Pavia

Mafie al Nord

di Erica Gazzoldi
Il 5 marzo 2012, presso l’Aula Magna dell’Università di Pavia, si è tenuta la prima conferenza del ciclo: “Mafie senza confini – Noi senza paura”. L’iniziativa è stata organizzata dal gruppo “Costruendo Libera”, con la collaborazione di “Libera” (presidio di Vigevano) ed il gruppo “Kos”. Il tutto ha visto il contributo della Commissione Permanente Studenti.
La serata è stata aperta da Giorgio Tiraboschi, studente membro di “Costruendo Libera”, il quale ha preso spunto dal titolo del ciclo: certamente ambizioso, come egli ha sottolineato. La “paura”, in questo caso, è giustificabile e necessaria. Tuttavia, l’invito è a non trasformarla in panico paralizzante: “Costruendo Libera” desidera lanciare una risposta civile al problema, soprattutto ora che è chiaramente ineludibile anche a Pavia.
Carlo Gariboldi, giornalista membro del gruppo, ha appunto esordito ricordando le parole del ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri: “Il Nord non è visto più solo come zona utile a riciclare il denaro sporco e a reinvestire capitali illeciti”. Ossia, la mafia tenterebbe di “accreditarsi come interlocutore autorevole di società e istituzioni”. È sicuramente un bene che, finalmente, una rappresentante dello Stato abbia riconosciuto pubblicamente il problema. Tuttavia, ad orecchie pavesi, queste parole suonano tardive. I cittadini, infatti, ricordano bene gli arresti del 13 luglio 2010, che hanno coinvolto un noto commercialista ed il direttore sanitario dell’ASL. Il 1981 vide il sequestro di Giuliano Ravizza, il 1988 quello di Cesare Casella. In entrambi i casi, l’iniziativa era legata alle attività della ‘ndrangheta sul territorio: nella fattispecie, quella degli Strangio della Locride. La reazione della cittadinanza, finora, è stata soprattutto di rimozione e negazione: troppo grande lo shock per il pensiero d’avere la ‘ndrangheta sotto casa.
Maria Fiore, redattrice de La Provincia Pavese, ha rettificato le affermazioni del ministro Cancellieri: la criminalità organizzata è già un interlocutore della società civile e delle istituzioni. Emblematico il caso della guardia carceraria recentemente arrestata su richiesta di Ilda Boccassini. L’accusa è d’aver mantenuto contatti fra l’esterno ed i due detenuti Luigi Mancuso e Nicodemo Filippelli. Giovanni Giovannetti, poi, nel suo Sprofondo Nord (2011, Effigie) elenca nomi e cognomi degli assessori (nominati dal sindaco) coinvolti in indagini per infiltrazioni di ‘ndrangheta nella giunta comunale. Di tutti loro, si è dimesso solo Pietro Trivi, peraltro assolto con formula piena dal Tribunale di Pavia (12 ottobre 2011).
Alla conferenza, non poteva mancare Mario Portanova de Il Fatto Quotidiano. Egli è, infatti, l’autore di Mafia a Milano: sessant’anni di affari e delitti (2011, Melampo). Nel mezzo d’un’inflazione d’opere sull’argomento, presunte rivelazioni e maldestre imitazioni di R. Saviano, questa è stata segnalata da Lorenzo Frigerio (Libera Informazione) come validissima. In essa, Portanova dimostra come il termine “infiltrazione” sia riduttivo e come non ci sia distinzione tra “mafia imprenditoriale” e “mafia criminale”. Il sottotitolo del libro parla da sé. La Lombardia ivi ritratta non ha alcun “anticorpo” contro la criminalità organizzata. Neppure si possono ritrarre i mafiosi come “marziani”. Questo pregiudizio –sottolinea Frigerio- è alla base della negligenza che ha salutato il problema al Nord. Il “soggiorno obbligato”, metodo decennale di sradicamento dei mafiosi, ha soltanto spostato il problema. Anche il tessuto sociale lombardo si è mostrato ricettivo al fenomeno: la mentalità antilegalistica si manifesta fin nelle scuole, laddove sono malvisti i ragazzi che comunicano con gli insegnanti. Frigerio ha poi sottolineato l’impegno –preso da “Libera Lombardia”- di sensibilizzare gli ordini professionali, spesso indifferenti alla condanna in primo e secondo grado di membri propri. Talora, si giunge proprio al contrario: Maria Fiore ha subito un procedimento disciplinare per aver pubblicato fotografie relative all’avv. Pino Neri (http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2011/05/05/news/il-pentito-si-so-chi-e-pino-neri-1.253900), definito “affiliato di vecchia data” da un pentito di ‘ndrangheta.
Davanti a simili fatti, non ci si deve stupire di come la Commissione Antimafia del Comune di Pavia faccia fatica ad indagare. È stata secretata perfino la sua indagine sull’ASL, dopo l’arresto del direttore. Frigerio ha consigliato, in merito, di rinunciare a “scrivere la storia della mafia”, per agire, piuttosto, a livello comunale. Ossia, dare ai tribunali strumenti per agire. L’Italia non è certo sprovvista di strumenti giuridici. È l’unico Paese ad aver codificato il reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis del codice penale). Esistono le leggi faticosamente scritte da Cesare Terranova, Rocco Chinnici, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa: quelle che hanno preceduto il lavoro di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
È difficile aggirare l’autoassoluzione della politica, quando membri delle istituzioni o dei partiti vengono accusati di contatti con la criminalità organizzata (“Non sapevo che fosse un mafioso!”). Da non sottovalutare è anche la scarsa percezione del problema: l’interazione con i “colletti bianchi” della ‘ndrangheta avviene in bar, ristoranti, cantieri, e gli interessati ne sono effettivamente all’oscuro.
Frigerio, infine, ha toccato il tasto dell’utilizzo dei beni confiscati. Poco lontano da noi è l’esempio di Vigevano, primo Comune ad impiegarli per finalità sociali. Tuttavia, per impedire che essi rimangano esposti all’incuria o rivenduti, sarebbe caldeggiabile –secondo Frigerio- un loro utilizzo in attività produttive: la creazione di posti di lavoro li restituirebbe comunque alla cittadinanza. In Lombardia, il valore dei beni confiscati ammonta a 10 milioni di euro
(http://www.liberainformazione.org/news.php?newsid=16858  ). Anche dal punto di vista materiale, pertanto, la nostra regione ha le potenzialità necessarie per raggiungere ottimi risultati nella lotta antimafia. Ciò, naturalmente, a condizione di rinunciare ai luoghi comuni che –per troppo tempo- ci hanno fatto sentire “immuni” ad un fenomeno “meridionale”.

2 pensieri riguardo “Mafie al Nord

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *