Samos (Grecia): l’incendio alla “giungla” hotspot per migranti
Lunedì 14 ottobre, 2019. Isola di Samos, Grecia.
Tra le molte isole magiche e spettacolari della Grecia figura Samos, un vero e proprio paradiso in terra per quanta bellezza racchiude e custodisce. Ma è possibile che questo paradiso si possa trasformare in un vero e proprio inferno? È possibile che tanto splendore nasconda qualcosa di orribile? Purtroppo, sì. Samos, infatti, è uno dei primi approdi in Europa per i flussi migratori che stanno interessando attualmente l’Europa, in particolare per chi arriva dal Medio Oriente. Il centro di prima accoglienza dell’isola greca è conosciuto come “l’hotspot che calpesta i diritti e l’umanità”. Il campo, infatti, è stato progettato per accogliere 678 persone, ma secondo gli ultimi dati approssimativi, le persone stanziate attualmente nell’isola sono quasi 6000, di cui 5800 accolte nell’area del campo e in quella limitrofa, denominata dagli stessi volontari e rifugiati “The jungle”. L’UNHCR (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) ha denunciato più volte la situazione nei campi profughi delle isole greche e il loro sovraffollamento: la Grecia nel 2019 risulta essere il paese in cui è stato registrato il maggior numero di arrivi, scavalcando così Spagna, Italia, Malta e Cipro. È stata avanzata negli ultimi due mesi la richiesta di far uscire dal campo greco le migliaia di richiedenti asilo in modo tale da smaltire il numero delle persone presenti nel centro e assicurare a tutti condizioni di vita, se non eccellenti, almeno umane. Attualmente, infatti, le quasi 6mila persone presenti a Samos dormono in tende, senza acqua potabile, senza assistenza sanitaria e servizi igienici. Per questo motivo l’UNHCR ha chiesto all’intera Europa di sostenere e aiutare il governo greco a fronteggiare questa crisi.

La notte di lunedì 14 ottobre è diventata invece testimone della totale mancanza di umanità. Intorno alle ventidue è divampato un vasto incendio – a sole due settimane da quello che ha sconvolto Lesbo – nella giungla di Samos, che ha portato all’evacuazione di quasi 5mila uomini, donne e bambini presenti nel campo. Non sono state ancora accertate le cause, ma secondo il quotidiano locale Kathimerini tutto avrebbe preso piede a partire da alcuni scontri tra profughi. I vigili del fuoco, dopo aver lavorato tutta la notte, sono riusciti alle prime luci dell’alba a domare le fiamme e a ristabilire “l’ordine”. Dopo poco più di 48 ore il bilancio di questo disastro non è ancora certo: si parla di tre persone rimaste ferite, altre fonti dicono che sono otto i coinvolti e, addirittura, si parla di un minorenne non accompagnato accoltellato a morte – notizia che, fortunatamente, non sembra avere un reale riscontro. Dalle poche notizie trapelate si dice che le autorità del campo si siano prontamente mosse e attivate per evitare il peggio. Tuttavia, in internet sono state diffuse conversazioni che testimoniano che queste autorità, oltre a non aver prestato aiuto, abbiano addirittura impedito ai rifugiati di mettersi in salvo fuggendo, trattenendoli nei loro container.
Le ONG locali sono subito intervenute per offrire immediato aiuto e per trovare posti in cui permettere loro di ripararsi, assicurando il necessario per dormire, dissetarsi e mangiare a quasi 600 persone rimaste sfollate e senza i loro pochi – o quasi inesistenti – “oggetti di valore”. Tra le ONG attive durante quella notte spicca Medici senza frontiere che si è resa subito disponibile ad aiutare i rifugiati di fronte a questa emergenza: oltre a distribuire beni di prima necessità, sta mobilitando mediatori culturali e offrendo assistenza psicologica d’emergenza, servizio che già quotidianamente – insieme a quello della distribuzione d’acqua – è attivo nell’isola greca. Un’altra ONG che ha avuto un ruolo fondamentale è Still I Rise. Quest’associazione, nata nel 2018, si occupa di salvaguardare il diritto all’educazione e alla sicurezza ai minori non accompagnati. Nell’agosto dello scorso anno, inoltre, ha dato vita a Mazì, la prima scuola attiva per i bambini e adolescenti che affollano il campo di Samos. Attraverso i social le associazioni comunicano che tutti i ragazzi stanno bene e che sono stati protagonisti nell’aiutare a gestire quanto stava accadendo. Giulia Cicoli, project coordinator della ONG, racconta che “è stato un miracolo che non sia morto nessuno stanotte. Con le fiamme, le bombole del gas nel campo sono iniziate a scoppiare e hanno creato un incendio enorme”. Nella mattinata di martedì 15 ottobre è stato possibile, invece, verificare i danni riportati alle strutture del campo: un numero elevato di container e tende è stato completamente bruciato e distrutto; quasi 400 persone hanno perso tutto tra le fiamme.

Nonostante non ci siano state vittime, questa tragedia non coglie impreparato nessuno. Da lungo tempo le ONG stanno diffondendo informazioni sulle condizioni disumane dell’hotspot per dare voce a tutti coloro che lo popolano. Still I Rise ha presentato alla procura di Samos e di Roma un esposto penale per denunciare gli abusi, i maltrattamenti perpetrati nei confronti dei minori non accompagnati da parte delle autorità – tutte le autorità – del campo. Ma nonostante questo, nonostante la denuncia sia arrivata anche al Parlamento Europeo con due interrogazioni parlamentari, la situazione a Samos non è cambiata, nessuno è intervenuto e l’incendio non è altro che un ulteriore campanello d’allarme per la coscienza europea, o almeno, per quello che resta di questa.
In copertina Foto di Nicolò Govoni