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L’Università racconta l’Italia unita attraverso i suoi tesori, da Montale a Montanelli

di Matteo Miglietta e Giovanni Cervi Ciboldi

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Fra le varie eccellenze di cui la nostra università può vantarsi, ce n’è una che si distingue dalle altre perché tanto preziosa quanto, purtroppo, sconosciuta ai più. Si tratta del Fondo Manoscritti di autori moderni e contemporanei, nato da una geniale intuizione di Maria Corti, luminare della lingua italiana che grazie alla sua perseveranza è riuscita in trent’anni a raccogliere un patrimonio inestimabile dal punto di vista culturale, letterario e storico.

Da ieri il Fondo ha portato alla luce del sole alcuni dei suoi gioielli, attraverso la mostra documentaria “Raccontare l’Italia Unita”, aperta al pubblico fino al 4 novembre prossimo e allestita nell’Aula Disegno di Piazza Leonardo da Vinci (di fronte all’Aula del ‘400) in collaborazione con la Fondazione Maria Corti, la Biblioteca Centrale Universitaria, la Biblioteca Civica, il Fondo Turconi, PAD-Pavia Archivi Digitali e il Centro APICE di Milano.

All’inaugurazione della mostra, svoltasi ieri mattina in Aula del ‘400, erano presenti, oltre al Magnifico Rettore Stella e alla prof.ssa Maria Antonietta Grignani, direttore del Centro Manoscritti, anche Gian Luigi Beccaria, Emilio Giannelli e Beppe Severgnini.

Forse la sorpresa più grande è stata ascoltare i versi dei “Sepolcri” di Foscolo recitati a memoria da Giannelli, noto vignettista del “Corriere della Sera”, da cui certo non ci si aspetterebbe una passione tale per il poeta di Zante, tanto da decidere di raffigurare il suo volto sul manifesto della mostra.

Poi è stato il turno di Beccaria, uno dei più noti linguisti e storici della lingua italiana, presidente del Fondo Manoscritti e conosciuto dal grande pubblico soprattutto per essere stato ospitato più volte in varie trasmissioni televisione. La sua “lezione magistrale”, come l’ha definita Severgnini, tenuta durante l’inaugurazione, ha messo in luce l’importanza della lingua come cemento e base per l’unità del Paese, una lingua che proprio per questo si merita di essere celebrata attraverso una mostra documentaria di alto livello.

Infine ha preso la parola Severgnini, volto ormai noto agli studenti pavesi, presidente dell’Associazione degli ex alunni dell’Università di Pavia, e mente ispiratrice del progetto PAD (Pavia Archivi Digitali), che forse rappresenta la vera importante novità della giornata. Si tratta di un progetto il cui intento è quello di conservare e consentire l’accesso ai materiali digitali raccolti fra scrittori, giornalisti e intellettuali del panorama italiano, per cercare di evitare che, ciò che prima era  una pagina di block notes, e che oggi è invece un file digitale, vada inevitabilmente perduto, con un danno inestimabile per le future generazioni di studiosi. Infine Severgnini ha rivolto una richiesta al Rettore: più fondi, ma soprattutto più personale per il Fondo manoscritti e PAD, progetto che per il momento non ha eguali in Europa. Vedremo se alla richiesta del giornalista seguirà una risposta positiva da parte dell’ateneo.

La mostra

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A raccontare i primi vagiti e il divenire dell’Italia unita nel Novecento stanno manoscritti e dattiloscritti, cronologicamente ordinati dall’800 di Garibaldi al ‘900 di Angelini, dalla guerra di d’Annunzio a quella di Levi, dalle rime di Quasimodo a quelle Montale.

La mostra gode del clima generale dell’edificio, seppur il progetto della struttura espostiva mostri forse una certa semplicità e una vaga freddezza, mitigata però dal clima non troppo ufficiale e mai trascurato che ben si sposa con l’ambiente universitario.

A chiudere l’esposizione stanno i due teleschermi che mostrano il lavoro finora svolto dal PAD. Se il Fondo Manoscritti offre una ovvia complessità datagli dai lunghi anni di gestazione, l’iniziativa digitale si presenta invece nella sua fase embrionale, lasciandosi però già apprezzare come un progetto pioneristico che ha il merito, oggi sempre più difficile, di catalizzare l’attenzione verso il futuro, fungendo da faccia complementare dell’archivio cartaceo e conquistandosi un ruolo di rilievo di fianco alla tradizionale conservazione testuale. Ha però bisogno di crescere ancora, oltre al dovere di essere pretenzioso. Ma a questo ci penserà il lavoro dei suoi collaboratori negli anni che verranno.

Di certo la mostra merita una visita, anche solo per comprendere quanto, attraverso la scrittura, la memoria storica sia stata e debba sempre essere tramandata.

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