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“madre!” non è così male come dicono tutti

A vedere il film di Darren Aronofsky che ha suscitato tante polemiche dopo essere stato fischiato alla Mostra del Cinema di Venezia sarei andato anche da solo, colto dal contrastato sentimento derivante sia da un’alta aspettativa alimentata da un ottimo trailer che anche dalla voglia di prendere le parti dell’asprissima critica di cui Madre! è stato oggetto. Andarci in compagnia, oltre ad aver giovato sulla mia immagine sociale (un uomo seduto solitario al cinema ispira compassione e trasmette un certo senso di solitudine che la presenza di una bella ragazza di sicuro fa svanire), è stata una scelta oltremodo saggia. Perché è così possibile comprendere che cedere alla tentazione malsana di leggere decine di commenti e notizie, di vedere tutti i trailer prima di fiondarsi in sala è controproducente e che anzi una pellicola spesso può impressionare ed esprimersi al meglio esclusivamente a busta chiusa. Infatti, mentre mi concentravo su una certa inquadratura, sul montaggio sonoro, sulla regia o sulla camera a spalla, la parte più interessante del film era l’eccitata agitazione, decorata di occasionali tremiti, commenti e imprecazioni, della mia accompagnatrice. madre! va visto, ma senza aspettative, per poter decidere con calma se è piaciuto o meno. Nel caso dell’ultimo lavoro di Aronofsky infatti il giudizio non può essere immediato, ma va maturato dopo qualche ragionamento.

mother! 4Prima del più articolato commento sulla trama e sui suoi molteplici livelli di lettura è d’obbligo soffermarsi su alcuni aspetti tecnici che sono non solo funzionali ma costitutivi di una pellicola che senz’ombra di dubbio perde larga parte della sua spettacolarità se vista su un piccolo schermo senza dolby surround. L’uso del sonoro, infatti, è notevole e molto curato, sebbene talvolta tenda a cadere nel manierista, e sfrutta appieno le potenzialità dell’audio della sala cinematografica. La camera a spalla è insistita sul volto della Lawrence, catturato da tutte le angolazioni possibili e con tutti i tagli di primo piano sperimentabili (dallo strettissimo Leone che inquadra quasi esclusivamente gli occhi al primissimo piano in cui non tutto il volto è coinvolto fino a delle riuscitissime tre quarti da cui si evince una soggettiva estraniante) ed è caratterizzata inoltre da una profondità di campo elevatissima che, mettendo tutto a fuoco, contribuisce ad un certo senso di spaesamento. L’unione del sonoro, della fotografia ostinata e inquieta e del montaggio che avvicenda una verta vorticosità ad una lentezza al limite dell’esasperante concorre ad immergere lo spettatore nella Casa e a calare la sua prospettiva ad un punto molto vicino alla protagonista, senza che però possa mai identificarvisi. La qualità della pellicola, rapida o ultrarapida, dalla grana piuttosto grossa ed evidente esalta i toni caldi e non molto saturi della Casa, accrescendo l’atmosfera surreale. Impareggiabile la capacità del regista di alternare momenti più distesi in cui far crescere la tensione per poi scatenarla con una cadenza quasi regolare in un crescendo di follia che raggiunge l’apice nella scomposta baraonda che di poco precede il finale.

Magistrali le performances dei due attori, perfettamente calzanti. Malinconico fino al disperato lo sguardo di Jennifer Lawrence, ambiguo, folle e impenetrabile il sempre ottimo Javier BardemEd Harris inquietante ed equivoco forma una coppia riuscitissima con una Michelle Pfeiffer in forma come lo era stata in ScarfaceBatman e come non la vedevamo da anni.

La vicenda di mother! può essere interpretata in maniera letterale, ma non è certo ciò che suggerisce il regista nel montaggio dei primi trenta secondi di pellicola, evocativi ed estranei. La chiave di lettura più lampante, fin troppo, è quella biblica. I riferimenti ad Antico e Nuovo Testamento sono pressocchè testuali, a partire dai due ospiti iniziali, Adamo per primo poi raggiunto dalla seducente Eva, che si macchiano del peccato originale toccando (e rompendo) un oggetto sacro (che poi solo alla fine si scoprirà essere un frutto della Madre Terra) custodito in una stanza murata in seguito all’onta, da cui sono quindi banditi. I loro figli rappresentano Caino ed Abele e durante il ricevimento per il funerale si coglie un evidente rimando al Diluvio Universale (cui poi sopravvivono solo i due protagonisti e la loro progenie). Infine l’adorazione dei fedeli verso il poeta, di cui lui è inebriato, l’insistenza sull’idolo, il segno rituale e poi il figlio in dono al popolo sono reminescenze bibliche che difficilmente passano inosservate e che sarebbero state più ovvie solo se Aronofsky avesse fatto pronunciare ai protagonisti gli esatti versetti o li avesse proiettati in sovraimpressione.

mother! 3Altro motivo affrontato è quello dell’eterno ritorno, che si aggiunge ad ulteriori tematiche quali quella ecologica, in cui Lui rappresenterebbe l’uomo o meglio l’umanità che abusa della Madre Terra fino a rubarle il suo frutto più prezioso, a maltrattarla e calpestarla, portandola infine all’autodistruzione. Ma si può vedere in questa pellicola anche una parabola sull’arte e sull’artista: l’estremo desiderio di fama accompagnato dalla profonda consapevolezza che nella ricerca di stimoli sempre nuovi distrugge ciò che gli è più caro e lo snatura. In questo modo la Casa verrebbe a coincidere con la mente dell’artista e la Madre con la sua coscienza, che cerca di riportarlo a sé e non farlo perdere.

Stiracchiata e raffazzonata una delle maggiori critiche a madre! che lo accusa di essere una grande opera contro l’immigrazione. I riferimenti sembrano troppo pochi e troppo vaghi per essere di una certa consistenza in un’analisi di questo tipo.

madre! di Darren Aronofsky non è forse il film dell’anno, ma si consolida come una pellicola realizzata magistralmente e che riesce a raggiungere il suo scopo brillantemente: inquietare ed agitare il pubblico. Inoltre si tratta di uno degli esperimenti più coraggiosi degli ultimi anni per il Cinema hollywoodiano, folle e spericolato, ma pur sempre un esperimento riuscito.

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