Attualità

Mantova Libera

Ogni 21 Marzo, primo giorno di primavera, Libera celebra, attraverso la memoria, le vittime innocenti di mafia. “Terra, solchi di verità e giustizia” è stato il tema della XXIII edizione dell’iniziativa organizzata da Libera e da Avviso Pubblico.

Quest’anno la piazza principale è stata a Foggia, ma in tanti si sono mobilitati in varie regioni. In Lombardia, la piazza Sordello di Mantova ha accolto l’evento con un corteo composto da più di 2500 persone. I saluti istituzionali sono stati seguiti dalla lettura dei quasi 1000 nomi delle vittime. Nel pomeriggio si sono svolti due seminari rispettivamente sul valore della memoria e sulla corruzione. A Mantova c’eravamo anche noi e abbiamo deciso di farci raccontare da Raffaella Guglielmann, referente del Presidio di Pavia, il significato di questa giornata.

Ormai da vent’anni Libera organizza la giornata del 21 marzo ed è presente in tutto il territorio nazionale. Com’è nata questa associazione e come agisce sul territorio?

Libera, nomi e numeri contro le mafie è un’associazione che abbraccia diversi soggetti: associazioni, scuole, e dal 2010 anche i singoli. È nata nel 1995 su spinta dei familiari delle vittime innocenti di mafia e, grazie all’iniziativa di Don Luigi Ciotti, si pone l’obiettivo di ricordare le vittime e dare loro verità e giustizia e nel contempo di sensibilizzare la società sulla diffusione e il radicamento delle mafie in tutta Italia, non solo al sud. Da quando è nata Libera le cose sono molto cambiate, Libera stessa si è ingrandita ed è diventata una realtà articolata e complessa. Nel tempo ha aggiunto alla diffusione della cultura anti-mafiosa, l’impegno sul fronte della corruzione che, come ha detto oggi Don Luigi Ciotti, negli ultimi anni è lo strumento con cui le organizzazioni agiscono sul territorio, arricchendosi e agendo silenziosamente senza aver bisogno del rumore delle armi, di sparare o organizzare attentati perché è una modalità pulita da questo punto di vista.

Tra i 1000 nomi c’erano anche quelli di Rossella Casini e Marcella Di Levrano, le due vittime a cui è dedicato il Presidio di Pavia. Come è nato, e chi erano Rossella e Marcella?

Il Presidio di Pavia nasce nel 2012 dall’iniziativa di un gruppo di studenti universitari che parteciparono ai campetti estivi di Libera e decisero di mettere a frutto quello che avevano imparato durante i campi e iniziarono quindi il cammino “Costruendo Libera” per creare un nuovo Presidio territoriale. Sono state scelte Marcella di Levrano e Rossella Casini perché erano due giovani ragazze che rappresentavano la società civile. Erano due persone comuni, non erano esponenti della magistratura o delle Forze del’Ordine, e hanno scelto coraggiosamente da che parte stare. Rossella Casini, studentessa di psicologia di Firenze che si innamora di un figlio di un boss ‘ndranghetista di Palmi, spinta dall’amore che prova per questo giovane, prova a strapparlo dalla famiglia di provenienza portandolo dai carabinieri e facendogli confessare ciò che sa. Ma la famiglia di questo ragazzo non accetta il comportamento di Rossella e la fa sparire: il suo corpo non verrà mai trovato, ma grazie alle testimonianze di un condannato si viene a sapere che è stata uccisa e fatta a pezzi. Questo succedeva nel febbraio del 1981Marcella Di Levrano invece era pugliese, di Mesagne. Viene uccisa nel 1990 a 26 anni dalla Sacra Corona Unita perché decide di denunciare gli aguzzini che le fornivano la droga. Marcella infatti all’età di 15/16 anni entra nel giro della droga. Il suo corpo viene ritrovato l’11 aprile del 1990 in un bosco, con il cranio fracassato. Aveva avuto diversi contatti con le forze dell’ordine e aveva iniziato a fare dei nomi. Si scoprì successivamente che avrebbe dovuto anche testimoniare nel grande processo alla Sacra Corona Unita che sarebbe iniziato alla fine del 1990.

