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Lucifer – Quando il Diavolo va in vacanza

Dalla Cacciata dal Paradiso son passati parecchi anni. È ora che il Diavolo (Tom Ellis) si prenda una tregua. Abbandonato l’Inferno decide di andare nel luogo che gli è più congeniale (Los Angeles, ovviamente!) e di darsi ad ogni genere di svago, lui che ai doveri non è mai stato troppo attento e si è sempre sentito uno spirito un po’ ribelle. Ma qui conosce la poliziotta Chloe e sono dolori. Per lui, ovviamente. Perché nemmeno Lucifer Morningstar (questo il suo nome fra i mortali) riesce a resistere al fascino di quello che ancora non sa essere il suo vero amore.

Se fin qui la trama (forse) vi è sembrata banale, fidatevi che i presupposti per una serie disimpegnata e divertente ci sono tutti. Con il suo inconfondibile accento britannico Tom Ellis riesce a mettere sullo schermo un personaggio che fa della parola il suo mezzo distintivo. Sagace, pungente, ironico, frizzante, dalla battuta mai scontata, il Lucifero messo in scena è senza dubbio il gioiellino, la stella di una serie televisiva che non vede sempre in azione un cast brillante, ma che si sforza di fare del suo meglio.

E così arrivano i primi problemi. Se da un lato la scena è piacevolmente riempita dall’attore britannico, non sempre il contorno di personaggi è all’altezza; sicché, più di una volta, la trama di un episodio potrebbe dipanarsi in 30 minuti a dispetto dei 45 impiegati. Ma per fortuna il cambio di stagione (si è già alla seconda in America) porterà aria di novità che non dovrebbe deludere le aspettative degli appassionati.

Un pregio non da poco di questo prodotto della Fox è l’uso dei filler (“i riempitivi”). Normalmente una qualunque serie inserisce dei personaggi o delle sotto trame autoconclusive che smorzino i toni quando la vicenda centrale rischia di surriscaldarsi e diventare troppo patetica. Ma nel caso di Lucifer i momenti di questo genere non diventano solo fatto a sé, bensì sono usati per mettere in luce il carattere dei personaggi e di uno in particolare che in fondo è un “buon diavolaccio”. Così il rapporto con Linda (Rachael Harris), la sua psicologa, diviene un momento significativo, di scavo interiore, come anche quello con Amenadiel (D. B. Woodside), il fratello che cerca di riportarlo al suo posto, il trono dell’Inferno.

Ma, visto lo spiccato intuito (non sempre “naturale”) poliziesco di Lucifer, la serie rientra anche nel genere investigativo. E qui dà il meglio di sé. Ridefinendo dall’interno i toni di un genere codificato ormai da secoli di indagini sul piccolo schermo senza però ricrearlo dalle fondamenta, la serie gode di un’originalità non da poco. Se il Castigatore per eccellenza si mette sulle tracce del criminale, alla ricerca della giustizia, è pur certo che le indagini non saranno mai così lineari.

Purtroppo, quest’originalità si ridimensiona nel momento in cui si instaura un (inevitabile) confronto con serie che nel trattar di angeli, di diavoli e di sovrannaturale in genere sono maestre. Così l’Inferno qui descritto ricalca troppo da vicino quello visto in American horror story – Coven e Sleepy Hollow e Supernatural hanno contribuito a fornire degli spunti di non poco valore con la loro pluriennale esperienza.

In fondo, però, rimane il piacere di poter vedere un prodotto genuino che, se non rasenta l’originalità assoluta, si lascia guardare con piacere, indugiando anche su riflessioni significative per chi sa cogliere le mille allusioni dietro le parole di questo “simpatico diavolone”.

Tommaso Romano

Redattore per «Inchiostro». Studente di «Antichità Classiche e Orientali» presso l’Università di Pavia, è appassionato di troppa roba. Cento ne pensa, cento ne fa, cento ne scrive (o vorrebbe).

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