7% di possibilità di essere a Berlino il 6 giugno per la finale).

Ma tattica, numeri e statistiche impallidiscono di fronte al secondo gol. “Messo a sedere”, “mandato al bar”, “spacca-ginocchia” – o, molto più semplicemente, Messi, il «genio minimalista». Il tutto condito da un pallonetto chirurgico, di destro (il piede “debole”), su Neuer (terzo dietro Cristiano e Leo all’ultimo pallonettopallone d’oro), con il difensore in rimonta.

Che dire? Un ultimo colpo di pennello al sorriso della Gioconda, solo e soltanto per potergli disegnare i baffi. Un readymade, arte dada, semplice, diretta e geniale, in grado di imbarazzare la disciplina calcistica stessa, capace di farci saltare sul divano dicendo: «Ma cos’ha fatto? Cos’ha fatto?»

E la risposta è così semplice: «Messi».

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