Qual è il valore del 21 marzo e può fare un commento sulla giornata di oggi?

Il 21 marzo è una giornata che è nata per ricordare tutte le vittime innocenti di mafia e metterle tutte sullo stesso piano. È stato scelto il 21 marzo perché è il primo giorno di primavera, simboleggia la rinascita della natura e in questo caso la rinascita delle coscienze che deve passare attraverso una memoria viva e condivisa. Fare memoria vuol dire ricordare le storie delle vittime per fare in modo che si creino gli anticorpi necessari per la prevenzione alla diffusione delle mafie. La prima giornata è stata il 21 marzo del 1996 a Roma; a Milano è stata nel 2010, e nel 2005 a Bologna per i vent’anni di Libera. Successivamente si è deciso poi di non organizzarla in un’unica città ma di declinarla nei vari territori. In Lombardia è stata scelta Mantova per il processo Pesci che, per ragioni logistiche, si è tenuto a Brescia ma ha riguardato la diffusione del clan Grande Aracri nel mantovano e cremonese. Oggi la manifestazione è stata intima e partecipata dalle scuole, dalle associazioni, ma non molto dai mantovani, la città era un po’ vuota. È stata vissuta intensamente con i familiari che svolgono il ruolo importante di testimoni e danno la misura di come Libera, rappresenti per loro una famiglia con cui possono condividere il dolore per la perdita dei loro cari ed elaborarlo anche come una ferita non solo loro, ma di tutta la società.

È stato detto oggi che la memoria non è commemorazione ma un’assunzione di responsabilità. Oggi si soffre di memoria a breve termine?

Lo spirito del 21 marzo è quello di ricordare le vittime per vivere le loro storie e farle entrare dentro ciascuno di noi in modo che scuotano la nostra coscienza e ci facciano capire quale possa essere il nostro ruolo e la nostra responsabilità relativamente a questo pezzo di storia del nostro Paese. Portano a interrogarci su ciò che ognuno di noi può fare, deve essere una memoria collettiva. Oggi si ricorda ma da domani si riparte per ricostruire.

La manifestazione del 21 Marzo è stata vissuta contemporaneamente in varie sedi italiane e internazionali, in Europa e nel mondo. La mafia è forte e coesa anche fuori dal nostro Paese, ma anche la risposta internazionale lo è?

La mafia ha travalicato i confini e tende a espandersi. Certo, la risposta deve essere forte e coesa perché le mafie se vogliono conquistare un territorio ci riescono senza problemi. In Italia c’è più esperienza perché da 35 anni vengono fatte leggi sulla criminalità organizzata e quindi siamo più esperti. Bisogna lavorare meglio a livello internazionale ed europeo.

Esistono due tipi di silenzi. Uno è quello pericolosissimo delle coscienze, l’altro invece è quello rispettoso e attento che c’è stato durante la lettura dei 1000 nomi. Come interpreta queste due reazioni da parte dei cittadini?

Il silenzio durante la lettura dei nomi è stato intenso perché tanti giovani hanno percepito che era un momento importante, che richiedeva un pensiero forte e profondo. Il silenzio invece dovuto all’indifferenza è l’omertà. E l’omertà uccide. Questo è dato anche dal fatto che non si parla per paura di rimanere da soli nella denuncia, questo atteggiamento è comprensibile perché ci sono stati dei casi di isolamento di persone che hanno denunciato e spesso c’è sfiducia in chi dovrebbe proteggere e tutelare chi decide di parlare e far sentire la sua voce. Il proposito per i prossimi anni è quello di ricordare più vividamente, di urlare più forte, di riempire ancora di più le piazze perché quei silenzi omertosi siano sostituiti dalle voci di chi non può più dire, purtroppo, nemmeno il suo nome.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *